La Procura di Trieste ha chiesto il processo per cinque No Green pass che tre anni fa avevano preso parte alla manifestazione tra Capo di piazza Bartoli e piazza della Borsa culminata con scontri e aggressioni alle forze dell’ordine.
Era la sera del 6 novembre 2021: dopo giorni di blocco portuale a Trieste, le proteste si erano concentrate in piazza Unità con raduni e bivacchi, tanto che la Prefettura a un certo punto aveva emesso un’ordinanza di divieto di accesso.
Quella sera era stato organizzato un corteo, l’ennesimo di quel periodo infuocato, che avrebbe dovuto concludersi in piazza Oberdan. Ma circa seicento persone, aizzate da uno dei capi popolo della manifestazione, avevano deciso di assediare piazza Unità tentando di sfondare le barriere e il muro di agenti e militari. I tentativi di mediazione non erano serviti a niente. Dopo due ore di stallo i Carabinieri avevano occupato piazza della Borsa entrando da un altro lato, mentre la Polizia aveva iniziato ad avanzare lentamente dal cordone di Capo di piazza. Ma i manifestanti avevano opposto esistenza. C’era stata una carica. E poi un’altra ancora tra i tavolini dei bar.
A distanza di tre anni da quei fatti, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per la quarantasettenne triestina Jenny Hager, per il cinquantacinquenne triestino Raffaello Materozzoli, per il ventinovenne goriziano Giulio Munarin, per il sessantatreenne triestino Darko Jermanis (a processo anche per i post offensivi nei confronti del presidente della Repubblica) e per il quarantenne triestino Marco Negrini.
Hager, ritenuta una delle promotrici del corteo, stando alle accuse non avrebbe rispettato le prescrizioni disposte dal questore, in particolare sulla necessaria presenza di personale addetto al controllo del rispetto delle misure anti Covid allora vigenti (distanziamento, mascherina, steward in pettorina). In effetti nel corso del corteo la gente si era assembrata, tanti senza coprirsi mai naso e bocca. E gli addetti in pettorina gialla non avevano eseguito controlli. Le prescrizioni della Questura erano state perlopiù ignorate.
Altri imputati devono rispondere di alcuni atti violenti – fin qui presunti – avvenuti quella sera. È il caso di Materozzoli: il cinquantacinquenne avrebbe prima afferrato una transenna con l’intenzione di lanciarla contro le forze dell’ordine, poi avrebbe scagliato verso di loro la sedia di un bar. L’uomo è accusato inoltre di aver aggredito un funzionario della Digos. Si sarebbe inoltre divincolato da un altro funzionario che cercava di fermarlo. L’agente era caduto a terra ed era stato colpito con pugni e calci da altri manifestanti rimasti ignoti.
Le indagini hanno anche individuato la persona ritenuta responsabile dell’aggressione all’allora dirigente della Digos di Trieste Fabio Zampaglione: si tratta del quarantenne triestino Negrini. Stando all’imputazione avrebbe colpito il funzionario della Questura con pugni e calci anche quando quest’ultimo era caduto per terra. L’aggressione sarebbe avvenuta in concorso con altri manifestanti non identificati. I video documentano l’episodio. Meno pesante, invece, la posizione del ventinovenne goriziano Munarin: non avrebbe ottemperato a un ordine più volte ripetuto da un agente della Digos che lo sollecitava – per ragioni di sicurezza – ad alzarsi e spostarsi dalla carreggiata di via Coroneo. Il giovane si era seduto sulle strisce pedonali. Jermanis, infine, è chiamato a rispondere di oltraggio a pubblico ufficiale.
L’udienza davanti al gup Luigi Dainotti è fissata per metà febbraio. —
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