Con l’aria che tira ormai dal 7 ottobre 2023, c’era da aspettarselo. Prima o poi, chiunque esprima un pensiero anche vagamente disallineato dalla dottrina israeliana o dalla narrazione dominante dei mezzi di informazione occidentali in larga parte a essa asserviti rischia di essere brutalmente tacciato di antisemitismo, una macchia che in passato ha rovinato la vita di qualcuno e che oggi potrebbe diventare una sorta di stigma collettivo, non più confinato al popolo tedesco, una macchia d’olio in rapida espansione. La contaminazione riguarda persino chi da sempre manifesta posizioni moderate, oggi ritenute pavide e false da chi vorrebbe che il mondo chiudesse gli occhi.
Personalmente, mi è capitato di essere accusato di quella colpa vergognosa da tre o quattro persone per cose scritte proprio in questa sede, addirittura per aver riportato il pensiero di qualche altro “cattivo maestro”. Quale sarebbe, dunque, la mia colpa? Aver posto domande “inutili, fuorvianti, vergognose”? Aver rifiutato di essere cieco e sordo?
Francamente, non provo alcuna vergogna nel ribadire che ciò che dal 7 ottobre si svolge davanti agli occhi del mondo è indegno della società umana e che il silenzio di molti media e/o il loro asservimento alla dottrina unica sono lo specchio di una società occidentale ripiegata su se stessa: nell’era degli smart phone non dovrebbe essere più possibile negare l’evidenza dei fatti.
Per una volta vorrei farne una questione meramente umana. Una questione non di storia ma di umanissimi numeri: il conto delle vittime che, praticamente dal giorno della nascita dello Stato di Israele, è vistosamente sbilanciato, ora è praticamente a senso unico. Pur non potendo farne una questione unicamente numerica in questa guerra – dato che chi è schierato dalla parte di Israele sostiene che, per garantire ai suoi cittadini il diritto alla sicurezza, Hamas va estirpato e ogni area potenzialmente a rischio va presidiata – la brutalità delle azioni militari di quello che si definisce “esercito di difesa”, la portata senza precedenti della distruzione a Gaza, l’insensatezza della segregazione ai danni dei palestinesi e la mancanza quasi chirurgica di attenzione verso la popolazione civile che finisce sotto le bombe impongono riflessioni umanitarie che Israele e chi sta dalla sua parte non vogliono fare e pretendono che nessuno faccia.
La Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato d’arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del suo ex-ministro della difesa, Yoav Gallant per crimini di guerra. Lo statuto fondante di tale istituzione è stato stipulato proprio a Roma, nel 1998. Eppure, il nostro governo ha immediatamente fatto sapere, in ordine sparso, di voler leggere le motivazioni di tale sentenza. Come scrivere una cosa con la mano sinistra e cancellarla con la mano… destra! Non mi pare che in molti si siano scandalizzati quando un analogo mandato d’arresto è stato emesso nei confronti di Vladimir Putin. In tale circostanza, non sono state pronunciate frasi sarcastiche dal presidente degli Stati Uniti – come quella detta da Biden, ovvero che il mandato d’arresto nei confronti di Netanyahu è “vergognoso” – così come non sono stati fatti distinguo della serie non si possono mettere sullo stesso piano una democrazia e un’organizzazione terroristica. Sarà un caso, ma a non ratificare lo Statuto di Roma sono stati, tra gli altri, proprio Israele, la Russia e gli stessi USA.
Per una volta, finiamola di fare gli gnorri. E, se proprio non vogliamo entrare nei meandri della storia e restare impantanati in dissertazioni in cui qualche troll sionista, carte alla mano, si prefigge di smontare qualsiasi discorso sulla decenza, concentriamoci unicamente sulle immagini di distruzione che ogni giorno i media internazionali – filoisraeliani o meno che siano – mostrano agli occhi ormai assuefatti, quasi indifferenti del mondo. Gli orrori della Seconda Guerra, di cui il popolo ebreo è stato la principale vittima sacrificale, hanno spinto la comunità internazionale a darsi un organo come l’ONU e una serie di strumenti atti a prevenire il ripetersi di simili empietà. Quegli orrori e la facilità con cui regimi disumani come il nazismo e il fascismo si sono impossessati del potere e sono riusciti a plasmare il cervello di milioni di persone dovrebbero essere sufficienti a guardare con maggiore umanità a chi oggi non ha una voce e dovrebbero essere lo specchio del tempo per chi, viceversa, oggi pensa di liquidare ogni dissenso con la parola “antisemita”.
L'articolo Chi non è allineato alla narrazione israeliana è tacciato di anti-semitismo: racconto il mio caso proviene da Globalist.it.