Federica Venturelli è una grande promessa del ciclismo italiano: la 19enne lombarda, che milita per la UAE Development, ha vinto due tappe al Giro Mediterraneo Rosa nel corso del 2024 e ha concluso al 22mo in occasione dei Mondiali di ciclocross. Un’atleta poliedrica con ampi margini e che si è raccontata a fondo ai microfoni di OA Sport.
Su pista hai ottenuto tanti titoli a livello giovanile, ma hai già dimostrato di essere competitiva anche nella categoria Elite. Dopo esserti confrontata con le migliori, hai compreso cosa ti manca per raggiungere il loro livello?
“Penso di poter riassumere le mie carenze in tre punti. Il primo è l’esperienza nella gestione dello sforzo: passando dalla categoria junior a quella élite, alcune gare si sono allungate. Nell’inseguimento individuale, per esempio, la distanza da percorrere è passata da 2 km a 3 km; per questo motivo, faccio ancora fatica a distribuire lo sforzo in modo equilibrato nei tre chilometri di gara e tendo sempre a partire troppo forte per poi concludere la prova calando. Una maggiore esperienza data da un numero di prove eseguite via via maggiore con il tempo sarà sufficiente per migliorare questo aspetto. La seconda mancanza è l’abitudine ad alti carichi di lavoro: nelle categorie giovanili, ovviamente, i carichi di allenamento sono ridotti rispetto a quelli delle atlete professioniste sia in termine di lunghezza sia, ad esempio, di rapporti spinti. In questi primi anni da élite, quindi, sto lavorando un po’ alla volta per arrivare a reggere maggiori stimoli; questo è però un percorso che durerà alcuni anni e solo alla fine di questo periodo potrò dire di aver raggiunto la maturità fisica ed essere quindi performante al massimo. L’ultimo punto su cui so di poter migliorare è la palestra: da junior ho sempre fatto solo esercizi a corpo libero, senza utilizzare pesi. Lo scorso anno, poi, a causa di alcuni problemi persistenti alla schiena non sono riuscita ad introdurre la palestra in maniera costante nella preparazione. So però che, iniziando a lavorare di più in palestra, presto sarà possibile vedere dei miglioramenti anche in bici“.
Sei una ciclista molto eclettica. Qual è la tua specialità prediletta su pista?
“È difficile rispondere nominandone solo una perché tutte le discipline su pista sono, secondo me, molto spettacolari; quelle in cui mi sento più a mio agio sono però l’inseguimento individuale e l’inseguimento a squadre. Forse questa mia preferenza è dovuta al fatto che è il cronometro a dare il verdetto finale e quindi, preparando la gara con diligenza, ci sono meno imprevisti che possono incidere negativamente sul risultato rispetto a quanti possono verificarsi nelle gare di gruppo“.
È iniziato il quadriennio che porta alle Olimpiadi di Los Angeles 2028. Lavorerai per dare il tuo contributo al quartetto o il tuo obiettivo è meritare una chance anche per omnium e madison?
“Anche solo entrare a far parte del quartetto, per ora, mi sembrerebbe un sogno. Il gruppo di ragazze che ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo e Parigi (e che ho avuto la possibilità di conoscere meglio quest’anno grazie agli allenamenti insieme) è ancora molto giovane e tutte, potenzialmente, potrebbero arrivare ancora estremamente competitive a Los Angeles. È ancora presto per iniziare a pensare alle specialità di gruppo poiché, a livello élite, non ho ancora partecipato a competizioni in tali discipline. Inoltre penso che, nel mio caso, l’adattamento necessario in seguito al salto di categoria in quel tipo di gare sia maggiore rispetto alle prove contro il tempo. L’importante per ora è quindi costruire delle basi solide per arrivare a potermi guadagnare un posto nel quartetto“
Su strada invece che genere di ciclista sei? Quali sono le tue caratteristiche?
“Personalmente mi considero una passista, però avendo corso poco questa stagione devo ancora conoscermi meglio come ciclista. Negli anni scorsi avevo vinto molte gare anche in salita, però passando da junior a professionista tante cose cambiano perché il livello si alza moltissimo ed è difficile andare forte su ogni terreno. Lo scorso anno ho trovato il mio posto come “ultimo uomo” del treno nelle gare piatte, tirando la volata alla velocista della squadra che, in base alla line-up, poteva essere Lara Gillespie o Sara Fiorin“.
Te la cavi egregiamente anche a cronometro. Chiaramente tutto non si può fare: dovrai prendere delle decisioni sulla specializzazione?
“Penso che la pista e la strada si possano conciliare senza problemi; l’importante è fare una buona pianificazione delle gare e degli obiettivi prima dell’inizio della stagione. Il gruppo della Nazionale italiana di pista dimostra che è possibile praticare entrambe le discipline a livelli altissimi: si vedano ad esempio Filippo Ganna e Jonathan Milan in campo maschile e tutte le ragazze del quartetto femminile, capaci di vincere gare internazionali sia su strada e a cronometro che su pista. La preparazione specifica della pista aiuta a migliorare su strada e un buon fondo costruito con gli allenamenti su strada, allo stesso modo, serve ad andare più forte in pista“.
Come ti sei avvicinata al ciclismo e come hanno vissuto i tuoi genitori il tema della sicurezza stradale?
“Ho iniziato a correre all’età di 6 anni seguendo le orme di mio fratello maggiore Matteo, più grande di me di 5 anni; entrambi da piccoli giocavamo a basket e correvamo in bici, poi lui ha scelto di continuare con la pallacanestro e io invece ho optato per il ciclismo, per il quale mi sentivo più adatta. Mio papà è sempre stato il più appassionato di ciclismo tra i miei genitori, quindi è stato soprattutto lui ad accompagnarmi alle gare e a supportarmi nel continuare questo sport. Mia mamma e le mie due nonne, invece, per la loro maggiore natura protettiva sono sempre state molto più preoccupate per i pericoli che il ciclismo comporta (sia per quanto riguarda la sicurezza stradale in allenamento sia le cadute in gara), fino ad arrivare a dire che non ne valesse la pena di continuare a correre. Con il tempo, però, hanno capito che per me il ciclismo è più di un gioco, è ciò che mi rende felice, quindi hanno iniziato a supportarmi, continuando comunque ogni volta a raccomandarmi di essere prudente”.
Nel 2025 il tuo focus resterà la pista oppure inizieremo a vederti con più costanza nelle gare su strada?
“I grandi appuntamenti su pista rimarranno un obiettivo importante come lo sono stati quest’anno, ma sicuramente spero anche di riuscire a fare più gare su strada. L’anno scorso, a causa di alcuni problemi fisici ed infortuni abbastanza seri, ho potuto correre su strada solamente tre mesi da aprile a giugno. Nel 2025 confido di poter avere meno sfortuna da questo punto di vista e sono sicura del fatto che, correndo con più costanza, riuscirò a migliorare ed esprimermi meglio nelle competizioni“.
Sarai ancora nella formazione Development della UAE: confidi anche in qualche apparizione con la prima squadra?
“La squadra ha già annunciato che l’anno prossimo le due formazioni, World Tour e Development, collaboreranno in modo molto più ampio e che, di conseguenza, aumenterà il numero di gare in cui prenderanno il via formazioni miste con alcune atlete della prima squadra ed alcune atlete giovani come me. Questa grandissima opportunità che la squadra offre mi permetterà di correre spesso al fianco di atlete più esperte di me e di imparare molto da loro“.
Quanto si è avvicinato il mondo del ciclismo femminile a quello maschile e cosa manca ancora per colmare definitivamente il gap?
“Negli ultimi anni, il ciclismo femminile si è avvicinato parecchio a quello maschile, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista delle gare disputate e della visibilità. Gli stipendi sono generalmente aumentati e sono stati definiti dei minimi obbligatori per le squadre World Tour che si avvicinano sempre di più a quelli maschili. Il calendario ha visto l’introduzione di nuove gare analoghe a quelle presenti nel programma maschile: pochi anni fa è stato reintrodotto nel calendario il Tour de France Femmes e dal prossimo anno si correrà la Milano Sanremo femminile. Sempre più persone si avvicinano al ciclismo femminile e vanno a vedere le gare; molte nuove aziende si sono interessate a questo sport e sono entrati nell’ambiente ciclistico come sponsor. Penso che non manchi nulla di preciso per colmare definitivamente il gap con il mondo maschile, ma sarà solo il tempo che permetterà di continuare il processo di crescita e cambiamento già in atto“.
Hai un modello di atleta a cui ti ispiri?
“Ci sono molti “fenomeni” indiscussi del ciclismo che piacciono a me e a tanti altri appassionati: Pogacar, van der Poel e van Aert. Se però dovessi scegliere un solo nome, penso che sarebbe Blanka Vas, una ragazza ungherese giovanissima ma già plurivittoriosa in tutte le discipline che pratica: strada, ciclocross e MTB. Al di fuori dell’ambito ciclistico, invece, due atleti che mi piacciono molto per il loro lato umano sono il tennista canadese Felix Auger-Aliassime e il tedesco Yannick Flohé che pratica arrampica sportiva“.