L’Italia femminile ritorna sul tetto del mondo undici anni dopo l’ultima volta: per la quinta edizione nella storia della competizione femminile per nazioni – prima Fed Cup, adesso Billie Jean King Cup – le ragazze del tennis azzurro si laureano campionesse del mondo. Un percorso lunghissimo, partito sette anni fa dalla profonda depressione della retrocessione in Serie C. Era il 2017, lo spareggio con la Slovacchia segnò gli esordi di Tathiana Garbin, Jasmine Paolini e Martina Trevisan.
Ebbene, in una perfetta sceneggiatura il cerchio non poteva che chiudersi proprio contro quella nazionale che rappresentò il punto più basso della recente storia del tennis italico al femminile. Dal quel giorno buio a Forlì, Tathiana – succeduta al capitanato di Barazzutti, lungo 14 anni – si è rimboccata le mani e pian piano assieme a tutto lo staff federale ha ricostruito e ricompattato un gruppo dalle macerie: in quell’occasione si assistette ad una sorta di passaggio di consegne, dato che parallelamente ai debutti sopracitati ci fu anche l’ultima presenza in maglia azzurra della Leonessa Francesca Schiavone.
La finale del 2023 era stato il preavviso di come qualcosa fosse realmente cambiato. Quest’anno una Jasmine straordinaria – ed instancabile, 113 match disputati in stagione tra singolare e doppio – issatasi nella top5 mondiale, con due finali Slam e un titolo 1000 all’attivo, più l’aggiunta del ritorno di Sara Errani (diventata con 28 vittorie la tennista italiana più vincente di sempre in maglia azzurra sorpassando Schiavone a quota 27) dopo 5 anni di lontananza dalla nazionale, sono stati infine gli ingredienti mancati per raggiungere il trionfo. Non a caso, le azzurre si sono presentate a Malaga con la seconda miglior singolarista della fase finale e con il miglior doppio in assoluto. Una coppia che appena 3 mesi fa si metteva al collo l’oro olimpico a Parigi e che nella stagione appena conclusa ha trionfato al Foro Italico, ha disputato una finale Major al Roland Garros e si è qualificata per le WTA Finals di Riyad.
L’Italia con il successo del 2024, aggancia nell’albo d’oro della Billie Jean King Cup – considerando anche le edizioni con la precedente denominazione – Spagna e Russia diventando così la quarta Nazione con più titoli dalla nascita della competizione nel 1963: dietro solamente ad Australia (7 titoli), Repubblica Ceca (11 titoli) e Stati Uniti (18 titoli).
Pe onorare al meglio Jasmine Paolini, Elisabetta Cocciaretto, Lucia Bronzetti, Martina Trevisan e Sara Errani abbiamo pensato di fare un salto a ritroso nel tempo e ripercorrere i 4 successi diventati leggenda, che sono stati il risultato di una generazione fenomenale di memorabili campionesse.
Il primo immaginifico sentiero verso l’Olimpo mondiale vide fare parte del gruppo, nonostante non presero parte alla finale e non disputarono neppure un singolo match a punteggio acquisito, anche Romina Oprandi e Tathiana Garbin.
Dopo aver eliminato nettamente nei quarti di finale per 4-1 la Francia dell’allora numero uno mondiale Amélie Mauresmo e di Nathalie Dechy e in semifinale la Spagna di Anabel Medina Garrigues e Lourdes Dominguez Lino col punteggio di 3-1, la prima grande impresa di quel ciclo di conquiste fu la finale che si disputò in trasferta in Belgio a Charleroi.
La sfida appare proibitiva, dall’altra parte della rete c’è la numero uno del mondo Justine Henin che infatti tiene fede al suo status vincendo i suoi singolari contro Flavia Pennetta e Francesca Schiavone, sconfitte in entrambi i casi con il medesimo score (6-4 7-5). Ma l’Italia, sfruttando a pieno l’assenza di Kim Clijsters, riesce a portare a casa il primo e il quarto singolare ossia gli incontri con la numero 2 belga Kirsten Flipkens: battuta 6-1 6-3 da Schiavone e soprattutto in rimonta in svantaggio 2-1 da Mara Santangelo per (4)6-7 6-3 6-0. Così per la prima volta in quell’edizione, le azzurre devono giocarsi la vittoria del tie al doppio decisivo. Iniziano meglio le belghe ma alla fine con l’andare del match, Schiavone e Vinci spezzano la resistenza di Flipkens e Henin che dopo aver vinto il primo set 6-3 ad inizio terzo, già sotto di un break, si ritirano sfiancate dalle fatiche dei singolari. L’Italia diviene così la prima nazionale della storia a conquistare il titolo vincendo i tre 3 incontri del World Group sempre in trasferta.
Scritta un’incredibile pagina di storia della manifestazione tre anni prima, nel 2009 è ancora la Francia ha scandire il nostro cammino. Sempre ai quarti, sempre in trasferta: si vola a Orleans e quel confronto viene ricordato in particolar modo per la splendida rimonta di Pennetta ai danni di Mauresmo nel primissimo singolare.
Una partita ad altissima tensione emotiva – celeberrimo il dito medio mostrato da Flavia al giudice di sedia reo, a suo dire, di averle chiamato fuori un passante di rovescio ritenuto da lei buono. Il capitano francese Nicolas Escudé presenta un reclamo formale contro il comportamento della brindisina, ma il tentativo è vano. Alla fine a gioire è Flavia, che vince 2-6 7-6(8) 6-4. Anche il secondo rubber non è da meno in quanto a pathos: Schiavone esce trionfante da un match al cardiopalma per 6-1 2-6 8-6. Così la pugliese e la Leonessa milanese metteranno in cassaforte la qualificazione alle semifinali.
Penultimo atto che vede invece l’Italia prendersi la rivincita sulla Russia, che nel 2007 aveva frantumato il sogno azzurro della doppietta in trasferta: Flavia e Francesca gestiscono l’ira agonistica di Cakvetadze, Kuznetsova e Pavlyuchenkova. Giunti alla finale, la formazione di Barazzutti ospita gli Stati Uniti a Reggio Calabria: il weekend si rivela una mera passeggiata per le “nostre”, complici i forfait delle sorelle Williams.
Il terzo sigillo si materializza la stagione successiva: le azzurre per la prima volta si riconfermano campionesse mondiali, sbarazzandosi abbastanza facilmente di Ucraina e Repubblica Ceca. A Kharkiv, la squadra di casa guidata dalle sorelle Bondarenko viene regolata 4-1 con l’Italia che dopo aver perso il primo match – Alona Bondarenko vittoriosa su Schiavone – va via liscia senza problemi. Anche la successiva semifinale è di fatto una formalità. Le ceche – ancora lontane dalla quella macchina imbattibile che avrebbe dominato per un decennio, dal 2011 al 2018 in 8 edizioni 6 volte hanno alzato la coppa – avevano già rischiato di essere eliminate nei quarti, superando a fatica la Germania per 3-2 e difatti non c’è partita. Le ragazze italiane, sempre capitanate da Corrado, dominano 5-0 in un Foro Italico vestito a festa senza perdere neppure un set nei cinque incontri.
Nell’ultimo atto si ritrovano nuovamente ad affrontare gli Stati Uniti, questa volta siamo noi ad andare aldilà dell’oceano. Il risultato però è lo stesso del 2009, a San Diego la superiorità italica emerge senza discussioni: le statunitensi erano già riuscite nel difficile compito di avere la meglio in semifinale contro la temibile Russia di Elena Dementeva – che pure vinse i suoi singolari – nonostante fossero di nuovo prive di Serena e Venus. Ma in finale Coco Vandeweghe, Bethanie Mattek-Sands e Melanie Oudin – l’unica comunque a regalare un punto agli States, vincendo 6-3 6-1 su Francesca nel 3° singolare – nulla poterono per opporsi a Schiavone e Pennetta. Sarà Flavia a consegnare il punto decisivo lasciando appena 3 game a CoCo.
Il poker arriva tre anni dopo l’ultima meraviglia ed è quello che più di tutti inaugura in un certo senso anche una nuova era, un cambio di gerarchie all’interno del gruppo. Perché se fino ad allora le grandi protagoniste erano state Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, in quel magico 2013 le assolute trascinatrici dell’Italia di Barazza furono Sara Errani e Roberta Vinci. Il cammino parte a Rimini contro gli Stati Uniti che vanno vicinissime allo scherzetto con Varvara Lepchenko in grado di battere sia Sara sia Roberta. Tuttavia le “cichis” non demordono, pareggiano i conti dimostrandosi più forti della seconda singolarista Jamie Hampton e poi sul 2-2 annichiliscono Huber/Lepchenko con un magistrale doppio 6-2. Abbiamo la coppia più forte del mondo, nel 2012 – loro stagione di grazia. Vinci aveva raggiunto la vetta della classifica, Errani ci sarebbe riuscita a maggio 2013 – avevano conquistato Roland Garros e US Open. Ad inizio di quella stagione si tolsero invece la soddisfazione di inaugurare l’anno trionfando a Melbourne, la concluderanno con il titolo a squadre e con uno strepitoso record della tarantina: 18 vittorie consecutive in nazionale, all’epoca la striscia più lunga di sempre mai realizzata nella manifestazione.
Si giunge così alla semifinale, che l’Italia può disputare ancora in casa a Palermo. La grande protagonista di quelle due giorni siciliana fu Roberta Vinci che dopo aver battuto 6-4 6-1 Petra Kvitova nel secondo singolare, superò Lucia Safarova nel quarto e decisivo incontro – rimandato al lunedì, causa pioggia – con una strepitosa performance per 6-3 (2)6-7 6-3 rimontando da 3-1 nel parziale finale.
Ecco così che va in scena la quarta finale in 8 anni di quello splendido gruppo di donne – prima ancora che tenniste – eccezionali. È la 50esima finale della Fed Cup, il teatro di scontro è il Tennis Club Cagliari: di fronte c’è la Russia, sconfitta nella semifinale del 2009 ma vittoriosa nella finale del 2007, senza le sue stelle con sole giocatrici fuori dalle prime 120, ma non per questo però meno agguerrita.
A testimoniare ciò è il match che inaugura la contesa: Aleksandra Panova mette in serissima difficoltà Roberta Vinci, che deve salvare 4 match point prima di esultare in un’atmosfera ribollente di tifo al termine di oltre 3 ore di lotta. Una vittoria così sofferta nel primo match, con l’Italia già ampiamente favorita, provocò scoramento nel team rivale consapevole di aver mancato una chance gigantesca. Al contrario, il gruppo azzurro si compattò ulteriormente permettendo ad Errani di scendere in campo molto più leggera e di poter perciò liquidare Irina Chromaceva perdendo soli 4 giochi. All’indomani è proprio Sarita a mettere il punto esclamativo infliggendo un doppio 6-1 ad Alisa Klejbanova, preferita a Panova da Capitan Tarpishev.
Così quel meraviglioso ciclo aperto in Belgio scrive la parola The End sul Monte Urpinu. Le uniche sempre presenti in tutte e 5 le finali furono Pennetta e Vinci. Il colpo di coda di quella fantastica generazione si materializzò nel 2014 con la semifinale persa dalla Repubblica Ceca. Poi il declino, fuori al primo turno sia nel 2015 che nel 2016 prima della doppia retrocessione e soprattutto prima della risalita e dello straordinario trionfo di quest’anno.