Una scintilla nel buio dell’inconsapevolezza. La percezione è che il femminicidio di Giulia Cecchettin sia stato davvero uno spartiacque rispetto al tema della violenza contro le donne. Proprio nel momento in cui veniva ritrovato il corpo senza vita della giovane uccisa dall’ex fidanzato, il 18 novembre 2023, una sua coetanea friulana, Martina Pitton, era raggiunta da una certezza: «Non sto facendo abbastanza».
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Ecco allora l’idea: contattare quattro amiche, donne con professionalità diverse, e imbastire una collaborazione, per sensibilizzare sui temi della violenza di genere. Nasce così “Don’t call me signorina”, il gruppo di lavoro fondato da Pitton, classe 1997, diplomata al liceo delle scienze umane di Udine, oggi impiegata in azienda, ma con alle spalle studi letterari e pure una collaborazione con questo giornale: a lei si affiancano la ventiseienne Elisa Bicciato, educatrice e pedagogista, Federica Licata, classe 1988, avvocata del foro di Trieste e specializzata in diritti di genere, Beatrice Trambaioli, ventisettenne, grafica e social media manager, e Marta Mattiussi, di 25 anni, con una laurea in relazioni pubbliche e il ruolo di digital strategist.
«Abbiamo messo insieme le forze, per organizzare incontri divulgativi tra Udine e provincia, in cui affrontiamo il tema sotto la lente educativa, legale e linguistica». E il nome? “Non chiamateci signorina” rimanda al rifiuto verso un atteggiamento ricorrente: «Non appellare le professioniste donne con la loro qualifica, ma rivolgersi a loro con un termine generico». Fastidioso, oltre che svalorizzante e sminuente.
In attesa del prossimo appuntamento dal vivo, venerdì 29 novembre alle 20 alla Pescheria vecchia di Marano, l’attività del gruppo continua online, sui canali Instagram e Fb. «Ogni giorno riceviamo tante testimonianze di violenze subite: offriamo consigli, aiuto e solidarietà. Ma serve un profondo cambio di paradigma».