Nel 2024 il pil della Germania diminuirà per il secondo anno consecutivo. Sempre più imprese valutano la delocalizzazione della produzione: qualche settimana fa ha fatto scalpore l’indiscrezione che Volkswagen starebbe considerando di trasferire in Messico le linee produttive della Golf. “L’economia tedesca è in una profonda crisi strutturale”, spiega al fattoquotidiano.it Volker Treier, responsabile del commercio estero della Camera di commercio e industria tedesca (Deutsche Industrie und Handelskammer).
In Germania è in corso una deindustrializzazione? Quante aziende hanno lasciato il Paese quest’anno e quante sono fallite?
Il calo della domanda interna ed estera, i costi elevati dell’energia e della manodopera qualificata, i notevoli oneri fiscali e burocratici mettono sotto pressione le prospettive commerciali e la situazione finanziaria. Quest’anno prevediamo ben più di 20.000 fallimenti aziendali. I nostri sondaggi mostrano una tendenza alla delocalizzazione: più di un’impresa industriale su tre sta già pianificando o attuando limitazioni della produzione o delocalizzazione di fasi produttive a causa dei prezzi dell’energia. Ma la situazione non è disperata. Possiamo e dobbiamo unire le forze per garantire nuovamente una crescita sostenibile.
Come si possono evitare ulteriori chiusure di stabilimenti e licenziamenti?
L’economia è rallentata da burocrazia crescente, lunghe procedure di pianificazione, mancanza di digitalizzazione, oltre agli elevati costi energetici e del personale. Abbiamo bisogno di una vera inversione di tendenza perché la Germania sta diventando sempre meno attraente come sede. L’elettricità deve diventare molto più economica, ad esempio attraverso un sussidio per le tariffe di rete attraverso il bilancio federale. In secondo luogo, è necessaria un’agevolazione delle infrastrutture: il governo federale e quelli regionali devono attuare pienamente il patto per accelerare processi di approvazione rapidi. E in terzo luogo, circa 16 anni dopo l’ultimo aggiustamento, abbiamo bisogno di una riforma fiscale societaria con forti e semplici incentivi per maggiori investimenti.
Quanto incide la differenza nel costo dell’energia rispetto al resto dell’Europa o agli Stati Uniti?
Gli svantaggi sono marcati: il prezzo dell’elettricità è quattro volte quello di Francia e Usa, quello del gas sei volte rispetto agli Usa. Con l’aumento dei prezzi della CO2 e delle tariffe di rete (600 miliardi di investimenti entro il 2045), il divario rischia di ampliarsi ulteriormente. La Germania non è competitiva né a livello europeo né globalmente. Abbiamo bisogno di un percorso affidabile per la transizione energetica. E siamo solo all’inizio della risoluzione dei problemi legati alla carenza di lavoratori qualificati, alla sburocratizzazione o alla digitalizzazione.
Le vostre indagini suggeriscono che l’Europa dovrebbe ridurre la regolamentazione. Non sarebbe auspicabile coniugare una maggiore integrazione europea dei servizi con la disponibilità a fare debito comune per finanziare gli investimenti?
Iniziative come la Direttiva Ue sulle catene di subfornitura gravano pesantemente sulle imprese. L’Europa deve diventare più agile, più veloce e più digitale, eliminare gli obblighi di rendicontazione inutili e duplicati, accelerare le procedure. Abbiamo bisogno di più spazio per l’innovazione e di un migliore spazio economico per le imprese. La Commissione europea ha annunciato più di un anno fa di voler ridurre del 25% gli obblighi di rendicontazione esistenti a livello comunitario. Ma finora le aziende non se ne sono accorte. Aumentare il debito – sia a livello nazionale che europeo – non è la soluzione.
L’obiettivo della completa decarbonizzazione nel 2045 va mantenuto fermo?
Credo che la mobilità elettrica abbia un grande futuro anche in Germania. Le aziende tedesche stanno seguendo un percorso di trasformazione e vogliono dargli forma. Fondamentale è l’assenza di traguardi più ambiziosi a livello nazionale che mettano a dura prova l’economia.
Secondo Handelsblatt, la Volkswagen è in procinto di trasferire la produzione della Golf elettrica in Messico. Non sarebbe ancora più costoso, nonostante l’accordo Mercosur, se la nuova amministrazione americana imponesse dazi sui prodotti messicani?
Il Messico è già un luogo di produzione interessante per i produttori automobilistici tedeschi. I vantaggi del Paese non sono solo costi più bassi, ma anche la vicinanza all’attraente mercato nordamericano, e probabilmente rimarrà così nonostante la discussione sui dazi.
L'articolo “Più di un’impresa su tre sta valutando di ridurre la produzione o delocalizzare”. La crisi tedesca vista dall’interno proviene da Il Fatto Quotidiano.