IVREA. Presentati nella mattina di giovedì 19 dicembre allo Zac di Ivrea i dati sul declino industriale in Alto Canavese e nell’Eporediese raccolti dalla Fiom. Una ricerca portata avanti monitorando ben 167 imprese metalmeccaniche del territorio, con un focus particolare sul settore dell’automotive, e il loro sviluppo fino a oggi a partire dal lontano 2008, quando ebbe inizio negli Stati Uniti la crisi dei mutui subprime che avrebbe investito tutto l’Occidente. E il quadro che fuoriesce dai dati è tutto fuorché edificante.
In questi 16 anni, delle 167 aziende monitorate ben 48 hanno chiuso i battenti, il 29%, poco meno di un terzo. Una tendenza che coinvolge anche i dipendenti. Degli oltre 13mila addetti del 2008, oggi ne rimangono 8.500: ben il 35% del totale ha perso il lavoro (4.500). Il settore dell’automotive in particolare, storicamente caratterizzante la provincia di Torino, è tra i più colpiti: dei 13mila addetti del 2008, 6mila erano lavoratori dell’automotive, circa il 46%. Una percentuale molto simile a quella odierna, dove sui rimanenti 8.500 addetti delle aziende monitorate circa 4mila lavorano nel settore automotive. Oltre 2mila quelli che hanno perso il lavoro in questi ultimi 16 anni, il 30% del totale. Si calcola che ogni 100 posti di lavoro persi, 34 appartengano al settore automotive. Non solo. Delle 167 aziende monitorate, 56 appartenevano a questo settore. Di queste, 17 hanno chiuso i battenti, circa il 30%.
«Il Canavese in relazione al lavoro e all’industria viene sempre dipinto in maniera positiva – commenta Edi Lazzi, segretario generale Fiom Cgil Torino –. I dati ci dimostrano che così non è. Come Fiom siamo impegnati a trovare nuove prospettive per il territorio. La provincia di Torino rimane ricca di competenze nel settore automotive, anche altamente specializzate: siamo un territorio in grado di completare tutta la filiera, dal design alla produzione vera e propria delle automobili, mentre nell’Alto Canavese è ancora forte lo stampaggio a caldo. Poco convincente invece il settore del turismo e dei grandi eventi, che funziona ma non può essere alternativo all’industria. È necessario preservare ciò che abbiamo, ma pensare al futuro».
E dire che il Canavese delle basi di partenza le ha: dai dati presentati dalla Camera di commercio di Torino, emerge come oltre il 10% del tessuto imprenditoriale canavesano sia rappresentato dall’industria manifatturiera, composta per circa un terzo dalla metallurgia, mentre quasi il 20% appartenga ai servizi orientati alle imprese, in leggera crescita rispetto al 2023, in particolare l’ edilizia e le attività professionali specializzate. Sono poi quasi 4mila le imprese a conduzione femminile, un leggerissimo tasso di crescita nell’ultimo anno, rappresentanti il 7,7% delle imprese femminili di Città metropolitana e il 24% delle imprese in Canavese. Crescono anche le imprese straniere, oltre 1.300, rappresentanti il 4,1% delle imprese straniere di Città metropolitana e l’8,7% delle imprese canavesane. Quasi 1.500 le imprese giovanili, in calo di 66 unità nell’ultimo anno, che rappresentano il 9,4% delle imprese canavesane e il 7,3% delle imprese giovanili nel territorio di Città metropolitana.
«L’Olivetti rappresenta oggi un caso di studio, quando non di gadgettistica, ma il passato non tornerà – conclude Federico Bellono, segretario generale Cgil Torino – . Da territorio che aspirava a essere provincia, dopo la strage industriale Ivrea ha mantenuto un’immagine legata alla sua storia e al Carnevale, ma ha perso il peso politico ed economico. È necessario puntare su nuovi settori, in primis il lavoro di cura, vista l’età anagrafica alta nel territorio, così come sulla produzione di energia rinnovabile. Al contrario, pur mantenendosi forte il settore delle telecomunicazioni, per le grandi aziende noi rappresentiamo solo i confini dell’impero».