È il 23 novembre scorso, l’ultima data utile per meteo e temperature, il tempo è perfetto all’avio superficie di Molinella, nel Bolognese, il vento ottimo per frenare anche un po’ la caduta. Andreas Carraro, trentaquattrenne di Piano D’Arta, in comune di Arta Terme, è sull’aereo che sale a 4.200 metri di quota.
Da lì si lancia con l’istruttore Santiago Calzolari a tenerlo saldo e scende in libera a 200 chilometri orari fino a 1.500 metri dove si apre il paracadute e veleggiano fino a toccare terra. È il messaggio che Andreas rivolge alla sua malattia, la sclerosi primaria progressiva: comanda lui la qualità dei suoi giorni, non lei. E l’emozione di quel lancio, tanto sognato, è travolgente e bellissima per Andreas: «Letteralmente – assicura – una sberla al momento dell’apertura del portellone e salto nel vuoto. Il resto è una sensazione di benessere mentale che quando tocchi terra ti fa dire torniamo su!». Andreas vive a Piano D’Arta con la sua famiglia. Aveva 20 anni quando scoprì di avere la malattia che negli anni lo ha reso tetraplegico, ma lui ha deciso fin da principio che doveva solo trovare il modo di affrontarla.
“Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno”. Questa frase di Martin Luther King incarna in toto la risposta di Andreas alla vita.
«Lui – racconta la madre, Daniela Cozzi, che si è lanciata pure lei con il paracadute subito dopo il figlio – ha sempre avuto il desiderio del volo, sognava di fare il rocciatore mettendo in sicurezza pareti rocciose e pendii». Amava i lavori manuali, lavorava fin da giovanissimo, giocava a calcio. Poi però arrivano il «tremore e frequenti cadute – rammenta la mamma – e nel 2010 la diagnosi di sclerosi primaria progressiva. Fin quando ha potuto Andreas ha sempre lavorato e quando anche quella possibilità gli è stata reclusa, ha comunque reagito». E dato voce alla voglia di volare. Prima in deltaplano, poi in elicottero, ora col paracadute.
Dopo contatti vani con molti centri di paracadutismo «all’avio superficie di Molinella – ricorda Daniela – Riccardo Salardi, presidente della scuola di paracadutismo SkyDrive Fly Gang, l’istruttore Santiago Calzolari e tutto il team si sono presi il tempo di valutare. Ci hanno aiutati a realizzare questo desiderio e li ringraziamo moltissimo per questo e l’impegno profuso per assicurarci fino in fondo le condizioni di sicurezza.
Il collo è stato protetto da un collare dalla brusca frenata che genera l’apertura del paracadute. Santiago, già 8mila lanci all’attivo, ha costruito un imbrago apposito per le gambe di Andreas, con due parastinchi uno accanto all’altro con cinghie che l’istruttore, una volta aperto il paracadute, potesse recuperare per indurre in posizione corretta le gambe di Andreas. Io mi sono buttata dopo di lui. Per entrambi l’emozione è stato lo stacco all’uscita dell’aereo, c’è un senso di vuoto in quel momento, brevissimo, perché poi il vento ti spinge su a 200 l’ora, è come uscire con la testa fuori dal finestrino di un’auto a 200km/h. Quel minuto è stato lunghissimo per me, non per Andreas. Vogliamo tornarci la prossima primavera». —