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L’Ateneo di Venezia nega ad Amnesty International la sala per presentare il rapporto sul genocidio a Gaza

Censura in laguna. A volte, troppe, per usare un gingle di una vecchia ma evergreen canzona di Caterina Caselli, “la verità fa male lo so”. Un refrain che ben si addice a quanto accaduto a Venezia. 

Presto detto: Amnesty International Italia ha espresso rammarico per la decisione dell’Ateneo Veneto di ritirare la concessione dell’uso di una sala per la presentazione del rapporto sul genocidio israeliano nella Striscia di Gaza, in programma a Venezia il 9 gennaio 2025.

Nei giorni precedenti, la comunità ebraica locale aveva protestato pubblicamente contro Amnesty International, il contenuto del rapporto e la decisione dell’Ateneo Veneto di concedere la sala.

“Siamo profondamente rammaricati per non aver potuto presentare, nella più importante e antica istituzione culturale di Venezia, un rapporto di ricerca su un tema all’esame della Corte internazionale di giustizia e sul quale già si sono pronunciati esperti delle Nazioni Unite e altre organizzazioni non governative sui diritti umani”, ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

La presentazione si terrà comunque, sempre a Venezia il 9 gennaio, in altra sede.

«L’Ateneo Veneto, luogo di libero pensiero, ha ritenuto, su richiesta, di concedere in uso una sala ad  Amnesty International, associazione conosciuta, che già ha partecipato a incontri nel nostro istituto. Come sempre accade quando si tratta di attività “ospitata” e non rientrante nel programma accademico, l’Ateneo non ha fatto propri né i contenuti né l’organizzazione dell’incontro (titolo, relatori ecc.), di competenza e responsabilità dei richiedenti la sala. Una volta diffuso il programma, la Presidenza ha ricevuto manifestazioni sia di vivo dissenso che di forte consenso per l’iniziativa. A tutte ha dato risposta» recita la nota diffusa in tarda mattinata dall’Ateneo.

Che prosegue: «Chi non ha condiviso l’evento ha ritenuto di portare la questione all’attenzione dei giornali, sia locali che nazionali. L’Ateneo è rimasto silente e convinto di mantenere fermo l’incontro. Nelle ultime ore, tuttavia, sono pervenute alla Presidente informazioni che paventano la possibilità di interventi esterni che potrebbero turbare il sereno e corretto svolgimento dell’evento. Per esclusive ragioni di cautela e di tutela della sede, la nostra istituzione si trova costretta, suo malgrado, ad annullarlo». Gli “interventi esterni” a cui fa riferimento la nota sono possibili contestazioni, da parte di chi non condivideva i contenuti del rapporto e dell’incontro”, recita una nota ufficiale dell’Ateneo.

Le autorità accademiche motivano il passo indietro con ragioni di sicurezza, paventando rischi di incidenti.  Certo non da parte di attivisti di AI, organizzazione non violenta per definizione.  Le cose vanno chiamate per il nome più appropriato. In questo caso è “censura”. Indotta, subita, ma pur sempre censura.

Quel rapporto scomodo

Il piccolo contributo di Globalist, voce fuori dal coro della comunicazione mainstream pervicacemente filo Netanyahu, è riproporre ancora una volta il Rapporto scomodo perché documentato, scomodo per le conclusioni a cui giunge, di Amnesty International.

“Le ricerche effettuate da Amnesty International hanno rinvenuto sufficienti elementi per portarla alla conclusione che Israele ha commesso e sta continuando a commettere genocidio nei confronti della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata.

Nel rapporto intitolato “Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza”, Amnesty International documenta come, durante l’offensiva militare lanciata dopo gli attacchi mortali del 7 ottobre guidati nel sud di Israele da Hamas, Israele abbia scatenato inferno e distruzione contro la popolazione palestinese di Gaza senza freni, in modo continuativo e nella totale impunità.

“Il rapporto di Amnesty International mostra che Israele ha compiuto atti proibiti dalla Convenzione sul genocidio, con l’intento specifico di distruggere la popolazione palestinese di Gaza. Questi atti comprendono uccisioni, gravi danni fisici e mentali e la deliberata inflizione di condizioni di vita calcolate per causare la loro distruzione fisica. Mese dopo mese, Israele ha trattato la popolazione palestinese di Gaza come un gruppo subumano non meritevole di diritti umani e dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Le nostre conclusioni devono servire a svegliare la comunità internazionale. Questo è un genocidio. Deve cessare ora, ha aggiunto Callamard.

“Gli stati che attualmente continuano a trasferire armi a Israele devono sapere che stanno violando il loro obbligo di prevenire il genocidio e rischiano di diventarne complici. Tutti gli stati che hanno influenza su Israele, soprattutto i principali fornitori di armi come Usa e Germania così come ulteriori stati membri dell’Unione europea, il Regno Unito e altri ancora, devono agire adesso per porre immediatamente fine alle atrocità israeliane contro la popolazione palestinese di Gaza”, ha proseguito Callamard.

Negli ultimi due mesi, la crisi è diventata particolarmente acuta nel governatorato del nord della Striscia di Gaza, dove una popolazione sotto assedio è alle prese con fame, sfollamento e annichilimento tra incessanti bombardamenti e soffocanti limitazioni agli aiuti umanitari necessari per salvare vite umane.

“Le nostre ricerche mostrano che, per mesi, Israele ha continuato a commettere atti di genocidio, pienamente consapevole dei danni irreparabili che stava infliggendo alla popolazione palestinese di Gaza. Ha proseguito a farlo sfidando gli innumerevoli allarmi sulla catastrofica situazione umanitaria e le decisioni, legalmente vincolanti, della Corte internazionale di Giustizia che aveva ordinato a Israele di prendere misure immediate per consentire la fornitura dell’assistenza umanitaria ai civili di Gaza”, ha sottolineato Callamard.

“Israele ha ripetutamente dichiarato che le sue azioni a Gaza sono legittime e possono essere giustificate dall’obiettivo militare di sradicare Hamas. Ma l’intento genocida può coesistere con obiettivi militari e non necessita di essere l’unico intento di Israele”, ha commentato Callamard.

Amnesty International ha esaminato attentamente e nella loro totalità gli atti di Israele nella Striscia di Gaza, prendendo in considerazione la loro ricorrenza e simultaneità così tanto come il loro impatto immediato quanto le conseguenze cumulative e che si rafforzavano mutualmente. L’organizzazione ha considerato la dimensione e la gravità dei danni inflitti ai civili e della distruzione. Ha poi analizzato dichiarazioni di autorità israeliane per concludere che atti vietati sono stati spesso annunciati o suggeriti da alti ufficiali responsabili dello sforzo bellico.

“Tenendo in considerazione il contesto delle preesistenti condizioni di spossessamento, apartheid e occupazione militare illegale in cui questi atti sono stati commessi, abbiamo potuto giungere a una sola ragionevole conclusione: l’intento di Israele è la distruzione fisica della popolazione palestinese di Gaza, in parallelo con l’obiettivo militare, o come strumento per conseguirlo, della distruzione di Hamas”, ha precisato Callamard.

“I crimini di atrocità commessi il 7 ottobre 2023 da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi contro cittadini israeliani e di altre nazionalità, che comprendono deliberate uccisioni di massa e presa di ostaggi, non possono mai giustificare il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese di Gaza”, ha evidenziato Callamard.

La giurisprudenza internazionale riconosce che, perché venga commesso un genocidio, non è necessario che gli autori riescano a distruggere, in tutto o in parte, un gruppo protetto. È sufficiente la commissione di atti vietati, con l’intento di distruggere quel gruppo.

 Il rapporto di Amnesty International ha esaminato in dettaglio le violazioni commesse da Israele nella Striscia di Gaza lungo un arco di nove mesi, tra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di luglio del 2024. L’organizzazione ha intervistato 212 persone tra le quali vittime e testimoni palestinesi, autorità locali di Gaza e operatori sanitari; ha condotto ricerche sul campo e analisi di un’ampia serie di prove materiali e digitali, comprese immagini satellitari; ha analizzato dichiarazioni di alti funzionari del governo e dell’esercito di Israele e di altri organismi ufficiali israeliani. In più occasioni, ha condiviso le sue conclusioni con le autorità israeliane ma, al momento di questa pubblicazione, non ha ricevuto alcuna sostanziale risposta.

Le azioni di Israele a seguito degli attacchi mortali di Hamas del 7 ottobre 2023 hanno portato la popolazione di Gaza sull’orlo del collasso. Nella sua brutale offensiva militare, alla data del 7 ottobre 2024, l’esercito israeliano aveva ucciso oltre 42.000 palestinesi, tra i quali oltre 13.300 bambini e bambine, e ne aveva feriti oltre 97.000, in molti casi a seguito di attacchi diretti o intenzionalmente indiscriminati che spesso hanno spazzato via intere generazioni familiari.

Israele ha causato una distruzione senza precedenti, che gli esperti affermano di non aver mai riscontrato per livello e rapidità in alcun altro conflitto del XXI secolo, radendo al suolo intere città e distruggendo infrastrutture fondamentali, terreni agricoli e siti culturali e religiosi. In questo modo, ha reso inabitabili intere zone della Striscia di Gaza.

Mohammed, fuggito coi suoi familiari da Gaza City a Rafah nel marzo 2024 e nuovamente sfollato nel maggio 2024, ha descritto la lotta per la sopravvivenza della sua famiglia in condizioni orribili:

“Qui a Deir al-Balah è come un’apocalisse. Devi proteggere i tuoi bambini dagli insetti e dal caldo. Non c’è acqua potabile e non ci sono gabinetti, il tutto mentre i bombardamenti non si fermano mai. Ti senti come se fossi un subumano”.

Israele ha imposto nella Striscia di Gaza condizioni di vita che hanno creato una miscela mortale di malnutrizione, fame e malattie e ha esposto la popolazione palestinese a una morte lenta e calcolata. Israele ha inoltre sottoposto centinaia di persone palestinesi di Gaza a detenzione senza contatti col mondo esterno, maltrattamenti e torture.

Esaminati separatamente, alcuni degli atti indagati da Amnesty International costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale umanitario o del diritto internazionale dei diritti umani. Ma guardando in modo più ampio la campagna militare di Israele e l’impatto cumulativo delle sue politiche e delle sue azioni, l’unica ragionevole conclusione è quella di un intento genocida.

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