Ottantadue anni, una carriera di lungo corso prima in ospedale e poi come medico di base affiancando all’attività pubblica quella privata come psicoterapeuta. Mai una macchia in tanti anni di lavoro.
Poi d’improvviso arriva la denuncia firmata da una paziente – all’epoca dei fatti 24enne – che lo accusa di averla convinta a spogliarsi completamente durante una seduta, approfittando della sua condizione di fragilità psichica, e a e a subire toccamenti e carezze per un’ora e mezza.
Accusa pesantissima, alla quale il tribunale di Padova ha creduto. Ed è arrivata la condanna a sei anni di carcere per il dottor Antonio Donadini, classe 1942, originario di Possagno nel Trevigiano, con residenza e studio nel Veneziano a San Donà di Piave e un domicilio anche a Limena dove vive parte dell’anno.
Nemmeno l’incensuratezza è valsa a garantirgli la concessione delle attenuanti generiche. I giudici hanno riconosciuto alla vittima, oggi 27enne di Cittadella (difesa dall’avvocata Alessandra Chiantoni), una provvisionale immediatamente esecutiva di 25 mila euro; il resto del risarcimento dovrà eventualmente essere quantificato in un separato giudizio civile.
La condanna era stata chiesta anche dal pubblico ministero Sergio Dini.
L’imputato è sempre stato presente in aula affiancato dalla moglie. Ma non ha mai chiesto di essere interrogato: solo una serie di spontanee dichiarazioni per negare ogni accusa.
«Sono incensurato e nemmeno è stato tenuto conto di questo» commenta, un po’ stravolto, «Non ho mai avuto un’osservazione dal mio Ordine professionale (è tuttora iscritto all’Ordine dei medici di Venezia) in tanti anni di carriera. È tutto molto strano... Mi sono anche chiesto se ci sia dietro a tutto questo un partito politico... Lavoro da una vita, ho fatto il consulente tecnico per tribunali e pretori. So solo che i giudici ci hanno messo pochissimo tempo per decidere». «Leggerò bene le motivazioni che sono state contestuali alla pronuncia e penso che poi faremo appello» osserva il difensore, l’avvocato Carmela Parziale, «Abbiamo sottolineato le dichiarazioni non coerenti della persona offesa. C’è molto da confutare sotto il profilo della sua attendibilità».
Processi difficili quelli per violenza sessuale dove la parola dell’uno è contro la parola dell’altro. Poi contano la coerenza di un racconto, la linearità, la mancanza di contraddizioni. La vittima ha parlato in aula; l’imputato, anche nel corso dell’inchiesta (è da notare che era seguito da altri legali), non si è mai fatto interrogare e, in aula, ha fornito spontanee dichiarazioni senza alcun contraddittorio.
Il dottor Donadini ha uno studio a San Donà in piazza IV Novembre dove ha la residenza ma utilizza pure una stanza del suo appartamento a Limena per ricevere pazienti.
Ed è qui che la ragazza padovana si presenta nel dicembre 2020 per affrontare dei disagi personali: di quell’incontro ricorderà alcune battute a sfondo sessuale.
Sei mesi più tardi, il 19 giugno 2021, nuovo appuntamento nello stesso luogo. E stavolta – è sempre il suo racconto – accade quello che non dovrebbe succedere tra medico e paziente: durante la psicoterapia il medico la convince a spogliarsi del tutto e stendersi nuda sul lettino, poi per un’ora e mezza la tocca nelle parti intime e il seno. «Mi ero fidata» le sue parole.
Dall’incontro esce turbata e decide di cambiare psicoterapeuta. Si affida a un’altra esperta e quest’ultima avrebbe percepito un trauma nella ragazza che, poco alla volta, si apre e racconta l’episodio. A ottobre presenta la denuncia contro Donadini.