Occhio non vede, cuore non duole. Le immagini delle proteste di Firenze contro gli affitti brevi, con tanto di nastro a coprire – a mo’ di X – le tastiere delle key boxes sono bene impresse nella memoria delle istituzioni a cui i cittadini stanno da tempo chiedendo chiarezza a proposito degli affitti brevi e dei costi spropositati delle abitazioni nelle grandi città a vocazione turistica. Per questo, c’è chi ha pensato che la circolare con cui il Viminale impone il check-in fisico per tutti gli ospiti delle strutture alberghiere, assestando un duro colpo ai sistemi di prenotazione online (che hanno il self check-in come corsia preferenziale per la conclusione delle trattative), possa in realtà essere una scusa per eliminare dai grandi centri abitati le key boxes, diventate una sorta di simbolo dell’overtourism e dell’emergenza abitativa urbana.
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Le key boxes, in effetti, sono un po’ il dito di chi indica la luna. Rappresentano un modo come un altro per gestire in maniera remota l’accoglienza turistica, permettendo a tanti proprietari di case (che, in passato, ci avrebbero pensato su due volte prima di mettere in piedi una attività imprenditoriale legata all’ospitalità) di monetizzare sulle proprie abitazioni, anche a chilometri di distanza. Con le key boxes (ma – lo ribadiamo – non è l’unico metodo a disposizione), nulla impedisce a un host di ottenere dei guadagni dalla sua casa a Roma, mentre – per lavoro o per ragioni familiari – si trova in Piemonte o in Sicilia. Se si aggiunge che le key boxes sono spesso invasive, compaiono a ridosso di portoni di palazzi o disseminati in diversi angoli delle città turistiche, ecco che il problema assume i contorni fisici di un oggetto.
Soprintendenze, associazioni di cittadini, amministrazioni comunali (si pensi, ad esempio, a Firenze o a Venezia) hanno cercato di bloccare il fenomeno delle key boxes perché sono invasive, impattano sul profilo di edifici storici, riempiono le città un po’ come – qualche anno fa – i lucchetti degli innamorati riempivano i ponti e, in generale, gli scorci romantici. La circolare del Viminale, nella sua perentorietà, punta (anche) a mettere un argine alle key boxes come se questo argine potesse coincidere in qualche modo con la risoluzione del problema dell’overtourism.
In realtà, come abbiamo visto, le key boxes non sono la causa di questo fenomeno, ma una semplice conseguenza. Le piattaforme digitali (su cui non c’è stato ancora un intervento deciso e risolutivo) continuano a favorire gli affitti brevi, a beneficiare di tassazioni vantaggiose e ad assumersi poche responsabilità rispetto a beni di grande valore come gli immobili in aree a vocazione turistica. Ma – come dicevamo all’inizio – occhio non vede, cuore non duole. Il Viminale, eliminando le key boxes, pensa forse di dare un contentino ai cittadini che, comunque, pagheranno le conseguenze di affitti sempre più alti e di invasioni turistiche indesiderate?
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