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Immigrazione, integrazione e diritti umani: 25 anni di sfide e prospettive tra Italia ed Europa

di Antonio Salvati

Sabato 14 dicembre scorso al Centro Congresso Frentani di Roma si è svolto un interessante evento in memoria di Yaguine Coita e Fodé Tounkara, due adolescenti guineani, che vennero ritrovati morti assiderati nel carrello di un aereo all’aeroporto di Bruxelles, cuore dell’Europa, in arrivo da Conakry, capitale della Guinea. Com’è noto, altre giovani vittime sono andate incontro alla stessa sorte. Come recitava il sottotitolo, 25 anni di politiche migratorie, razzismo e integrazione in Italia e in Europa, il convegno – organizzato dall’eurodeputato Marco Tarquinio, da Paolo Ciani Segretario Demos e vicecapogruppo PD alla Camera dei Deputati e dai Socialists & Democrats – ha dato l’opportunità di riflettere e ragionare sul fenomeno migratorio in Italia.

Hanno partecipato autorevoli esperti come il prof. Maurizio Ambrosini dell’Università degli Studi di Milano, i giornalisti Gian Antonio Stella e Fabrizio Gatti e Angela Caponnetto. Sono intervenuti anche la segretaria del PD Elly Schlein e il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. Quest’ultimo ha ricordato quando oltre trent’anni fa l’Italia si fermò per l’omicidio di un immigrato: Jerry – Essan Masslo, di 29 anni, fuggito dal Sudafrica dell’apartheid, nato nello stesso bantustan di Nelson Mandela. Fu ucciso a Villa Literno, dove lavorava come bracciante stagionale nella notte tra il 24 e il 25 agosto 1989. A quel tempo l’immigrazione non faceva notizia, sebbene il saldo migratorio fosse positivo già dagli anni Settanta e l’Italia fosse diventata una terra d’immigrazione.

Non c’era alcun clamore attorno ai fenomeni migratori. Sembra un’epoca distante anni luce, mentre oggi d’immigrazione si parla continuamente e con toni allarmistici. Jerry era arrivato a Roma nel 1988, era ospite della Comunità di Sant’Egidio a Trastevere ed aveva trovato accoglienza e amicizia. L’Italia si commosse di fronte alla sua vicenda. Ci fu sdegno, tanto che fu organizzata a Roma una grande manifestazione antirazzista, la prima di quel genere. I funerali di Jerry furono trasmessi in diretta dalla Rai e vi parteciparono i rappresentanti delle istituzioni, tra i quali il vicepresidente del Consiglio dei ministri, Claudio Martelli. Il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, inviò a Sant’Egidio un telegramma ufficiale di condoglianze. 

Oggi tante cose sono cambiate. Impagliazzo ha aggiunto che un gran numero di narrazioni adotta, infatti, il paradigma dell’«invasione», mentre autorevoli studi scientifici sottolineano il ruolo dei migranti come fattori necessari per lo sviluppo economico, sociale e culturale, quindi come opportunità per le società ospitanti. Nel paese si è sviluppato un modello di integrazione informale, modello da alcuni definito «adottivo» per il suo carattere spontaneo, che vede protagonisti soggetti della società civile, reti associative, sindacati, famiglie, personale delle scuole, e molto meno attori istituzionali e governativi. Grazie anche ai corridoi umanitari realizzati dalla Comunità di Sant’Egidio con la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese e la Cei-Caritas.

Progetti completamente autofinanziati che hanno come principali obiettivi evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo. Da febbraio 2016 a oggi sono già arrivate oltre 7300 persone – siriani in fuga dalla guerra e rifugiati dal Corno d’Africa, dalla Grecia e da Gaza. Arrivati in Italia, i profughi vengono accolti a spese delle associazioni e delle famiglie coinvolte in strutture o case. Viene insegnato loro l’italiano, i loro bambini vengono iscritti a scuola, per favorire l’integrazione nel nostro paese e aiutarli a cercare un lavoro.

I diversi interventi del convegno si sono soffermati sull’’evolversi della percezione del fenomeno migratorio nei media e nell’opinione pubblica. Partendo dagli anni ’70 del Novecento, quando l’Italia si avviava a divenire un paese di immigrazione e sempre meno – ma il cambiamento di tendenza non era definitivo – di emigrazione, con il moltiplicarsi di provvedimenti legislativi e amministrativi, caratterizzati dalla duplice esigenza, in parte contraddittoria, di bloccare gli ingressi e contemporaneamente di sanare le situazioni irregolari presenti sul territorio. Il carattere “emergenziale” di molte iniziative non tiene conto della persistenza strutturale del fenomeno, nell’età contemporanea come nel lunghissimo periodo.

Sulla percezione del fenomeno migratorio si è dilungato Maurizio Ambrosini. Sicuramente le migrazioni hanno a che fare con le disuguaglianze di opportunità, ma i migranti internazionali sono “solo” circa 300 milioni, pari al 3,5% della popolazione mondiale (nel 2000 erano 175 milioni, ma la percentuale è più o meno costante): i poveri sono molti di più. Inoltre, i migranti non provengono dai paesi più poveri del pianeta, se non in minima parte. Nel mondo si emigra da: India, Messico, Russia, Cina. In Italia da: Romania, Marocco, Albania, Ucraina, Cina, India. Si emigra soprattutto nella fascia di reddito compresa tra 1.000 e 8.000 dollari pro-capite all’anno. Solitamente a emigrare non sono i più poveri dei loro paesi: occorrono risorse, economiche, culturali e sociali. Emigra di più chi è istruito e di più chi possiede reti sociali a destinazione. In altri termini, chi arriva da più lontano è più selezionato di chi arriva da vicino. In molti casi, l’emigrazione è una strategia estrema di difesa di uno stile di vita da classe media.

Chi sono coloro che accolgono più immigrati nel mondo? I paesi più coinvolti nell’accoglienza sono Iran (3,8 milioni), Turchia (3,3), Colombia (2,9), Germania (2,6), Pakistan (2,0). In rapporto agli abitanti: Libano 1 su 6 abitanti; Montenegro 1 su 9, Giordania 1 su 16. Nei paesi dell’UE: Svezia 1 su 40; Malta 1 su 56. L’Italia 1 su 175 (5,6 – ucraini compresi – ogni 1.000 abitanti). Chi sono i rifugiati che, secondo alcune forze politiche nostrane, ci stanno invadendo? Nel mondo sono stimati dall’UNHCR in oltre 117,3 milioni (2023, più 8 milioni rispetto al 2022), di cui circa 68,3 sono IDP (sfollati interni), 31,6 i rifugiati internazionali, 6 i palestinesi, 6,9 i richiedenti asilo, 5,8 non hanno un chiaro status (per es. venezuelani fuggiti all’estero). Il 75 % è accolto in paesi a basso o medio reddito, di cui circa un terzo nei paesi più poveri in assoluto. L’Europa nel 2021 ne accoglieva meno del 10%. Quasi la metà sono donne.

Oltre il 40% ha meno di 18 anni (contro 1/3 sulla popolazione mondiale). Impressiona quanta enfasi sull’immigrazione dall’Africa, a seguito degli sbarchi di richiedenti asilo. Arriva dall’Africa il 22,4% degli immigrati (2022): 1.151.000. Ma 689.000 arrivano dal Nord Africa, Marocco in primo luogo (415.000).  Dal resto dell’Africa: 462.000, 9% del totale. Gli africani pesano statisticamente su sbarchi e richieste d’asilo, ma questa è una componente minoritaria del fenomeno migratorio. Ambrosini non si è limitato a snocciolare dati. Ha anche mostrato quanto alcune percezioni differiscono dal principio di realtà. Come ha mostrato recentemente una ricerca del CENSIS molti italiani credono che l’immigrazione sia in drammatico aumento.

In realtà, l’immigrazione è stazionaria (circa 5,3 milioni) più circa 0,4-0,6 milioni irregolari. Si pensa che l’asilo rappresenti la ragione prevalente, mentre la richiesta d’asilo è marginale (circa 0,450 milioni, di cui 40% ucraini). Lavoro e famiglia sono le motivazioni prevalenti. Si continua a credere che la stragrande maggioranza degli immigrati professi la religione mussulmana, invece, al contrario, prevalentemente sono cristiani. Per anni si è predicato che l’afflusso degli immigrati sia dannoso per le finanze dello Stato. Innumerevoli studi dimostrano esattamente il contrario. Il discorso sarebbe lungo. È sufficiente citare un solo dato per indicare il vantaggio per le finanze dello Stato: 2,5 milioni occupati.

Secondo una definizione dell’ONU gli immigrati sono coloro che si sono spostati in un paese diverso da quello di residenza abituale e vivono lì da almeno un anno. Tuttavia, l’immigrazione è di fatto la mobilità umana vista come problematica: non chiamiamo immigrati né i cittadini del Nord del mondo, né i membri delle élites del Sud del mondo. In questo senso – sottolinea Ambrosini – il termine immigrati contiene un implicito significato svalutativo e minaccioso. La retorica della continua emergenza inasprisce questa visione.

Il portato ideologico con cui si affronta il fenomeno epocale delle migrazioni stupisce enormemente. La migrazione è un fenomeno talmente importante che andrebbe affrontato confrontandosi per il bene del Paese con il faro sulla centralità della persona e della tutela dei diritti umani. Invece il governo e la maggioranza ne fanno strumento di propaganda senza ascoltare nulla.

È il grido d’allarme lanciato da Paolo Ciani. Serve farsi interrogare dalla storia, dalle tante storie di sofferenza degli immigrati – come quella recentissima di Yasmine, 11 anni, proveniente dalla Sierra Leone che è arrivata da sola a Lampedusa, unica superstite di un’imbarcazione contenente 45 persone, affondata a causa di una tempesta – riflettere sull’immigrazione e pensare soluzioni di lungo periodo. Se ci si ferma a ragionare pacatamente sull’immigrazione, ci si accorge che tante cose che passano ormai per “normali”, non lo sono affatto. In attesa della pubblicazione degli atti di questo prezioso evento, non possiamo non rilevare che il nostro paese potrebbe fornire tante utili indicazioni rispetto alla questione migratoria, proprio per l’esperienza che milioni di nostri connazionali hanno vissuto negli anni. Esperienze – come ha sostenuto Gian Antonio Stella – segnate anche da tanta sofferenza, dolore, morte, ma anche esperienze di successo, di vite cambiate in meglio, di sostegno al paese di origine attraverso le rimesse. Tante cose che oggi – sostiene Ciani – potremmo rivedere nei cittadini di tutto il mondo che provano ad arrivare in Europa. L’Italia in Europa potrebbe farsi promotrice di un nuovo approccio del nostro continente rispetto alle migrazioni. È l’impegno di Tarquinio. Un approccio non emergenziale, un approccio intelligente e – perché no? – anche “utilitaristico”.

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