di Alessia de Antoniis
Quando varchiamo la soglia di un museo, tutto ciò che vediamo è per definizione un capolavoro, qualcosa da cui abbiamo solo da imparare. Ma abbiamo mai davvero guardato il volto di Proserpina rapita? Dopo i soggetti religiosi, i più raffigurati sono quelli di donne che hanno subito violenza. Ma il ratto di Proserpina è solo un mito? Con gli occhi di oggi potrei notare l’atto violento che prima non vedevo; con la sensibilità di oggi dovrei riconoscere che si sta mettendo in scena un vero e proprio stupro. La mitologia greca è piena di stupri rappresentati come rapporti normali tra uomini e donne: la cosa interessante di un’opera d’arte è che rimaniamo estasiati dalla sua bellezza e, anche se in un secondo momento comprendiamo che è un atto di stupro o di violenza, questo non inficerà il fascino che quell’opera esercita su di noi.
Per secoli l’arte ha raccontato atti di violenza su donne, opere magnifiche dove le donne soggiacciono alla violenza maschile spesso rappresentata da una divinità. Il mito fondativo della città di Roma è uno stupro di guerra, uno stupro di massa di donne. Perché nessuno ha mai visto il dolore, l’umiliazione, l’abuso di un corpo su un altro corpo? Perché molto spesso, entrando in un museo, non ci viene neanche spiegato il vero significato della scena che stiamo vedendo? Censura e cancel culture è il massimo che sappiamo fare?
Oggi, 25 novembre alle 23:30 su La7 in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, arriva in prima visione Proserpina e le altre – La violenza di genere nell’arte occidentale.
Scritto da Mariangela Barbanente con la collaborazione di Consuelo Lollobrigida, diretto da Mariangela Barbanente e Francesco Masi, Proserpina e le altre è un documentario prodotto da GA&A Productions con il patrocinio di Fondazione Marisa Bellisario.
La storia dell’arte e della letteratura, il cinema e la televisione, hanno riprodotto nel tempo, implicitamente o esplicitamente, modelli e rappresentazioni della violenza perpetrata sul corpo delle donne con una tale disinvoltura da “normalizzare” e rendere irriconoscibili questi atti di violenza. Ma l’arte è un mero specchio della società o contribuisce all’evoluzione del sentimento collettivo?
Dai sarcofagi dell’antica Roma al Tintoretto, da Tiziano a Degas, molti grandi artisti hanno più o meno consapevolmente contribuito a tramandare l’immagine di una donna oggetto del desiderio maschile, desiderio che troppo spesso non accetta rifiuti e diventa stupro. Tante sono le opere d’arte, sculture, dipinti, che raccontano di figure femminili del mito e della storia abusate, violate, rapite: Proserpina, Lucrezia, Susanna e le altre. Ed è come se, sublimata attraverso l’arte, la violenza maschile sul corpo femminile sia diventata una forma di erotismo.
Un viaggio tra epoche, temi e ispirazioni, che incontrerà anche grandi artiste donne – poche, troppo poche – da Artemisia Gentileschi a Frida Kahlo, che con il loro pennello hanno saputo ritrarre con dolorosa partecipazione il corpo femminile violato. Assistendo alle opere provocatorie di artiste contemporanee quali Marina Abramovic o Ana Mendieta avremo l’occasione per riflettere su una nuova consapevolezza che si fa sempre più protagonista nella società contemporanea.
Quello di Proserpina e le altre, è un tema delicato, per la prima volta affrontato nel documentario da un team di esperti di livello internazionale composto principalmente, ma non esclusivamente, da donne, dove la diversità dei punti di vista rappresenta un arricchimento e non un ostacolo.
L’obiettivo non è quello di puntare il dito contro un artista o un movimento artistico in particolare, ma di offrire, nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, uno spunto di riflessione per guardare con occhi nuovi a tanti capolavori di fama mondiale e di fornire gli strumenti per riconoscere la violenza in tutti gli ambiti e in tutte le sue forme.
L'articolo “Proserpina e le altre”: quando l’arte nasconde lo stupro proviene da Globalist.it.