Un caso di maltrattamenti al giorno. E non è ancora finita. Il dato fornito dalla Procura della Repubblica è di 360 iscrizioni: aggiornate al mese di novembre, 355 sono le denunce presentate da altrettante donne e cinque da parte di uomini.
Nessuna zona del territorio bellunese è immune, quando si indaga sulla violenza di genere: fisica, sessuale, psicologica e anche economica.
Un comportamento quest’ultimo, che non sempre provoca clamore mediatico o nell’opinione pubblica e, per questo, a volte non è abbastanza conosciuto e disapprovato dalla gente, ma provoca comunque l’intervento della magistratura.
Il sostituto procuratore facente funzioni Roberta Gallego ne ha parlato in un convegno organizzato da Allianz Bank e Ordine dei Giornalisti, nell’aula magna del liceo Lollino: «I numeri sono molto chiari, tenuto conto del fatto che, delle cinque denunce presentate da o per conto degli uomini, tre sono disabili e due minori. Non escludo che ci sia del sommerso, nel senso che in un uomo può subentrare la vergogna di denunciare dei maltrattamenti da parte della propria moglie o compagna, ma per la stragrande maggioranze sono le donne vittime di una violenza, che può essere anche di carattere economico».
L’articolo 572 del Codice Penale, quello che punisce i maltrattamenti e il 582, che invece si occupa delle lesioni sono tra i più contestati in tribunale: «A differenza degli Stati Uniti, da noi il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale e i nostri numeri descrivono una situazione pesante. Come anticipato, c’è anche la violenza economica: puoi chiedere la separazione o il divorzio dal marito maltrattante, ma c’è il pericolo di non vedere un euro. Qualcuna è venuta a dirmi che l’ho rovinata, anche solo chiedendo una misura cautelare al giudice per le indagini preliminari, ma ho fatto semplicemente il mio dovere. La rovina non è certo la magistratura».
Il processo si svolge, come si dice, nel contraddittorio delle parti. Accusa, difesa ed eventuale parte civile, nel caso la vittima voglia partecipare attivamente al procedimento o chiedere un risarcimento danni: «Capita purtroppo che ci sia anche una quarta parte, cioè quello che dovrebbe limitarsi a fare l’arbitro e a giudicare. Succede che ci siano degli interventi a gamba tesa da parte del giudice, nel momento in cui chiede alla parte offesa: ma in definitiva lei quante volte è stata picchiata? I maltrattamenti non sono solo fisici. Non sono questi gli unici a provocare delle sofferenze in chi deve sopportarli fino a quando non va a denunciarli».
Le indagini non sono semplici, perché la vittima può sempre ritrattare e capita che polizia o carabinieri intervengano, genericamente, per una lite in famiglia: «È normale litigare», osserva Gallego, «capita tra amici e anche tra conviventi, ma i maltrattamenti in famiglia sono un’altra cosa e richiedono un modo più approfondito d’indagare. È successo che una donna volesse portare in tribunale il marito al mattino e, quando si è trattato di sentirla, ci abbia ripensato».