Si arriva pure al “Salvini fa il paraculetto”. A dirlo non è uno dei tanti leoni di tastiera ma il commento del portavoce di Forza Italia Raffaele Nevi. Ormai in questa maggioranza, sempre più in fibrillazione, i contrasti non si contano in un crescendo di accuse e ripicche tra azzurri e leghisti.
Le polemiche sul canone Rai non sono certo il primo episodio di uno scontro perdurante mentre è in corso uno sciopero generale che ha riscontrato fortissime adesioni e un grande coinvolgimento popolare.
Un quadro governativo appesantito da una Lega che, dopo l’ennesimo tonfo elettorale, ridotta al lumicino in Umbria e Emilia e subendo lo stallo sull’autonomia differenziata, continua nella sua radicalizzazione. Un Salvini che ormai vede crollare il suo progetto di lega nazionale, subendo sempre più esplicite critiche anche da esponenti del suo partito.
Tornando al contrasto sul canone Rai, Nevi ha precisato che quella mancetta, regalata anche ai super ricchi, sarebbe costata 450 milioni ai contribuenti. Insomma un gioco delle tre carte che nulla cambia per i soliti che pagano le tasse. C’è chi ha visto dietro questa polemica la mano di Mediaset, preoccupata per gli sviluppi a livello pubblicitario. E molti ricordano l’intervento in cui, nel giugno 2024, Marina Berlusconi, gettando benzina sulla maggioranza guidata dai patrioti, ammetteva di temere il successo dei movimenti con idee antidemocratiche in Europa e di sentirsi sui temi etici più vicino alla sinistra
Gli scontri tra alleati, che si beccano come i polli di Renzo portati dall’azzeccagarbugli, toccano numerosi fronti e stanno procurando diversi grattacapi a una Meloni, apparsa quanto mai tesa, alla prese con una problematica Legge di Bilancio, dopo aver visto il suo governo andare sotto in commissione bilancio al Senato su canone Rai e su un emendamento riguardante la sanità in Calabria, in un gioco di vendette incrociate.
Divergenze strutturali come quelle sulle alleanze in Europa che vedono la Lega in sintonia con la vandea sovranista di estrema destra cresciuta in Germania con ADF, in Austria con Fpo e con FN in Francia. Movimenti vicini più a Orban e Putin e non certo in sintonia con lo spirito liberal ed europeista del gruppo guidato da Antonio Tajani.
Altro punto critico riguarda il voto della destra sovranista contro quella seconda Commissione Europea guidata dalla Von der Leyen che ha confermato Raffaele Fitto vicepresidente esecutivo Ue, insieme alla spagnola Teresa Ribera. Una maggioranza quanto mai debole, (370 voti su 700), che ha determinato divisioni nei partiti, in cui è stato fondamentale l’appoggio di Fratelli d’Italia.
Il Pd ha votato per Fitto e per il nuovo esecutivo europeo, manifestando la sua contrarietà ai nazionalismi in Europa. “Noi abbiamo votato coerentemente”, ha ricordato Stefano Bonaccini, augurandosi che il programma di integrazione europea vada avanti, non dimenticando a questa destra il suo passato contrasto verso Euro e PNNR. Un Pnnr su cui Fitto si astenne.
“E’ una maggioranza sempre più divisa che mette in imbarazzo quella Meloni che ci aveva accusati di essere anti italiani se non avessimo votato per Fitto. Adesso chi è anti italiano?” si è chiesto l’esponente del Pd, riferendosi ai leghisti, sottolineando come Berlusconi non avrebbe mai preso parte agli Stati Generali della destra estrema neofascista e xenofoba che trova in Italia il suo alfiere in Vannacci.
Certo non è facile per Salvini, che le spara a ruota libera spingendosi sempre più a destra, pur di raggranellare qualche consenso, dover ora fare i conti con una Meloni che ha abbandonato, al momento, gli slogan anti europei (che furono un classico dei suoi comizi con gli occhi furenti per gli amici spagnoli neofascisti di Vox) facendo, a pieno titolo, parte della controversa e debole maggioranza che sostiene il Von der Leyen bis.
Le reazioni di Mattarella
Le turbolenze nella maggioranza sono state alla base di un incontro privato tra la premier e il Presidente Mattarella, tornato dalla Cina. Un Mattarella attivissimo, autentico baluardo nella difesa dei valori della Costituzione, che ha manifestato le sue criticità sulle modifiche al decreto sicurezza e su quel emendamento al decreto, voluto per far passare quasi in silenzio, sull’aumento del finanziamento ai partiti.
Il Presidente della Repubblica non ha usato mezzi termini per replicare alle uscite del miliardario imprenditore, visto come presidente ombra di Trump, il 53enne sudafricano Elon Musk, nel suo attacco alla nostra magistratura. Un attacco che non aveva incontrato alcuna reazione dal nostro esecutivo.
Insomma non si tratta solo di qualche “inciampo” come ha affermato la premier. La querelle pare destinata a continuare in un quadro complessivo quanto mai pesante come dimostrano le proteste che hanno portato milioni di lavoratori in sciopero a scendere in piazza.
Qualche osservatore ha evidenziato come l’ascesa delle destre in Europa potrebbe portare la Meloni a non avere alternative nel proseguire un difficilissimo percorso di avvicinamento a una dimensione più europeista (non solo in chiave atlantista), per chi fa ancora fatica a definirsi antifascista, come fun della spagnola Vox. Insomma l’anima resta nera, ma si dovrebbe prendere atto come in Italia anche le maggioranze più ampie si possono sfaldare molto in fretta (Grillo, Renzi , Berlusconi, Salvini..) e che il consenso della premier non riguardi solo persone nostalgiche.
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