IVREA. «Che anno è stato? Bella domanda». Alberto Bossino, 50 anni, fra 15 giorni passerà sciabola e feluca nelle mani di Ulisse Falchieri, archiviando la sua esperienza da Generale. Cerca le parole: «Intensissimo, stracarico di emozioni, denso di impegni vissuti con profondità e riconoscenza reciproca tra le persone. Mi piacerebbe ringraziare ed abbracciare tutti: non sarò mai in grado di sdebitarmi per tutto ciò che ho ricevuto».
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IL SIMBOLO
E dice: «Fino a poco più di un anno fa ero Alby per il mondo della pallavolo, Boss per quelli del Soas e dei Picche, per altri Tony perché avevo creato il logo del Toniotto quando lo sono stato, nel 2009. Poi, per tutti sono diventato il Generale, è come se da tante sfaccettature ci sia stata un’unione, diventi uno. E c’è di più: ti rendi conto di quanto una figura simbolica del Carnevale sia capace di unire». E vai con l’essere sempre al centro dell’attenzione, un modo di essere a cui uno non è abituato e quindi non scevro da momenti di imbarazzo da raccontare con un sorriso.
Ma cosa lascia questa esperienza? «Tanta forza. Sì - spiega – a me lascia tanta forza su due fronti. Uno: la forza di aver capito cosa significa “governare” questa manifestazione. È stata una palestra che mi ha dato tanta consapevolezza. E tanta pienezza nel fare le cose: a preparare tutto da solo con le mie figlie, a mettere le cose a me care nei proclami (il richiamo ai bambini e alla goliardia). Sì, quest’anno mi ha dato tanta forza».
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L’ALBUM DEI MOMENTI
Nell’album dei momenti, Bossino ci mette la salita a cavallo. «Io non sapevo andare a cavallo – racconta – e ho imparato in quei mesi. Stella è un animale fantastico, uno spettacolo. Ma la salita è la salita. Stella è alta un metro e 84 al garrese, serve un bello slancio. Avevo timore, avevo smesso di fare sport per un problema al tendine. Quel giorno, però, che slancio!». La Mugnaia? Martina Arnoletti e Alberto Bossino non si conoscevano. È nata una bella amicizia. Bossino ricorda il sabato sera, quei pochi metri in cui il Generale dà il braccio a Violetta tra la sala Dorata e il balcone della presentazione. Ricorda, a un metro e mezzo dalla porta già spalancata sulla piazza viva, la mano di lei che gli stritola il braccio prima di uscire. Un corteo di gioia incontenibile. «Alla torre di Santo Stefano le ho confessato: Mugnaia, c’è un problema, ora arriveremo in piazza, ma io non so ballare. Ci ho provato anche a prendere lezioni prima, ma non ce l’ho fatta. E in questo anno non ho portato a casa neppure l’insegnamento a fare il nodo alla cravatta, ci ha sempre pensato l’Aiutante e, a Carnevale finito, niente, non ho imparato». Ecco, l’Aiutante (Riccardo Zannini): «Persona meticolosa e preparata, non mi sono mai trovato per un momento spiazzato. Perché per quanto tu conosca il Carnevale, non sei mai stato in quel ruolo e ci sono un sacco di cose che non sai e non ti aspetti. Da quando hanno nominato gli Aiutanti avevo istituito la colazione con il Generale, ogni mattina alle 8. Abbiamo girato tutti i bar di Ivrea».
LA POTENZA DEL CARNEVALE
«Se ho sentito la potenza del Carnevale? Sì. Sono stato – continua – alla presentazione del progetto del libro del National Geographic e ho ascoltato Iago Corazza che ha detto che il Carnevale è rinsaldamento sociale. È così. È quello che è. La forza del Carnevale, nel ruolo del Generale, la percepisci dal senso di devozione che le persone ti dimostrano. Non sono io, Alberto Bossino, è quello che si rappresenta, è la percezione diversa di te. C’è uno slancio emotivo pazzesco, una spinta incredibile. Il limite più grande di questa esperienza è che non sarai mai in grado di sdebitarti. Hai dato tutto ciò che potevi, ma hai ricevuto tanto, ma talmente tanto, che non potrai mai sparpagliare su tutto quello che hai intorno la riconoscenza che devi». E poi c’è chi verrà dopo. Per l’edizione 2025 è Ulisse Falchieri. «Cosa gli posso dire? Beh, un po’ di cose gliele ho già dette – sorride –. Senti un carico emotivo pazzesco, sei pieno di sensazioni dentro. In tanti ti dicono che cosa dovresti fare. E allora ecco, la cosa più banale di tutte: restare se stessi, prendersi il proprio tempo e tirare fuori tutto quell’amore che senti per il Carnevale». Passare sciabola e feluca ha un significato di tradizione che va avanti. Per spiegare il valore della divisa e delle insegne che ha indossato, Alberto Bossino ci tiene a usare una citazione di Gianluca Vialli pronunciata sulla maglia della Juventus (la sua squadra del cuore): “Il dovere di riconsegnarla piegandola per bene e riponendola un po’ più in alto di dove l’avevi presa”. «Con Ulisse sarà così, ci siamo sentiti diverse volte in questi giorni», aggiunge.
TEMPO DI CONGEDO
Se il primo momento di consapevolezza della fine di un’avventura è la sera del funerale, nel silenzio di piazza Ottinetti («nella folla che non fiata sentivo il rumore degli zoccoli di Stella che si allontanava da me»), un altro momento ha toccato Alberto Bossino e risale a mercoledì scorso, 18 dicembre: «Siamo stati a salutare i Pifferi in sede e mentre me ne andavo hanno suonato la Generala. Mi allontanavo e sentivo il suono affievolirsi». E il Carnevale 2025? «Che farò? Ci sto pensando. Ho l’imbarazzo della scelta: con le insegne del Soas, con la loggia del leopardo, un giorno a tirare le arance nei Picche. Sarò un po’ dappertutto e sappia Ulisse che ovunque si trovi, io lo supporterò».
Se c’è una cosa che non ha fatto Bossino, è quella di aver scritto un diario. «Non ne hai il tempo, però mi sarebbe piaciuto registrare tutto quel mondo di cose che appartiene all’intimità. Mi piacerebbe raccontarle un giorno, magari ai miei nipoti, a cominciare da quanto siamo diventati matti a cercar la passamaneria da mettere sulla feluca, uguale a quella del Soas...».