«Ci sono evidenze che non si possono nascondere», afferma Antonio Giordano, deputato di Fratelli d’Italia e segretario generale di Ecr party, reduce da una missione a Washington che ha rafforzato legami strategici con i conservatori americani. Giordano, intervistato dal Foglio, non si nasconde dietro le parole e tratteggia un quadro ambizioso: «Non c’è solo Trump. Ci sono anche Modi e Milei». Un’affermazione che delinea un network politico globale in cui Giorgia Meloni assume il ruolo di ago della bilancia.
Giordano torna sull’articolo di Politico, che ha definito Giorgia Meloni la politica «più potente» d’Europa. «Non parlerei di potere, ma di riconoscimento», puntualizza. «Per anni qualcuno ha insistito nel dipingerci come isolati, ma c’è un’attenzione sempre più importante nei confronti di Meloni. Questo è il frutto di un percorso che la premier porta avanti da mesi, vedendo accrescere di giorno in giorno il riconoscimento per il suo lavoro».
Meloni, però, non guarda esclusivamente agli Stati Uniti. «Se immaginiamo i suoi collegamenti su una mappa – da Trump negli Usa, a Modi in India, fino a Milei in Argentina – emerge un network globale molto interessante», spiega il segretario di Ecr. Un disegno che va oltre il populismo nazionalista e si inserisce in un’ottica europeista: «Meloni è una team player. Ragiona prima sui benefici e sulle opportunità per l’Europa, ovviamente senza recar danno all’Italia».
La missione americana di Giordano ha visto anche la partecipazione di Deborah Bergamini, responsabile Esteri di Forza Italia, e di Manfred Weber, leader del Partito popolare europeo. Un segnale di convergenza tra conservatori e popolari? «Sicuramente lo è», conferma Giordano. «Il primo esempio di questo dialogo è proprio l’Italia, dove governiamo insieme a Forza Italia e a una forza più marcatamente sovranista come la Lega. Con i popolari, facciamo già un lavoro eccellente a Roma».
L’avvicinamento non si ferma a livello nazionale. Giordano cita il voto favorevole alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen come un esempio di dialogo costruttivo. «In Europa non c’è stato un allargamento della maggioranza iniziale, ma il nostro sì a von der Leyen si deve al fatto che ha costruito una Commissione che, in buona parte, riflette il risultato delle urne».
Tra i temi caldi, Giordano non può ignorare l’impatto che una possibile nuova amministrazione Trump potrebbe avere sull’economia globale. «La politica economica americana, i dazi annunciati da Trump, non possono essere presi alla leggera. È una questione da gestire con attenzione, ma senza allarmismo», avverte. L’obiettivo, sottolinea, è «creare un terreno fertile per coltivare relazioni e ottenere risultati».
Washington, con il Forum dell’International Democracy Union, è stata anche l’occasione per consolidare rapporti con esponenti repubblicani che potrebbero giocare un ruolo chiave nella prossima amministrazione americana.
Infine, Giordano si sofferma sulla leadership di Giorgia Meloni all’interno di Ecr, un tema che alimenta speculazioni da mesi. «Era stata la stessa Meloni a chiedere un avvicendamento al vertice già lo scorso anno, ma coralmente le avevano chiesto di rimanere almeno fino alle europee, compito portato a termine con lode. Di certo la carica di presidente non è eterna, ma dentro Ecr ci sono moltissime anime e personalità all’altezza. Non c’è ancora una data o una scadenza».
Dalle sue parole emerge un panorama dinamico e ambizioso, in cui Meloni gioca su più tavoli – da Roma a Bruxelles, fino a Washington – con l’obiettivo di posizionare l’Italia come protagonista del conservatorismo globale.
L'articolo Giordano (Ecr): “Meloni sta creando un network politico globale che va da Trump a Modi fino a Milei” sembra essere il primo su Secolo d'Italia.