Un centinaio di pazienti in più per ogni medico di famiglia della provincia di Treviso. Il tutto, nell’arco di tre anni. Colpa di cessazioni e pensionamenti che non sono stati coperti con altrettante sostituzioni a causa della carenza di professionisti e di una crescente mobilità.
Una sofferenza che è andata acuendosi e che viene certificata dai numeri contenuti nell’atto aziendale dell’Ulss 2, il programma che disegna l’andamento, l’organizzazione e il funzionamento dei servizi, compresa la medicina primaria. Ebbene, se nel 2019 erano complessivamente operativi nella Marca 634 fra curanti e pediatri di libera scelta, nell’ultimo atto aziendale con riferimento al marzo 2022, i professionisti sono scesi a 577.
Cinquantasette in meno rispetto al dato di partenza. Una situazione che si trascina ancora oggi. Per converso, i colleghi che sono rimasti operativi sono passati con l’avere 1.400 mutuati ad averne 1.518 in media: 118 pazienti in più.
«Dopo la pandemia del Covid abbiamo effettivamente perso qualche medico, ma abbiamo anche cercato di recuperare il saldo negativo e ci siamo in parte riusciti» afferma il direttore generale dell’Ulss 2 Francesco Benazzi guardando soprattutto a quel che accade durate il secondo semestre di ogni anno, quando si riescono a individuare giovani professionisti in formazione da inserire con incarichi a tempo e un tetto massimo di 1.200 mutuati. Un modo per distribuire l’utenza alle prese con la ricerca di un nuovo curante e per arginare l’emergenza.
Di fronte alla penuria di camici bianchi, il calo demografico è un altro fattore da considerare. Nel 2019 si contavano 887.806 abitanti nel Trevigiano, che nel 2022 sono scesi a 876.115 (pari a 11.691 in meno). Nonostante questo, la diminuzione del personale medico non è stata proporzionale, bensì sbilanciata rispetto al reale fabbisogno dei pazienti.
Anche sulla tipologia di questi ultimi va fatta una riflessione rispetto a longevità e invecchiamento. Oggi un trevigiano su cinque ha più di 64 anni e tra un decennio la popolazione “over” raggiungerà quota 300 mila. Da qui al 2030 i bisogni di cura e assistenza degli anziani saranno più che raddoppiati e richiederanno al sistema sociosanitario uno sforzo enorme in termini di risorse economiche e approcci per affrontare fragilità e patologie croniche.
Non basteranno le 54 Rsa odierne che accogliendo oltre 5.400 utenti, né le 20 mila badanti attuali che accudiscono altrettanti anziani. La medicina primaria sarà sempre più un cardine fondamentale a garanzia della salute pubblica.
«A livello locale siamo costantemente impegnati nel monitoraggio della medicina di famiglia, dialoghiamo con i sindaci e siamo attenti ai bisogni dei cittadini» continua il dg Benazzi.
Per questo, negli ultimi tempi sono state incentivate le aggregazioni di medici e la telemedicina. Sette curanti su otto sono ormai consorziati operando in rete oppure all’interno di uno stesso poliambulatorio. Per chi ha un numero elevato di utenti viene data la possibilità di avere un infermiere e delle agevolazioni per la segretaria.
Intanto, oltre duemila cittadini della Marca con patologie croniche vengono già controllati a distanza con app e sensori in grado di leggere i sintomi, facilitare le diagnosi o il follow up, allertando lo specialista o il medico di base a seconda della problematica. Una strada tracciata e pronta ad esser potenziata. Recente è l’investimento di oltre 200 mila euro, messi a disposizione dal Pnrr, grazie al quale l’azienda sanitaria ha predisposto l’acquisto di 1.500 apparecchi, tra i quali smartwatch per il controllo a distanza dei parametri vitali e software per la tele-riabilitazione a domicilio.