Il ferro lì lo battevano gli etruschi con in faccia l’Elba. Questa è una storia di mille e mille anni fatta di mare, di coraggio, di fatica. Che oggi fa un tornante: Piombino si scopre di nuovo capitale dell’acciaio. Nella cittadina nell’estrema provincia meridionale di Livorno che conta poco più di 32 mila abitanti vengono cambiati e rilanciati gli stabilimenti siderurgici con un accordo tra Metinvest Adria - joint venture tra Danieli e gli ucraini di Metinvest - e Jsw Steel Italy, la filiazione del gruppo siderurgico indiano da 14 miliardi di dollari. L’investimento sarà colossale - si parla di due miliardi di euro - per produrre acciaio pulito qui dove nel 1897 nacque l’Italsider incorporando anche l’Ilva. Oggi Piombino sperimenta positivamente la coesistenza tra fabbrica e turismo e incassa una sorta risarcimento dopo la «violenza» del rigassificatore. «È stata la determinazione dei miei cittadini a renderlo possibile» scandisce con sincero orgoglio Francesco Ferrari, sindaco di Fratelli d’Italia riconfermato a giugno in quella che fu una delle città più comuniste d’Occidente. «Abbiamo detto no al rigassificatore, attraccato nel nostro porto dopo la crisi energetica del 2022, perché per decenni abbiamo sofferto l’inquinamento, perché vogliamo un futuro diverso, perché non vogliano vivere nella paura». La nave gasiera è in porto, ma una settimana fa sul golfo di Follonica sono state abbattute le due ciminiere alte una cinquantina di metri della centrale a petrolio dell’Enel che svettavano sulla città. «È il segno del cambiamento» dice Ferrari, ribattezzato l’«avvocato del popolo» per la sua professione, ma anche per quella professione di fede fatta nella battaglia sul rigassificatore: mai più violenza al territorio.
Questo accordo è una vittoria o uno stato di necessità?
È un successo che si deve alla determinazione della gente di Piombino che voleva un futuro certo, ma diverso dal passato. Ci siamo riusciti con un lavoro di mesi e mesi grazie all’impegno del governo e in particolare del ministro Adolfo Urso. Per la prima volta un governo ci ha ascoltato ed è stato vicino alla città. Sono felice che Piombino torni a essere un punto di riferimento della siderurgia italiana e internazionale, che riconquisti quel lustro industriale che ha sempre avuto. Era un obiettivo mio personale per rilanciare la città dopo anni di crisi. Dal 2014 c’è la cassa integrazione e l’indotto è stato di fatto azzerato. Ora si vedono nuove prospettive. L’investimento è colossale: Metinvest costruirà due forni elettrici per produrre laminati piani - e qui c’è anche la Magona che ha bisogno di questo prodotto - Jws continuerà a realizzare rotaie: laminati lunghi. Sono due prodotti indispensabili e con mercato garantito.
Sindaco, lei ai tempi del rigassificatore poneva sempre l’obiezione: basta inquinamento a Piombino. E ora?
Abbiamo avuto partita vinta. Gli impianti saranno lontani dalla città, abbiamo ottenuto che vengano bonificate le vecchie aree siderurgiche che saranno convertite a spazi pubblici, abbiamo la garanzia che le nuove lavorazioni saranno a bassissimo impatto ambientale. Piombino diventa l’esempio che si può avere sviluppo industriale e salvaguarda ambientale. Quando ero ragazzo a Piombino c’era lo «spolverino»: tutto aveva il color ruggine e c’era una continua separazione tra chi lavorava in fabbrica e difendeva il salario anche a costo della salute e chi, per esempio i commercianti, o i giovani, immaginava uno sviluppo diverso. Si viveva in case affacciate sugli altiforni. Oggi da quei balconi si vede il mare, ma la fabbrica torna a pulsare.
Questa vicenda è un esempio anche per l’ex Ilva di Taranto?
Non ho questa presunzione e poi, diciamolo con franchezza, le proporzioni sono diverse. Tuttavia è evidente che si può percorrere la strada dell’acciaio pulito, materiale di cui non si può fare a meno se si vuole assicurare sviluppo industriale al Paese. E si può con la determinazione dei cittadini e un’unità d’intenti, salvaguardare la salute e la vivibilità della città. Credo che da questo punto di vista la battaglia sul rigassificatore abbia cementato la volontà della città di difendere se stessa, il proprio territorio. In quella battaglia non c’è stata sinistra e destra, una categoria contro l’altra: c’è stata la comune volontà di rivendicare la tutela della propria identità e uno sviluppo possibile. Quella battaglia ha fatto emergere nella popolazione la consapevolezza del pregio del nostro territorio, ha fatto riscoprire le nostre antiche origini, la densità della nostra storia, i valori fondanti della nostra comunità. L’accordo industriale di questi giorni è la traduzione in positivo di quella volontà.
Dica la verità: lei si sente un «verde» di destra?
Sono un sindaco che pensa al bene dei suoi cittadini e prova a difenderlo.
Ai tempi della mobilitazione contro la nave che rigassifica il metano ha rivendicato la vocazione turistica di Piombino. La nave è in porto e che accade con il turismo?
Il turismo c’è: abbiamo superato il milione di presenze, siamo entrati nel G-20 turistico. L’abbattimento delle ciminiere dell’Enel per fare posto a un importante polo di sviluppo del settore dimostrano che questa vocazione economica fa parte del patrimonio di Piombino. Non è la sola perché l’anima industriale della città è ultramillenaria e il polo siderurgico farà da volano per un significativo indotto. Noi però vogliamo che il turismo sia la valorizzazione completa e compiuta del territorio, della nostra storia. Per decenni abbiamo avuto un turismo di passaggio, ma noi sappiamo che il nostro è una zona di enorme valore e vogliamo offrirlo al visitatore come manifestazione della nostra identità, puntando alla massima qualità e alla tutela più alta possibile del nostro ambiente. Per questo il rigassificatore non c’entra nulla con noi.
Ma la nave Italis LNG è comunque in porto senza che sia successo nulla...
La nave nel 2026 salperà, leverà gli ormeggi, statene certi. L’autorizzazione scade in quell’anno e al 2026 il Tar del Lazio ha fissato la fine delle attività del rigassificatore. Il nostro futuro da oggi è altro: è restituire a Piombino la centralità che merita e la prosperità che anni di crisi del sistema industriale hanno fiaccato.
Sindaco, ma come ha fatto lei di destra a farsi eleggere e rieleggere a Piombino, che è una delle città più rosse d’Occidente?
Quando mi hanno eletto la prima volta c’erano giovani che mi incontravano dicendomi: t’ho votato, ma se lo sa «ir mì nonno si rigira nella tomba»; credo che i cittadini si siano accorti che io da destra volevo rappresentare quelle istanze di salvaguardia del territorio che la sinistra non portava più avanti. Per la sinistra la tutela ambientale, per esempio, era una bandiera logora. Ho rovesciato alcuni luoghi comuni come quello che la destra non si preoccupa degli operai. La rielezione invece penso sia dovuta al fatto che Piombino si è resa consapevole del suo desiderio di riscatto e ha capito che per migliorare le condizioni di vita di ognuno e dare futuro alla città serve un grande cambiamento. Lo stiamo costruendo, magari anche con l’acciaio.