Sondaggi TP: per 2 italiani su 3 c’è emergenza violenza sulle donne
Bentornati con il nostro consueto appuntamento settimanale riguardante le principali tematiche di politica interna ed internazionale. Questa settimana, focus sulla violenza sulle donne, conflitto in Ucraina e leadership del Movimento 5 Stelle. Inoltre, come sempre, l’aggiornamento delle intenzioni di voto e il livello di gradimento nei confronti di Giorgia Meloni. Cominciamo.
Contestualmente con la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre) abbiamo chiesto se, in Italia, c’è un’emergenza violenza sulle donne.
La maggioranza del campione sostiene di sì e, in particolare, per il 44,6% “i casi di violenza e gli omicidi sono troppi, non accennano a diminuire anche perché la mentalità maschilista e patriarcale rimane molto forte”. Poi, un 24,3% considera che l’emergenza sì esiste, “anche se il problema è meno grave rispetto ad altri Paesi d’Europa, ma dobbiamo fare di tutto per arrivare, per esempio, a zero omicidi di donne”. Nel complesso, quindi, quasi il 69% del campione (poco più di 2 italiani su 3) sostiene che vi sia una emergenza violenza sulle donne.
Dall’altro lato, il 16,5% dei rispondenti non ritiene che esiste una emergenza violenza sulle donne: “siamo tra i Paesi con meno femminicidi e meno violenza, non c’è un’emergenza, anche se è giusto sensibilizzare per ridurla ulteriormente”. Infine, l’11,7% ritiene di “No, siamo tra i Paesi meno violenti al mondo, ma c’è una narrazione mediatica e ideologica distorta che vuole farci pensare che c’è un’emergenza”.
Sono in pochi, infine, non avere un’idea precisa o non voler rispondere (2,9%).
Rimanendo in argomento, passiamo alla correlazione percepita tra violenza sulle donne e immigrazione. Abbiamo chiesto se “Secondo lei le violenze sulle donne sono aggravate dalla presenza di immigrati”. Ne esce fuori un panorama interessante, con la tonica che afferma che sì, “i dati dicono chiaramente che gli stranieri violentano e stuprano molto più degli italiani, un motivo in più per ridurre molto l’immigrazione”. Questa è la risposta più frequente (39,9%) data da praticamente 4 rispondenti su 10.
A questi, fa eco un 10,5% che conferma questo legame, affermando di “Sì, ed era facilmente immaginabile. La strada, però, è una migliore integrazione ed educazione soprattutto dei giovani stranieri”. Rispetto, quindi, alla risposta precedente, c’è una fetta di popolazione che opterebbe per un maggior lavoro d’integrazione.
Dall’altra parte, un 15,6% opta per una correlazione socio-economica più che razziale e culturale: “No, tra gli stranieri i giovani poveri e in situazioni di degrado sono di più, è per questo che delinquono, non perché sono immigrati”.
Infine, con il 32,5% (seconda risposta più frequente del set) l’idea che non vi sia una correlazione diretta tra immigrazione e violenza sulle donne in quanto “l’uomo che commette violenza è innanzitutto un uomo, non conta l’origine, è la cultura maschilista che va sconfitta”.
Anche in questo caso, sono in pochissimi (1,1%) a non sapere o non voler rispondere.
Usciamo dai confini italiani (ci rientreremo nella prossima e ultima domanda) per parlare del lancio di missili ipersonici da parte della Russia contro l’Ucraina. Abbiamo questo, quindi, perché la Russia ha lanciato alcuni missili ipersonici recentemente e qual è il suo scopo.
Le risposte qui sono molto variegate. In ordine di frequenza, al primo posto (col 38,9% delle preferenze) la risposta che afferma che è “Per spaventare europei e americani e convincerli ad appoggiare le richieste russe sull’Ucraina”. A seguire, col 29%, che siano stati usati “principalmente per dimostrare agli ucraini che possono colpirli più duramente di quanto abbiano fatto finora e che conviene loro arrendersi”. Per un altro 22,6% del campione, l’attacco russo con missili ipersonici “è pura propaganda psicologica, vogliono mostrare di essere più avanzati e pericoloso di quello che sono in realtà”.
Solo una parte residuale del campione (5,5%) ritiene che Putin abbia dato l’ordine “Per testare nuove armi recentemente sviluppate, come fanno normalmente tutte le potenze del mondo”.
Torniamo in Italia e lo facciamo parlando del M5S e della spaccatura in seno ai pentastellati, con il confronto finale tra Beppe Grillo (fondatore) e Giuseppe Conte (leader). Giunti ormai alla resa dei conti, abbiamo chiesto se il M5S oggi sarebbe più forte se Grillo vi fosse rimasto alla guida.
La gran maggioranza del campione sostiene di no. Nel dettaglio, il 31,4% afferma che “Sicuramente no, il M5S è ormai un partito, deve avere proposte e posizionamenti chiari, con Beppe Grillo la sua proposta non sarebbe stata in linea con i tempi”. Una percentuale simile (30,3%) ritiene che “Probabilmente no, la riduzione dei consensi al M5S non è dipesa dalla leadership ma da altri fattori, legati ai programmi proposti”.
Tra coloro che invece sostengono la leadership di Beppe Grillo come fattore positivo per il MoVimento, c’è un 11% che sostiene fermamente: “sicuramente sì, avrebbe mantenuto un’immagine più radicale, lontana dai compromessi, trattenendo più elettori della prima ora”. Infine, un altro 18,3% crede che “probabilmente sì (sarebbe stata una leadership positiva), anche se il calo dei consensi sarebbe stato comunque inevitabile”.
Chiudiamo il sondaggio settimanale con le consuete intenzioni di voto e l’aggiornamento della fiducia in Giorgia Meloni. Rispetto alla scorsa settimana (QUI IL SONDAGGIO DEL 22 NOVEMBRE 2024) ci sono davvero poche variazioni, segno di una grande stabilità. FdI rimane stabile al 29,3%, mentre il PD, il M5S e AVS crescono di un decimo a testa. Forza Italia torna ad accorciare sulla Lega riportandosi in scia. Data l’attuale soglia di sbarramento, entrerebbero in Parlamento solo sei forze politiche, considerando che tanto Azione (2,9%) come Italia Viva (2,4%) si ritroverebbero al di sotto della soglia dei tre punti percentuale.
Chiudiamo infine con l’aggiornamento sulla fiducia nel premier Giorgia Meloni. Continua a calare leggermente la popolarità della premier, che perde due decimi e, nel complesso, trova l’approvazione del 40,9% del campione, con il 26,5% che ha molta fiducia e il 14,6% “abbastanza fiducia”. Quasi metà del campione (48,1%) non ripone la minima fiducia in Giorgia Meloni.
Nota metodologica: sondaggio realizzato con metodo CAWI, 3.100 interviste raccolte tra il 26 e il 28 novembre 2024.
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