Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, noto per le sue posizioni illiberali, omofobe e reazionarie, ha dichiarato che inviterà il suo omologo israeliano, Benjamin Netanyahu, a visitare l’Ungheria in aperta sfida a un mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale (CPI), mentre i leader mondiali si dividono sulla decisione storica della corte.
La massima corte penale mondiale ha emesso giovedì mandati d’arresto per Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e il comandante di Hamas Ibrahim al-Masri, noto come Mohammed Deif, ritenuto deceduto, per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Orbán, il cui Paese detiene la presidenza di turno dell’UE e che in passato ha dichiarato che non avrebbe arrestato il presidente russo Vladimir Putin, anch’egli ricercato dalla CPI, ha definito la decisione della corte “oltraggiosamente sfacciata” e “cinica”.
“Non c’è scelta, dobbiamo sfidare questa decisione… Garantirò a Netanyahu, se verrà in Ungheria, che il giudizio non avrà alcun effetto e che non seguiremo i suoi termini,” ha detto venerdì.
Le nazioni sono divise su come rispondere ai mandati d’arresto, i primi mai emessi dalla CPI contro leader di un paese democratico.
Gli analisti di Eurointelligence hanno commentato:
“Per noi europei, questo mandato pone un vero dilemma tra il diritto internazionale, che è il nostro diritto, e la nostra politica estera, soprattutto per quegli stati membri che sostengono incondizionatamente Israele.”
In linea di principio, Netanyahu e Gallant rischierebbero l’arresto se si recassero in uno dei 124 stati membri della CPI, tra cui le nazioni dell’UE, il Regno Unito, il Canada, l’Australia, il Brasile, il Giappone e decine di paesi in Africa, America Latina e Asia-Pacifico.
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