Sulla designazione dei Paesi considerati “sicuri”, la Corte di Cassazione ha chiarito che “il giudice ordinario” non ha il potere di sostituirsi al ministro degli Affari esteri né di annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale che stabilisce la lista dei Paesi sicuri. Tuttavia, “può tuttavia valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri, allorché la designazione operata dall’autorità governativa contrasti in modo manifesto con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale”.
La sentenza, depositata giovedì 19 dicembre, è stata pronunciata in risposta al rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Roma il 1° luglio 2024, precedente rispetto al decreto con cui il governo ha modificato la lista dei Paesi sicuri.
La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione ha sottolineato che il giudice ordinario, nell’ambito del caso concreto sottoposto alla sua attenzione, è il garante dell’effettività dei diritti fondamentali del richiedente asilo. Inoltre, ha ribadito che “è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri”.
Secondo i giudici della Cassazione, “a garanzia dell’effettività del ricorso e della tutela, il giudice conserva l’istituzionale potere cognitorio, ispirato al principio di cooperazione istruttoria, là dove il richiedente abbia adeguatamente dedotto l’insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova. In quest’ultimo caso, pertanto, la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva, sicché non si pone un problema di disapplicazione del decreto ministeriale”.
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