NON È MICA vero che a Natale siamo tutti buoni. Molti di noi, ad esempio, sono piuttosto cattivi. Per essere esatti, incattiviti: arrabbiati. E qualche motivo lo abbiamo al di là dei soliti, e non certo irrilevanti problemi interni. Siamo arrabbiati, ad esempio, perché abbiamo avuto la conferma che per il terzo anno consecutivo il fuciliere di marina Salvatore Girone lo passerà in India, senza una imputazione, un processo certo. Latorre, beato lui, aveva una malformazione cardiaca e se ne sta a casa. Girone no. Andranno ancora una volta i suoi a ‘fare festa’ in quell’angolo di ambasciata che è diventata la casa, la prigione, l’incubo. Fino a che i figli non ne potranno più, fino a che la moglie non sarà stanca, fino a che a lui non salteranno i nervi. Come a noi, del resto, per una vergogna di cui ogni tanto ci occupiamo perché una goccia fa traboccare il vaso, già pieno da tempo. E questa ricorrenza del Natale, il terzo, non è una goccia, è una cascata di rabbia per l’Italia, che non era chiamata a spezzare le reni a qualcuno, ma solo a riportare a casa un proprio soldato. Dice che aspettiamo gennaio quando il tribunale dell’Aja subentrerà alla corte di Amburgo: il giro d’Europa delle prese per i fondelli. Il problema, però, non è di chi ci prende. Il problema siamo noi che ci facciamo prendere. Sui marò, e non solo.
ANCHE sulle crisi internazionali alle porte di casa, e nelle quali la nostra voce sta a quella dei big come il coro dell’Antoniano a Pavarotti. Il che non è solo questione di leader: la Francia conta persino con Hollande. Ma di peso specifico, storico, del Paese. Con gli inglesi che tramestano in Libia per soffiarci il petrolio, lasciandoci la soddisfazione di organizzare un summit a Roma. Con le grandi potenze che fanno squadra, e squadriglie di bombardieri contro l’Isis, mentre noi cerchiamo di capire quale può essere la fase due: quella in cui gli altri hanno già preso posizione (pozzi e appalti) e a noi restano le briciole. Sensazioni, forse. Che non valgono certo nel caso dei marò: una certezza. Allora, visto che non faremo ciò che qualunque Paese serio avrebbe fatto (riportarlo a casa in ogni modo), chiediamo almeno un favore. Nessuna visita demagogica in India, nessuna telefonata di premier o ministri dalle loro case accoglienti: "Buon Natale, Girone". Zitti. Quello, al massimo, glielo possiamo augurare noi.