Il sostituto procuratore generale di Cassazione ha chiesto un appello bis per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, assolto in primo grado ma condannato in appello, nell’ambito del processo per la strage di Rigopiano dove il 18 gennaio del 2017 morirono 29 persone a causa di una valanga che, dopo una forte scossa di terremoto, travolse l’hotel. Il pg ha chiesto un nuovo processo per valutare anche le accuse di concorso in omicidio colposo, in lesioni colpose e in depistaggio per le quali è stato assolto in secondo grado.
L’accusa ha chiesto, inoltre, l’annullamento delle assoluzioni nei confronti di sei persone, rappresentanti dell’autorità regionale di protezione civile dell’Abruzzo e la conferma delle condanne dei dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (entrambi 3 anni e quattro mesi), dell’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso (6 mesi), dell’allora sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta e del tecnico del comune, Enrico Colangeli (2 anni e otto mesi per entrambi). Il processo si svolge davanti ai giudici della sesta sezione presieduta da Giorgio Fidelbo. “Siamo soddisfatti delle richieste della Procura – ha commentato l’avvocato di parte civile Wania Della Vigna – perché ripropone il nostro impianto accusatorio”. All’esterno del Palazzaccio presenti alcuni parenti delle vittime. “Siamo oramai abituati a stare in attesa fuori dalle aule di tribunali – spiegano-. Stare insieme ci conforta e ci da la forza di andare avanti, siamo una grande famiglia. Uniti da quella tragedia di quasi otto anni fa”. La sentenza è attesa per domani.
L’hotel travolto – L’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara) il 18 gennaio 2017 fu travolto e distrutto da una valanga poche ore dopo il terremoto che si registro in Centro Italia: morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti, undici i superstiti tirati fuori dalla neve e dalla “macerie” della struttura dai soccorritori. L’indagine fu molto complessa: si indagò sulle responsabilità di Comune e provincia e Regione, sull’omessa pianificazione territoriale di una Legge del 1992 e la carta valanghe approntata in ritardo. Accertamenti sulla strada provinciale n.8 che non era stata liberata dalla neve impedendo gli ospiti dell’hotel avrebbero avuto la possibilità di lasciarlo dopo le scosse di terremoto perché era rotta turbina spazzaneve. Si indagò sull’allarme dato in ritardo e quello che era stato ignorato-
Il primo processo – In primo grado furono condannati il sindaco di Farindola Lacchetta (due anni e otto mesi); i dirigenti della Provincia di Pescara D’Incecco e Di Blasio (tre anni e quattro mesi ciascuno); sei mesi ciascuno per l’ex gestore Di Tommaso ed il geometra Giuseppe Gatto. In quella occasione l’accusa di disastro colposo cadde per molti dei principali imputati, tra i quali l’ex prefetto, per il quale il pool della procura coordinato dal procuratore capo Giuseppe Bellelli e composto dai sostituti procuratori Anna Benigni e Andrea Papalia, aveva chiesto 12 anni; l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, per il quale erano stati chiesti sei anni. Erano stati assolti anche tecnici e dirigenti regionali in uno scenario, secondo l’articolato impianto accusatorio, di diffuse responsabilità su vari fronti, dai permessi di costruzione dell’albergo, alla gestione dell’emergenza di quei giorni drammatici sul fronte delle condizioni atmosferiche, alla gestione dei soccorsi, fino ad una presunta vicenda di depistaggio in merito alla telefonata di Gabriele D’Angelo, dipendente dell’albergo e una delle vittime, che aveva allertato la Prefettura sulla situazione di pericolo, fatta sparire.
La sentenza d’appello – Tre condanne in più, compresa quella dell’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, in secondo grado. In appello era stata parzialmente riformata la sentenza. La condanna di maggior rilievo era stata quella di Provolo, assolto in primo grado, al quale i giudici avevano inflitto 1 anno e otto mesi per falso ideologico e rifiuto di atti di ufficio. Sentenza ribaltata anche per Enrico Colangeli, tecnico comunale, e Leonardo Bianco, dirigente della Prefettura di Pescara, entrambi assolti in primo grado. Confermate in appello 22 assoluzioni. Il verdetto della Corte d’appello dell’Aquila aveva stabilito quindi un totale di 8 condanne confermando le condanne inflitte in primo grado per il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, per i dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, per il tecnico Giuseppe Gatto e per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso. Per l’ex capo di gabinetto della Prefettura Leonardo Bianco, la Corte aveva disposto una condanna di un anno e 4 mesi mentre per il tecnico Colangeli la pena era stata di due anni e 8 mesi.
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