La sostenibilità delle pensioni in Italia è a rischio. Pochi nuovi nati, meno giovani lavoratori contribuenti, invecchiamento della popolazione, aumento dell’inflazione e una spesa pensionistica ben oltre la media del resto. E così il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps (Civ) ha lanciato l’allarme: è a rischio l'equilibrio finanziario del sistema pensionistico.
Nel 2023 la spesa per le pensioni ha superato i 300 miliardi di euro (il 15,2% del Pil). L’Italia è al top della classifica europea dei Paesi che spendono di più per le pensioni rispetto al Pil, insieme alla Grecia. E aumenta sempre più la dipendenza tra “giovani” e over sessantaquattrenni. In Europa in media è del 36%, nel nostro Paese è del 41%. Vuol dire 4 giovani per 1 anziano. Con la denatalità e l’aumento dell’aspettativa di vita (che il Censimento 2023 ha fotografato proprio ieri) lo squilibrio del sistema pensionistico preoccupa.
L’Italia è ai vertici della classifica europea per spesa pensionistica in rapporto al PIL. Nel 2021, questa ha raggiunto il 16,3%, seconda solo alla Grecia (16,4%) e ben al di sopra della media europea (12,9%). Alla “vecchiaia” è destinato l’11% del PIL europeo, ma l’Italia eccelle con il 16%. Nonostante la spesa totale per pensioni nel 2023 sia rimasta stabile a 317 miliardi di euro, pari al 15,2% del PIL, escludendo le prestazioni assistenziali e le imposte si arriva comunque all’11,9%, un livello superiore al periodo pre-pandemia.
Questi dati riflettono due caratteristiche del sistema previdenziale italiano. Da un lato, l’età legale di pensionamento a 67 anni è tra le più alte in Europa (anche se grazie ai canali di uscita anticipati l’età effettiva scende a 64,2 anni) a causa di numerosi canali di uscita anticipata. Dall’altro la percentuale dell’ultimo stipendio che si trasforma in pensione è tra i più generosi del continente (58,9%), superando di 14 punti la media europea.
L’invecchiamento della popolazione è il principale fattore di rischio per la sostenibilità dei sistemi pensionistici. Nel 2023, l’età mediana in Italia ha raggiunto i 48,4 anni, il valore più alto in Europa dove la media è di di 44,5. Significa che metà degli italiani ha un’età inferiore ai 48,4 anni e l’altra metà superiore a questa cifra. In Europa lo “spartiacque” è 44,5. Quindi siamo “più vecchi” e questo dato è aggravato da un tasso di fecondità tra i più bassi dell’Unione (1,24 figli per donna nel 2022, rispetto alla media europea di 1,46) e da una speranza di vita tra le più alte (21,5 anni a 65 anni). Il risultato è un rapido aumento del tasso di dipendenza, ovvero il rapporto tra persone con più di 64 anni e quelle tra i 20 e i 64 anni. Nel 2022, il tasso di dipendenza medio europeo era del 36%, con valori massimi in Italia (41,0%) e Portogallo (41,2%) e minimi in Irlanda (25,8%). Le stime Eurostat prevedono un lieve aumento della fecondità e della speranza di vita entro il 2070, ma il tasso di dipendenza continuerà a crescere, amplificando le sfide per i sistemi previdenziali.
A incidere sullo squilibrio e quindi l’allarme oltre all’invecchiamento c’è la “gobba pensionistica”. L’uscita dalla forza lavoro della generazione del baby boom, la più numerosa, causerà un picco nella spesa pensionistica, portandola al 17% del PIL. A questo si aggiunge infine l’impatto dell’inflazione, che negli ultimi due anni ha gonfiato la spesa per via degli adeguamenti delle prestazioni al costo della vita.
Nel rapporto “La natura delle entrate e delle uscite dell’Inps” il Civ avverte che il problema centrale riguarda la sostenibilità sociale. Se il rapporto tra pensionati e contribuenti continuerà a peggiorare, le future generazioni potranno trovarsi a fronteggiare un sistema incapace di garantire un adeguato sostegno sociale.