L’Italia rafforza i rapporti con l’Argentina. Giorgia Meloni è infatti stata ricevuta da Javier Milei alla Casa Rosada. E, nell’occasione, il presidente argentino ha invocato una coalizione di nazioni libere.
“Tutte le nazioni che hanno obiettivi comuni possono lavorare insieme, collaborando”, ha detto. “Non solo Italia e Argentina, ma anche altri Paesi del mondo libero che condividono nostri valori. Un'alleanza di nazioni libere unite contro la tirannia e la miseria”, ha proseguito, per poi concludere: “Occorre che difendiamo la libertà. Anche se siamo pochi, facciamo luce e apriamo il cammino, perché, come dico sempre, la vittoria e la guerra non dipendono dalla quantità dei soldati, ma dalla forza che viene dal cielo”. “Quella tra me e il presidente Milei è anche una condivisione politica, e la condivisione politica tra due leader che si battono per difendere l'identità dell'Occidente, i punti cardine della sua civiltà, la libertà e l'uguaglianza delle persone, la democraticità dei sistemi, la sovranità delle nazioni”, ha affermato la Meloni. Ricordiamo che sia il nostro presidente del Consiglio sia Milei hanno assestato un duro colpo alla Repubblica popolare cinese: la Meloni non ha rinnovato il controverso memorandum sulla Nuova via della Seta, mentre il leader argentino ha bloccato l’adesione di Buenos Aires ai Brics.
Già gran parte della stampa sta dicendo che Milei, nel suo incontro con l’inquilina di Palazzo Chigi, avrebbe invocato una “internazionale sovranista”: espressione che ogni tanto riemerge, con connotazione evidentemente dispregiativa, e risalente ai tempi di Steve Bannon. In realtà, stavolta la situazione è un po’ più complessa.
Il presidente argentino è uno stretto alleato di Donald Trump. Quel Trump che, già durante l'ultima campagna elettorale, ha tessuto rapporti con vari leader internazionali: dal premier ungherese Viktor Orban al presidente polacco Andrzej Duda, passando per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e per il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman. Non solo. Trump gioca storicamente di sponda anche con Nigel Farage e intrattiene legami con alcuni pezzi dei Tory britannici. Inoltre, al di là di Milei, ha buoni rapporti anche con la stessa Meloni, che vanta a sua volta significativi legami con quell’Elon Musk che si avvia a rivelarsi una figura chiave nella nascente amministrazione statunitense.
Insomma, quella che va delineandosi non è un’“internazionale sovranista” ma una rete di capi di Stato e di governo che, tessuta nel tempo da Trump, ha come chiaro obiettivo quello di formulare una linea politica alternativa al progressismo. In questo senso, la sponda con Milei è utile alla Meloni per rafforzare i propri rapporti con il presidente americano in pectore. Uno scenario, questo, che potrebbe consolidare il ruolo di Roma non soltanto in seno all’Unione europea ma anche nel Mediterraneo.
Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz sono infatti sempre più deboli dal punto di vista politico, mentre il ritorno di Trump alla Casa Bianca offre maggiori margini di manovra a Ecr e Patrioti. Dall’altra parte, Trump, giocando di sponda con Netanyahu e bin Salman, punta a ripristinare la logica degli Accordi di Abramo: accordi che potrebbero essere estesi anche al Maghreb. Una simile eventualità renderebbe centrale la Meloni che, soprattutto nell’ambito del Piano Mattei, potrebbe assumere un importante ruolo di mediazione diplomatica.