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Non gli scontri in piazza: ecco cosa minaccia davvero l’ordine pubblico in Italia

Cosa minaccia l’ordine pubblico in Italia? L’uso della violenza a fini politici da parte di gruppi variamente colorati e strutturati è certamente una minaccia. Tanto evidente nella mia città, Torino, dove i fascisti del terzo millennio cioè i militanti di Casapound pestano un giornalista de La Stampa, Andrea Joly, perché fa il suo lavoro e frange di manifestanti “pro-Pal” per ironia della sorte, assaltano la sede del medesimo giornale, al grido di “giornalista ti ammazziamo”.

Temo però che non sia soltanto questo a minacciare l’ordine pubblico nel nostro Paese, se per “ordine pubblico” non si intenda soltanto l’assenza di scontri in piazza ma qualcosa di più profondo e cioè il rispetto del “modo” di fare Repubblica previsto dalla Costituzione. Per mantenere “l’ordine pubblico” non basta cioè che lo “spazio pubblico” sia in ordine, bisogna anche che risponda all’ordine dato dalla Costituzione: sono due accezioni distinte e la prima dipende molto più dalla seconda di quanto non si possa pensare. Cosa minaccia l’ordine pubblico dato dalla Costituzione?

La “riforma” della giustizia “Meloni/Nordio” imposta dal governo al Parlamento, perché indebolisce l’indipendenza della magistratura dal potere politico: si faranno soltanto processi che non disturbano chi comanda.

Liberare Almasri, il criminale libico, riportandolo a casa con un volo di Stato, perché il messaggio è stato chiaro e terribile: non importa quanto gravi siano i delitti che hai commesso, se servi a chi comanda resti impunito.

Il ministro degli Esteri Tajani che parlando del Ponte sullo Stretto di Messina e del rischio infiltrazioni mafiose, ricasca nella stessa famigerata parola che usò il ministro Lunardi vent’anni fa: “convivere”. Tajani che è lo stesso che ha detto “Il diritto internazionale? Sì, ma fino ad un certo punto”.

Prevedere per legge (!) che i Servizi Segreti italiani possano, a fin di bene naturalmente e soltanto se autorizzati dal governo, dirigere organizzazioni criminali anche mafiose e con finalità di terrorismo. Alimentare la irresponsabilità dei “padroni” che sfruttano lavoratori e lavoratrici con stipendi da fame, cercando di infilare in Legge di Bilancio lo “scudo” economico in caso di sentenze di condanna (pare che il peggio sia stato evitato soltanto grazie al Presidente Mattarella).

Non chiarire chi e perché abbia spiato giornalisti come Francesco Cancellato attraverso spyware di natura militare in uso soltanto ai governi e contemporaneamente trascurare qualunque provvedimento per arginare le “querele bavaglio” volte ad intimidire giornalisti ed attivisti. Avere montato accuse dimostratesi infondate per giustificare l’espulsione dell’imam Shahin, cercando pure di coprire il tutto opponendo un inesistente “Segreto di Stato”.

Avere introdotto il reato di resistenza passiva in carcere e contemporaneamente accentrato nel DAP le autorizzazioni di tutti i progetti di natura educativa, culturale e sociale da farsi all’interno degli istituti di pena: un altro modo per “togliere il fiato” ai detenuti, per “l’intima gioia” del sotto segretario Andrea Delmastro.

Limitare il potere di verifica della Corte dei Conti, abolire il reato di “abuso d’ufficio”, far precedere le misure cautelari dall’interrogatorio “di cortesia”, limitare l’uso delle intercettazioni, non stabilizzare la maggior parte dei precari che fanno funzionare i tribunali, strizzare l’occhio agli evasori fiscali.

L’antagonismo violento? Sì, certo anche questo: nessuna giustificazione, nessuna sottovalutazione, la violenza politica in democrazia oltre a produrre dolore e terrore, fa sempre il gioco di chi la democrazia la vuole morta. Lo sanno bene i “registi” più o meno occulti degli assalti degli ultimi mesi, ma non gliene frega niente, perché sopravvivono all’irrilevanza soltanto agitando la rappresentazione simbolica del conflitto contro il potere: una forma di narcisismo inaccettabile sulla pelle degli agenti ma anche dei più giovani che si lasciano suggestionare. Ma lo sanno bene anche i professionisti della repressione, a cui di certo non dispiace che ci sia materia per idranti, manganelli e blindature. Per altri contesti si sarebbe parlato di “convergenza di interessi”. Chi grida “Al lupo!” non sempre lo fa per difendere gli agnelli.

L'articolo Non gli scontri in piazza: ecco cosa minaccia davvero l’ordine pubblico in Italia proviene da Il Fatto Quotidiano.

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