Le suggestioni della natura, le luci del mattino e le ombre del tramonto, le emozioni dell’artista nella sua casa di campagna divenuto il suo eremo, che emanano da ogni pennellata e da qualunque soggetto affrontato su tela, a partire dalle celebri ninfee, animano una partenza col botto, pur senza record, le grandi aste autunnali di New York: il dipinto Nymphéas, realizzato tra il 1914 e il 1917 dal pittore francese Claude Monet (1840-1926) nel suo giardino a Giverny, è stato venduto ieri sera all’asta di Sotheby’s per 59 milioni di dollari (65,5 milioni di dollari con le commissioni).
La grande tela (175 x 135.4 cm) di Monet, che aveva una garanzia della casa d’aste, con una stima ipotizzata intorno a 60 milioni di dollari, è stata al centro di un’accesa gara durata quasi 17 minuti. Sono state presentate 34 offerte da parte del responsabile delle aste di Sotheby’s Scott Niichel, del vicepresidente Simon Shaw e del vicepresidente per l’Asia Jen Hua. Dopo un lungo tira e molla, Hua si è assicurata l’offerta vincente per un cliente asiatico al telefono. «Dobbiamo andare avanti», ha detto Barker tra le risate della sala. «Ci sono altri lotti e altri venditori».
Il record per la celeberrima serie delle ninfee del maestro impressionista resta saldo, pertanto, quello raggiunto da Nymphéas en fleur, venduto da Christie’s a New York nel maggio 2018 per 84,6 milioni di dollari, fino ad allora presente nella collezione del banchiere David Rockefeller e di sua moglie Peggy. Il quadro Nymphéas da 65,5 milioni di dollari faceva parte della collezione di Sydell Miller, pioniera dell’industria della bellezza, scomparsa nel febbraio scorso all’età di 86 anni: i 25 lotti – segnala l’Adnkronos nel suo servizio – hanno generato quasi 216 milioni di dollari con le commissioni.
Nymphéas, ha spiegato un portavoce di Sotheby’s, è «il precursore di una serie specifica di ninfee caratterizzate da sfondi più elaborati. Con i riflessi sfumati degli alberi lungo la riva opposta dello stagno. È proprio grazie al modo in cui Monet utilizza lo stagno come strumento tecnico per sfumare il confine tra reale e riflesso che l’opera assume un’inflessione decisamente moderna. Con il suo ritaglio ravvicinato. E l’effetto pittorico di tutto punto, l’opera segna anche una radicale e precoce incursione nell’astrazione. Un’ispezione estetica che si sarebbe rivelata un decisivo passo avanti stilistico per gli Espressionisti astratti che – scrive Adnkronos – seguendo le orme di Monet, sarebbero arrivati a trasformare l’idioma dell’arte moderna trent’anni dopo.
La Statuaire (1925) di Pablo Picasso – ritratto di donna seduta di fronte a un busto a grandezza naturale che a sua volta si trova su un piedistallo. E, come la donna, fissa profondamente l’osservatore, è stata la successiva opera più costosa della collezione di Sydell Miller. Che i battitori hanno messo all’asta e venduto a 22,5 milioni di dollari, ovvero 24,8 milioni di dollari con le commissioni. La terza opera più costosa della collezione Miller è invece Ovale bianco di Wassily Kandinsky (1921), aggiudicato per 19,1 milioni di dollari, o 21,6 milioni di dollari con le commissioni.
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