di Giordano Casiraghi
Monofonic Orchestra arriva dagli anni Ottanta e si segnala come uno dei più interessanti e irrequieti sperimentatori della new wave italiana. Prima però aveva ascoltato anche il progressive inglese, quello di Gentle Giant, EL&P e King Crimson. Quest’ultimi gli resteranno impressi non tanto per i primi album di pop sinfonico e romantico, quanto per gli sviluppi nel rock tagliente di Red, e siamo nel 1974, quando Fripp avverte il mutamento in corso e anticipa l’ondata punk. Da Red Marsico e la sua Monofonic Orchestra prende spunto per esibizioni live insieme a Massimo Mascheroni per gli inserimenti elettronici. Ne viene pubblicato l’album Starless Variations, ma è tempo di qualche domande al protagonista:
Un brano dei King Crimson da rielaborare, una scelta come un’altra o conservavi da tempo il ricordo di quel brano uscito nel 1974?
Un brano che considero un classico nella più nobile delle accezioni, una sorta di requiem al prog rock. Dopo quel disco i Crimson non furono più gli stessi (e non solo loro). Il mondo musicale stava cambiando non necessariamente in meglio. Buttammo all’aria quell’innocenza, quella ingenuità, quel piacere di fare musica per il gusto di farla che era il sale di ogni buona jam degna di questo nome e via via perdemmo la perfetta imperfezione dell’imprevedibilità, per diventare scienziati dell’anti-materia sonora. Tutti vogliono essere “figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro”,ma dimentichiamo che essere musicisti è (come mi insegnò Gaslini) il più grande dei privilegi.
Quando poi nella seconda metà dei 70 arriva il punk tu da che parte stai? Meglio la new wave?
Dal mio punto di vista l’effetto propulsivo del punk è andato oltre lo specifico del genere cambiando ogni cosa riguardasse la musica ( con le etichette indipendenti, i dischi autoprodotti, le grafiche do it yourself e le fanzine ) fino a toccare fumetto, cinema, arte, design e street-fashion. Una vera e propria rivoluzione estetico-culturale le cui propaggini è ancora facile, nel bene e nel male, scorgere oggi un po’ ovunque La new wave raccoglieva il testimone di quell’energia dirompente impreziosendone i contenuti e le articolazioni musicali ( naturalmente non tutta ) e spruzzando qua e là un po’ di anni ’60 tra un riff di basso e un coretto sha-la-la-là, da qui si dipana la no-wave che chiude i conti con tutto: passato, presente e futuro, si nasconde nel suo dichiarato anonimato e nel suo radicale estremismo sonoro e grazie a ciò rimane in un certo senso eterna, mentre il suo spirito ( in fondo e in cima, profondamente punk) continua a fluire attraverso i generi e i crossover di oggi. Dal Jazz, al Noise, dal Drone all’Elettronica, dal Funk alla Trap andata e ritorno. E’ la corrente post-punk a cui mi sono sempre sentito più affine e lo affermo con cognizione avendo diviso palchi e sale prove di Manhattan con i massimi esponenti della scena, quando la vera scena della non onda andava in onda.
Il brano dei Crimson suona più che altro come un pretesto per misurarsi con una suite di pianoforte e elettronica. É cosi?
La vedo piuttosto come un’occasione per provare un nuovo tipo di format che unisse musica scritta a musica improvvisata ,acustica ed elettronica, interpretazione virtuosistica e scenari ambient. L’esperimento a detta di chi l’ha ascoltato pare piuttosto riuscito. Infatti lo ripeteremo quanto prima.
Di quegli anni 70 conservi altri ricordi di gruppi che incontravano i tuoi interessi?
Più o meno quelli che John Lydon odiava in pubblico ma poi segretamente amava: Pink Floyd, Soft Machine, Emerson Lake & Palmer, Van Der Graaf Generator, Tangerine Dream, Gong, Deep Purple e senza dubbio gli immensi Area; se ti rispondesse il Maurizio allora quindicenne (nel 1975). Quello di oggi aggiungerebbe solo i Roxy Music, così per decenza. I Genesis quelli no, li ho sempre odiati, e Peter Gabriel riesco ad ascoltarlo solo una volta ogni dieci anni.
Con l’arrivo dei 2000 hai diradato interventi musicali, adesso sei tornato in attività. Quando hai ripreso a proporti in pubblico e su disco?
Per quanto riguarda i dischi non è poi così vero dal 2000 ad oggi ne sono usciti ben 8, per quel che riguarda i live invece hai perfettamente ragione ho deciso in ragione della salute e dell’età di diradare, evitando strapazzi inutili ma concentrandomi con grande energia soltanto sulle cose che a mio avviso ritengo importanti. Come l’intervento al Macro di Roma, al Mart di Rovereto, al Santeria di Milano e prossimamente ad Angelica a Bologna.
Perché non ami informare attraverso i social Facebook o Instagram?
Per rispetto dei miei ascoltatori e dei miei lavori. La mia musica non è e non vuole essere per tutti, è musica rara che va ricercata. Visibilità e notorietà ( da non confondere con il vero interesse ) non sono mai state così a buon mercato, per questo non amo lanciare sassolini nell’oceano ma ridurre la comunicazione promozionale all’essenziale. Chi è interessato alle mie cose non si lascia intimorire dalle prime difficoltà e riesce a reperire buona parte delle mie produzioni più facilmente di quanto si creda. E se poi questa mia attitudine asocial mi condannerà all’estinzione che ti posso dire ? Son già rinato così tante volte, che la cosa non mi spaventa.
L'articolo Maurizio Marsico torna a visitare gli anni Settanta con la sigla Monofonic Orchestra proviene da Globalist.it.