Le pagelle degli italiani nel 2025: dalla M di Musetti (8) alla S di Sinner (10). Sonego formato Slam
Se nella prima parte dei voti appuntati ci sono le pagelle annaspanti di Matteo Arnaldi e Mattia Bellucci che mancano di un soffio la sufficienza, in quest’ultima tranche c’è spazio per le due eccellenze supreme del tennis azzurro, i nostri top-10 e fari del movimento azzurro: Jannik Sinner e Lorenzo Musetti. Più dietro, ma le pretese sono completamente diverse, si annida l’altro Lorenzo della pattuglia con Sonego che fa leva sugli ottimi risultati Slam e incassa un bel 7, il diretto interessato era stato più generoso, al netto delle grandi difficoltà palesate sulla terra rossa a lui tanto cara.
Trattiamo di singolaristi, ma una menzione speciale la meritano anche Simone Bolelli e Andrea Vavassori. Che nel panorama dei doppisti si consolidano come uno dei tandem più temibili del circuito, portando a casa nel 2025 4 titoli ATP, il sogno Slam sfumato in finale a Melbourne e un’ottima apparizione alle ATP Finals casalinghe, soprattutto per il torinese Andrea. Dove hanno centrato la semifinale in un scorcio di stagione che li vedeva leggermente appannati. Semplicemente coppia d’oro.
LORENZO MUSETTI: voto 8
I maligni diranno che andarci vicino conta solamente a bocce. I più fervidi sostenitori del maresciallo francese Jacques de la Palice, modernizzato in Lapalisse, diranno che quantomeno è più vicino alla vittoria chi arriva in fondo rispetto a chi si ferma molto prima. Seppur facilmente strumentalizzabile come la scusa dei perdenti, è doveroso sottolineare maggiormente la seconda sfumatura del dilemma che coinvolge il Lorenzo Musetti targato 2025. Indubbiamente un giocatore che ha fatto enormi passi da gigante rispetto alla sua versione precedente.
Costantemente in bilico tra la beatitudine e l’eterna dannazione, il Michelangelo del tennis azzurro ha lanciato dei segnali più che confortanti riguardo alla sua maturazione fisica e mentale per consacrarsi come un giocatore da top-10, uno di quelli che incute timore all’avversario che se lo ritrova dall’altra parte della rete e che, perché no, magari determinate partite le porta a casa solo con il blasone. Sì, perché uno dei nei di Lorenzo in questi anni era stata la formula schematica secondo la quale in assenza dei suoi colpi migliori, rovescio a una mano su tutti, potesse scivolare contro chiunque. Invece no, perché il toscano ha imparato a farsi perdonare dagli esteti del gioco e badare al sodo, portando a casa delle partite sporche che prima avrebbe storto il naso solo a interpretare in questo modo ruvido.
Musetti tra la grande stagione sul rosso e la rincorsa alle ATP Finals
Non ripetere solo se strettamente necessario, ma un altro aspetto su cui porre l’accento è l’upgrade del carrarino per quanto concerne la tenuta atletica del proprio corpo. 67 match disputati e uno stakanovismo foriero di diversi momenti in cui il burnout sembrava dietro l’angolo e, invece, Musetti è riuscito a tirare fuori delle energie addizionali che in passato lo avevano messo fuori dai giochi sul più bello, vedasi Roland Garros 2021 avanti due set contro Djokovic. Proprio contro il serbo è stata quasi commovente la disperata rincorsa di Lorenzo in quel di Atene a caccia di punti qui e lì per staccare il pass per le ATP Finals. In terra greca non arriva il trofeo, ma la rinuncia di Nole gli fa avere il tanto agognato biglietto per Torino.
Nonostante non abbia potuto difendere al meglio la semifinale conquistata a Wimbledon dove è arrivato quasi reggendosi in piedi per onore di firma, Lorenzo è stato competitivo su ogni superficie muovendosi verso il titolo di giocatore universale. Al netto di questo progresso, però, è la terra rossa a permettergli di entrare in un piccolo circoletto di élite. La finale a Montecarlo e le tre semifinali a Madrid, Roma e Parigi gli consentono di entrare nel novero dei sette tennisti ad aver raggiunto quantomeno il penultimo atto nei quattro grandi eventi su terra battuta nell’arco della stessa stagione. Roger Federer non è in questa lista, per dirne uno.
Le scorie del vecchio Musetti sono tutte nei due match point falliti in finale contro Tabilo a Chengdu, un braccino che gli ha negato almeno un titolo contro un avversario alla potata in un 2025 che si fregia di essere straordinario anche senza trofei in bacheca, ma con delle fondamenta costruite che valgono più dell’estemporaneità di un successo in un torneo 250. L’anno prossimo ne vedremo delle belle. ALL’ALBA VINCERO’.
JANNIK SINNER: voto 10
Non potrebbe essere altrimenti. Sinner ha ragioni che la ragione non conosce. Parafrasando quello che il filosofo Blaise Pascal sosteneva del cuore si può arrivare a una sintesi di quello che è stato il 2025 dell’altoatesino. Totalmente senza senso, un’annata che sfugge a qualsiasi logica dettata dal raziocinio. Il profluvio di appellativi e superlativi assoluti dell’anno addietro sembrava irripetibile, ma nelle gesta del classe 2001 il seme della sorpresa continua a schiudersi torneo dopo torneo negli appassionati di tennis.
Quello che sorprende è che Sinner di tornei, appunto, non ne ha giocati tanti quest’anno, ma tanto basta per l’uomo che volle farsi re. Il 2025 ha rappresentato l’anno in cui sembrava si fosse aperta una voragine per la sua carriera, da cui sarebbe stato difficile riemergere. Jannik la supera con la stessa nonchalance con cui si reagisce a un piede messo in una piccola pozzanghera. Il travaglio interiore lo conosce solo il nostro eroe. Quello trasparso all’esterno recita lo sbrilluccicante elenco di 2 Slam, 2 ATP 500, 1 Master 1000 e le ATP Finals.
Sinner, le poche sconfitte in stagione e il ‘no’ alla Coppa Davis
Che ne dicano i politicamente corretti, il caso Clostebol e l’onta del doping hanno fatto sollevare più di un calice alla spietata concorrenza nel circuito, sporcando quello che era stato lo strepitoso inizio stagionale con Sinner che si riconferma campione all’Australian Open. L’anno dell’altoatesino è quello della resilienza, quella tipica degli uomini di montagna. 3 mesi di stop. Torna, lo fa a Roma, e centra la finale. Poco importa se si inchina a Carlos Alcaraz. Not too bad, direbbe qualcuno. E’ al Roland Garros dove salta la seconda testa di Jannik Cerbero in uno degli epiloghi Slam più folli della storia. Per tanti addetti ai lavori, Boris Becker in primis, quei tre match point rischiano di essere la lettera scarlatta che rimarrà incisa per tanto tempo.
Dopo il secondo trionfo a Melbourne arrivano, come detto, altri 5 titoli. Di quelli pesanti, con l’immediata vendetta al rivale spagnolo che si consuma a Wimbledon diventando il primo italiano a festeggiare a Church Road. Solo Bublik ad Halle e i crampi di Shanghai riusciranno a tenerlo lontano dallo step finale di ogni competizione: saranno 10, come il voto in pagella, e record personale nell’arco di una stagione.
La polemica sullo scorcio finale di stagionale la regala il popolino, quello italico, che non gli perdona il rifiuto in Coppa Davis montandogli contro un teatrino stucchevole mostrandosi indulgente, invece, su quello recapitato da Lorenzo Musetti. Jannik guarda, a stento, e passa oltre senza lasciare che gli attacchi lo possano scalfire perché tutte le volte che provano a mozzargli la testa torna sempre più forte. IDRA.
LORENZO SONEGO: voto 7
Una delle mission di quando si parte per un lungo viaggio è quello di provare, sperimentare e vivere terreni sinora inesplorati. Un’avanscoperta che arricchisce l’avventuriero se sa fare tesoro di ciò che incontra durante il suo percorso. Il tennista non fa differenza, soprattutto se è predisposto all’apprendimento e alla coltivazione dell’atleta in piena maturazione. E’ l’inclinazione mentale di Lorenzo Sonego che della pattuglia italiana sembra essere lo studente del gioco per eccellenza. Colui che, assente in prima fila quando gli dei del tennis facevano piovere il talento cristallino, ha metabolizzato come l’abnegazione, il duro lavoro e il carattere possano essere delle ottime armi sostitutive per togliersi qualche soddisfazione anche in mezzo ai titani.
Nella lista dei desideri per l’anno appena mandato in archivio, per bocca dei diretti interessati con l’ormai ex coach Colangelo in primis, c’erano degli step di crescita da fare sul piano del gioco. E conseguentemente puntare alla caccia grossa: fare meglio negli Slam. Oppositamente allo slogan di una vecchia casa di abbigliamento, questo meglio non deve ancora venire. Ma arriva subito con Sonny che fa il botto all’Australian Open. Fa fuori avversari di livello come Wawrinka, Marozsan e Tien con il successo di secondo turno su Joao Fonseca che ha il retrogusto del nonnismo dopo l’exploit del brasiliano all’esordio con Rublev. La sua corsa si ferma solo dinanzi a Ben Shelton ai quarti, con l’americano che diventa il suo stopper preferito nei Major. Solo a New York il torinese avrà un carnefice diverso.
Il 2025 a due facce di Sonego
L’altro fiore all’occhiello dell’annata del piemontese è il ruolino di marcia a Church Road dove non ha mai mostrato insofferenza ai panni bianchi. Seppur al cospetto di rivali meno insidiosi, Sonego si esalta sull’erba spingendosi sino agli ottavi dove parte la reclame: “Ben ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?”. Le stellette Major sul petto del classe 1995 dovrebbero far schizzare il voto in pagella. Ma c’è da prendere in considerazione il rovescio della medaglia di quel mito, già citato, del viaggio. Conoscere l’ignoto sì, ma con il rischio di smarrire casa tua.
Sì perché se l’otto in pagella che Sonego si autoassegna è legittimamente figlio dei suoi ottimi risultati Slam, forse il torinese è stato un pizzico indulgente per quanto riguarda il bottino pervenuto dalla stagione sul rosso. Che, storicamente, è sempre stato il suo habitat preferito. Sonny vincerà una sola partita su terra battuta, con il tonfo di Roma per mano di Burruchaga che ha impressionato in negativo per la fallosità del suo dritto e per l’arrendevolezza che non lo contraddistingue assolutamente. La strada nuova, senza dimenticare la vecchia. ULISSE.