“Il popolo e la nazione sono unità non frammentabili”. C’è un principio che viene ricordato dai giudici della Consulta nelle motivazioni della sentenza con cui ha dichiarato – lo scorso 14 novembre – incostituzionale la cessione di intere materie alle Regioni. Perché se è vero che “una componente fondamentale della forma di Stato delineata dalla Costituzione è il regionalismo” dall’altra parte è al Parlamento che la legge fondamentale dello Stato italiano “riserva la competenza legislativa esclusiva in alcune materie affinché siano curate le esigenze unitarie e gli affida altresì dei compiti unificanti nei confronti del pluralismo regionale, che si esplicano principalmente attraverso la determinazione dei principi fondamentali nelle materie affidate alla competenza concorrente
dello Stato e delle regioni… attraverso la competenza statale nelle cosiddette “materie trasversali” e mediante la perequazione finanziaria a favore dei territori con minore capacità fiscale
per abitante…”.
Secondo i giudici – il verdetto è stato redatto da Giovanni Pitruzzella – la Corte “non può esimersi dal rilevare che vi sono delle materie… alle quali afferiscono funzioni il cui trasferimento è, in linea di massima, difficilmente giustificabile secondo il principio di sussidiarietà. Vi sono, infatti, motivi di ordine sia giuridico che tecnico o economico, che ne precludono il trasferimento. Con riguardo a tali funzioni, l’onere di giustificare la devoluzione alla luce del principio di sussidiarietà diventa, perciò, particolarmente gravoso e complesso. Pertanto, le leggi di differenziazione che contemplassero funzioni concernenti le suddette materie potranno essere sottoposte ad uno scrutinio stretto di legittimità costituzionale”
I magistrati individuano le materie per cui la devoluzione alle Regioni non rispetta i principi costituzionali e sono: commercio estero, tutela dell’ambiente, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, porti e aeroporti civili, le grandi reti di trasporto e di navigazione. “Anche il trasferimento delle ulteriori funzioni, in particolare di quelle legislative, concernenti la materia
‘ordinamento della comunicazione’ incontra ostacoli di ordine giuridico e tecnico, che rendono eccezionali e residuali le funzioni che possono essere devolute. In tale materia confluiscono il diritto delle comunicazioni elettroniche e il diritto di internet, che trovano la loro disciplina in un complesso assai esteso di atti normativi dell’Unione europea, che hanno il precipuo scopo di realizzare un mercato unico digitale che sia inclusivo, competitivo e rispettoso dei diritti fondamentali. Proprio perché si tratta di creare e garantire il mercato unico europeo, in cui le comunicazioni elettroniche e internet svolgono un ruolo fondamentale, gli atti legislativi -prosegue la corte – europei sono, di regola, di massima armonizzazione, lasciando poco spazio agli Stati membri e precludendo, in linea di massima, regolamentazioni territorialmente frammentate che potrebbero fungere da ostacolo al funzionamento di tale mercato. Gran parte delle funzioni riguardanti la materia hanno finalità pro-concorrenziali e di tutela del consumatore e, perciò, afferiscono alla materia ‘tutela della concorrenza’ di competenza esclusiva dello Stato, potendo difficilmente essere separate da altre funzioni limitate esclusivamente alla comunicazione”.
L'articolo Autonomia differenziata, la Consulta: “Parlamento ha competenza esclusiva su alcune materie che non possono essere devolute” proviene da Il Fatto Quotidiano.