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TC Rungg, il vivaio che vince. Valerio Gasbarri: “È stato ripagato il nostro lavoro partito tanti anni fa” [ESCLUSIVA]

Il lavoro con i giovani è senza dubbio la chiave del successo di un circolo sportivo. In Alto Adige troviamo un circolo che grazie a questo lavoro e alla cura del vivaio da anni è un punto di riferimento dei campionati a squadre sia al maschile sia al femminile. Stiamo parlando del TC Rungg.
Il Tennis Club Rungg, situato ad Appiano in Alto Adige, è uno dei club di tennis più grandi e di maggior successo della regione. Fondato nel 1980, il club in questo 2024 ha raggiunto i play off scudetto con entrambe le squadre il TC Rungg Sudtirol Yogurteria al maschile e il TC Rungg Sudtirol Kiku al femminile. Un risulrato ottenuto valorizzando i giocatori cresciuti nel proprio circolo.
Della straordinaria stagione delle squadre ma anche della filosofia che guida il lavoro del circolo altoatesino ne abbiamo parlato, prima dei play-off, con Valerio Gasbarri, maestro nazionale e direttore organizzativo del TC Rungg.

D: La fase a gironi si è conclusa con un fantastico risultato. Eravate uno dei pochi circoli ad avere una squadra in serie A1 femminile e una squadra in serie A1 maschile. Siete riusciti ad ottenere la semifinale con entrambe le squadre. Quanto è grande la soddisfazione per questo obiettivo?

Tanta, anche perché all’inizio abbiamo avuto subito delle enormi difficoltà. Per quanto riguarda la squadra maschile non siamo mai riusciti a schierare il nostro miglior giocatore, Stefano Napolitano. Per quanto riguarda quella femminile, abbiamo una squadra che ha dovuto fronteggiare diversi problemi fisici, soprattutto le due ragazze del vivaio. La Pfeiffer si è dovuta fermare dopo la trasferta di Cagliari, non ce l’ha fatta più perché aveva male al polso. Quando è tornata da Punta Cana (in Repubblica Dominicana, ndr) nel mese di settembre aveva già un problema al polso, ha dovuto praticamente stringere i denti, ha giocato tutte le partite sopportando il dolore. Anche la Meliss ha avuto un problema fisico, stavolta al piede, una fascite plantare. Un problema un po’ meno grave di quello della Pfeiffer, però entrambe hanno dovuto stringere i denti. Con due vivai, tutti e due acciaccati, siamo riusciti a centrare i play-off. Siamo contenti anche perché spesso entrambe hanno giocato il singolare e la Meliss è sempre scesa in campo in doppio.

D: Il vivaio è stato il motore di questa qualificazione da parte di entrambe le squadre. Come dicevi al femminile voi avete schierato due vivai Meliss e Pfeiffer in singolare, ed è una cosa che non si vede molto spesso. Lo stesso discorso vale per il maschile dove, oltre a Weis e Figl che hanno giocato quasi sempre in singolare e doppio, c’era anche la presenza di Brzezinski, Rieder e nell’ultima giornata ha esordito Toffanin. Come valuti l’esordio dell’ultimo arrivato?

Al femminile, altri circoli hanno un solo vivaio di livello e lo schierano sia in singolo sia in doppio, noi in due giornate su sei abbiamo giocato con entrambe le nostre ragazze in singolare e non è da tutti. Per quanto riguarda l’ultima giornata della fase a gironi, una partita fondamentale per i play-off che ha deciso la qualificazione, abbiamo giocato con tre quarti della squadra provenienti dal vivaio. Weis, Figl e Toffanin in singolare più il numero 1 Santiago Taverna, che si allena qui da noi. Tre quarti della squadra provenienti dal vivaio per lottare ai play-off non è stato male, abbiamo anche vinto quindi siamo veramente contenti. Per quanto riguarda Toffanin, è stato bravo. Ho fatto da capitano nella sua partita ed ero molto preoccupato. Secondo me era più forte del suo avversario, però il suo avversario veniva da 2/3 anni di esperienza nel campionato, giocando sempre per Sassuolo da vivaio. Quindi era abituato a queste partite, ne ha giocate tante e quest’anno 5 su 5. Per lui era la prima. Entrando in corsa in una partita così importante, perché sapevamo che era decisiva per i play-off, devo dire che è stato molto bravo. Ha avuto un inizio difficile a livello di gestione della pressione, però poi, col lavoro insieme, io e lui siamo riusciti a portarla a casa. Ha finito il match giocando un gran tennis.

D: Quanto è stato lungo il progetto sul vivaio che vi ha portato nella massima serie italiana?

Il lavoro è tanto. Noi sappiamo che siamo un circolo piccolo, e se vogliamo rimanere ai vertici dobbiamo, grazie a questa regola della Federazione, puntare sul vivaio. Prima di questa regola, per noi era impensabile arrivare a essere uno dei primi circoli d’Italia. Grazie a questa regola, è stato ripagato il nostro lavoro partito tanti anni fa. Questa squadra che adesso gioca l’A1, anche se ora fa affidamento su dei giocatori esterni, è una squadra che è partita dalla D4 con Weis, Winkler, Trocker, Rieder e altri ragazzi che poi si sono un po’ persi. Questi ragazzi hanno comunque conquistato dei punti nel ranking ATP, partendo dalla D4 e facendo tutta la trafila. In B2 sono arrivati giocatori come Vilella, Bortolotti, ma comunque giocavano solamente i nostri ragazzi. Poi dalla B1 abbiamo inserito qualche giocatore in più insieme ai vivai, però fino alla B1 la squadra si è sorretta completamente sui nostri giocatori.”

D: Non solo le due squadre in A1 ma avete anche altre due squadre, maschile e femminile, in B1. Possiamo considerarle un ulteriore fattore per la crescita di questi ragazzi?

“Anche in queste due squadre abbiamo dei giovani interessanti. Quest’anno abbiamo fatto giocare tanti giovani, qualcuno purtroppo è arrivato con un anno in ritardo da noi, quindi, pur essendo giovani, non vengono considerati vivaio. Al maschile hanno giocato tutti i nostri ragazzi; si è unito solo per qualche partita un giocatore francese (Voljacques, ndr) e nulla più, e abbiamo sfiorato la promozione con quella squadra. Tutti nostri ragazzi, vivaio e non, ma si tratta di ragazzi di 17 anni. Questo è un lavoro che parte dal basso, di costruzione Mi sento di dire che siamo uno dei pochi circoli che, oltre a quello sul campo, fa un lavoro anche extra campo, cioè di accompagnamento dei ragazzi ai tornei. Il team che mi affianca è favoloso da questo punto di vista, non importa se è sabato o domenica. Li seguiamo tanto e cerchiamo di fare un percorso insieme a loro anche come parafulmine, in quei casi in cui vengono accompagnati dai genitori. Perché chiaramente se un ragazzo va a un torneo con un genitore, oltre che dal lato tattico e tecnico, serve un supporto anche mentale, soprattutto se perde. In quei momenti di sconforto, di perdita di consapevolezza, la presenza del maestro è importante anche a livello emotivo. Chiaramente questo richiede sacrifici, richiede domeniche lontano dalla famiglia, richiede tanto lavoro. La chiave del nostro successo è stata questa: noi abbiamo sempre lavorato così.

D: Weis lo conosciamo. Un giocatore che lotta in campo, si vede che ha lavorato tanto su sé stesso. Qual è stato il suo percorso?

Se penso a Weis, credo che se non fosse stato al TC Rungg, considerando le problematiche che ha avuto da piccolo, non avrebbe neanche fatto il giocatore. A 15 anni era ancora tra la quarta e la terza categoria, da piccolo faceva tanta fatica. Però tutto il nostro lavoro di stargli al fianco perché vedevamo delle qualità, alla fine è stato ripagato. Gli ha permesso poi di fare quello scalino, di incastrare tutte le cose come andavano incastrate e alla fine le sue qualità sono emerse. Probabilmente, se non c’eravamo noi in quella fase ad accompagnarlo ai tornei, ma solo un genitore a parlargli nei momenti di sconforto, perché vinceva veramente poco, probabilmente si sarebbe perso e avrebbe smesso. Lui sentiva di non avere qualità, noi, invece, le vedevamo. Lo stargli vicino, seguirlo, fargli capire che noi credevamo in lui, gli ha permesso di diventare quello che è diventato e sta facendo un’ottima carriera. Le qualità si vedevano però non riusciva a farle emergere, per motivi di crescita fisica ma anche per motivi di maturità. Un lavoro diverso è stato fatto con Lara Pfeiffer. Era un po’ più facile dato che fin da piccola era comunque forte. Con lei è stato più facile metterle in testa di poter diventare una giocatrice di tennis, molto più difficile è stato farlo con Weis.

D: Correttamente il lavoro viene anche tarato sulla base del giocatore che si ha davanti. Vanno analizzati punti di forza e debolezza, la predisposizione di ogni giocatore. Quindi possiamo dire che giocatori diversi richiedono approcci diversi nel proprio percorso di crescita? Il confronto tra Pfeiffer e Weis ne è l’esempio.

Lara già da piccola era a livello italiano una delle migliori. Il motivo per cui lei ha fatto un percorso diverso da quello juniores, che fanno un po’ tutte, è stato per una questione fisica. Lara a 14 anni era già 2.4 ma non arrivava neanche a 40 chili, quindi si è deciso di non farle fare un percorso che comprendeva tornei ITF e Juniores perché sapevamo che in quel momento non era pronta. Rischiava un serio infortunio e di non diventare neanche una giocatrice. Stare al suo fianco, accompagnarla a giocare dei tornei qui intorno, farla giocare poco e tenerla tanto al circolo ad allenarsi è stata la via. Perché in quel momento non era pronta fisicamente e questo l’ha portata a crescere. Lei già da piccola era più vincente di Weis. Con lui abbiamo fatto più lavoro mentale per fargli capire che poteva essere un buon giocatore; con lei abbiamo fatto un lavoro maggiormente focalizzato sulla costruzione fisica della giocatrice.”

D: Tra le chiavi della qualificazione soprattutto della squadra maschile, ma in realtà con Meliss la situazione vale anche al femminile c’è sicuramente il doppio. Nella fase a gironi avete vinto tutti doppi ad eccezione di uno quello con la Parioli perso con una coppia composto da Cobolli e Romboli. In questi tornei il doppio ha la sua rilevanza in termini di punteggio e alla fine fa la differenza. Come viene svolto il lavoro al TC Rungg con i ragazzi della prima squadra, visti i risultati, ma con i giovani? 

“Noi dedichiamo del tempo a far crescere ragazzi nel doppio perché crediamo che questo porti tanti vantaggi anche in singolare. A partire dalla risposta, al pensare su dove servire perché nel doppio devi ancora dar più attenzione del singolo a dove servire. Tutti aspetti che comunque si ritrovano anche in singolo. Questo lavoro fatto sul doppio poi ha portato anche i suoi frutti nei risultati delle squadre. Oltre al lavoro fatto nel circolo, nella nostra filosofia c’è quella di far fare ai ragazzi il maggior numero possibile di competizioni a squadre. Parallelamente alla Serie A nella nostra regione c’è la Coppa Alto Adige e, nonostante abbiamo pochi campi in questo momento a disposizione, abbiamo comunque iscritto tre squadre di ragazzi, proprio perché possono giocare dei singoli, possono giocare dei doppi e possono crescere. Ci sono i miei maestri che sono unteam fantastico, li seguono ogni sabato e domenica perché io e Manuel (fratello e direttore tecnico del TC Rungg, ndr) siamo impegnati con la Serie A. Fare già da piccoli tante competizioni a squadre e giocare tanti doppi seguiti da noi permette loro di imparare piano piano e di migliorare sia per il doppio sia per il singolo.

D: Come descriveresti il legame tra prima squadra e le squadre giovanili? Quanto i ragazzi che si allenano presso il TC Rungg si sentono coinvolti da tutto quello che succede al circolo durante la competizione?

“Il legame è molto forte. Da noi capita spessissimo di vedere il bambino di 11/12 anni che gioca bene allenarsi al campo al fianco di giocatori come Taverna quando è qui, di Figl, di Toffanin che si allena regolarmente qui, di Pfeiffer, di Meliss, e di Zanolin che è arrivata da noi lo scorso anno. Qui capita spessissimo di vedere che ci sono i bambini in campo che si allenano col maestro e di là ci sono i professionisti. Questo, secondo me, porta a creare un legame e ai bambini fa piacere venire al TC Rungg a vedere la Serie A. Infatti, sono quasi tutti al circolo tutte le domeniche a vedere la Serie A e a fare i raccattapalle. Oppure a giocare la loro coppa come è già successo mentre in parallelo si giocava la Serie A. Quindi è un tutt’uno. Loro crescono vedendo i ragazzi più grandi vicini che si allenano e per loro è un grande vantaggio. Vedono la professionalità, vedono il lavoro che c’è da fare, e questo è veramente di stimolo per i nostri ragazzini.

D: Hanno anche la possibilità di allenarsi con loro. Basti pensare a Winkler che ha giocato la Serie A e ora fa il maestro da voi. Anche questo ha il suo impatto?

Winkler ormai da un anno e mezzo non gioca più la Serie A perché ha avuto un brutto infortunio al ginocchio dovuto probabilmente alla carriera professionistica, quindi ormai si dedica a fare la parte di istruttore. Però comunque è un istruttore che ha fatto un percorso intero al Rungg. Ha preso in mano la racchetta qui, ha fatto la sua carriera da giocatore facendo base qui, ha giocato in Serie A con TC Rungg e adesso fa l’allenatore. Quindi si capisce bene quanto può trasmettere ai ragazzi, in termini di valore e importanza di giocare per il circolo, e Winkler per il circolo ha fatto veramente tanto fin da piccolo e se oggi abbiamo una squadra in A1 è anche per merito suo. È partito con noi a 8 anni e ora fa l’allenatore e questo fa capire il tipo di lavoro che fa la differenza nel crescere i ragazzi. Lui conosce il lavoro che è stato fatto con lui che gli ha permesso di diventare un giocatore e ora si trova dall’altra parte della barricata e lo fa con piacere. Non è facile stare in giro con i ragazzini, con Lara nei future ma lo fa volentieri perché lui stesso sulla sua pelle ha percepito l’importanza del lavoro che poi porta ad avere un buon vivaio. Avere un allenatore che sin da piccolo ha sposato la tua filosofia rende tutto più semplice.

D: Winkler è uno dei membri di uno staff di alto livello sotto diversi punti di vista, basta pensare al ruolo di Marco Martino. Poi parlarci un po’ del team?

Noi sulla parte atletica abbiamo investito davvero tanto. Abbiamo due preparatori a tempo pieno e non sono quanti club possono permetterselo. Si tratta di un investimento importante per il nostro circolo che rimane comunque un piccolo circolo di un paese vicino Bolzano, però per noi la parte atletica è fondamentale. Faccio spesso di riunioni con i genitori per farglielo capire perché spesso non lo recepiscono. Per noi l’atletica è fondamentale e abbiamo sempre creduto che per costruire un ragazzo, soprattutto da piccolo, bisogna lavorare tanto sul piano atletico. Per questo come circolo abbiamo investito su una figura come Martino, una figura di spessore che, essendo un professionista di questo livello, ha anche dei costi importanti.

D: La squadra non ha avuto il supporto di Napolitano al maschile e gli infortuni sono stati un problema in generale perché anche al femminile ci sono stati dei problemi (Ormaechea, Fita Boluda e Struplova, oltre a quanto detto prima sulle ragazze del vivaio). Chi ha dato un grande contributo al maschile è stato Gaio che ha messo a segno 10 vittorie su 10. Federico è ormai una bandiera per voi, giocando da diversi anni. Quali parole utilizzeresti per descriverlo?

Ne basta una sola, Federico è splendido, da tutti i punti di vista. Quest’anno per la prima volta gli ho fatto da capitano. Io non sono stato un giocatore di livello. Ho un’ottima esperienza, ho costruito tanti giocatori, però non sono stato un giocatore di livello assoluto. Quindi sedersi in panchina con Gaio puoi pensare che lui magari non ti ascolti, non ti segua. Invece mi sono trovato in sintonia con lui a 360 gradi. Qualsiasi cosa io abbia detto in panchina, abbiamo sempre parlato insieme e lui mi ha sempre seguito su tutti i fronti. In più lui e Bortolotti sono due uomini squadra. Quando ci sono loro, anche a livello di carisma, la squadra cambia. Sia lui sia Bortolotti, anche fuori dal campo, hanno sempre qualcosa in più. Quando non giocano, li vedi a lato di uno dei due campi a parlare col giocatore che sta giocando. Sono due figure che, pur non essendo nate al Rungg, hanno il circolo tatuato sulla pelle. Lui è veramente un giocatore pazzesco da tutti i punti di vista. Ha avuto una carriera ottima ma poteva anche fare molto meglio; forse qualche infortunio l’ha fermato, ma tennisticamente è un top.

D: In chiusura, visto il tuo ruolo con i giovani, possiamo parlare del lavoro che viene fatto da te e dal tuo staff? Ognuno ha i suoi tempi di maturazione e spesso i giocatori perdono di vista che il percorso di crescita è diverso da un giocatore all’altro. Qualcuno rischia di perdersi o di bruciarsi e altri, invece, non realizzano che il proprio periodo migliore può arrivare più avanti nel tempo, anche considerando il processo di maturazione fisica.

La nostra forza nel costruire i vivai è il lavoro che c’è anche extra campo. Il team per quanto riguarda i giovani è seguito tanto da Winker e da Giorgio Azzolini. Stanno facendo un lavoro pazzesco che però richiede tanto sacrificio. Richiede domeniche non libere e magari nottate in giro per i tornei perché si torna tardi la sera. Nelle scorse settimane c’è stato il Next Gen a Correggio e delle volte Azzolini è tornato alle undici/mezzanotte perché comunque l’ultimo dei nostri giocava alle 18. Ha seguito tutte le partite dei nostri ragazzi, dal primo all’ultimo turno. Un lavoro importante e che però secondo noi sta ripagando, perché solo il campo alla fine non permette la crescita del giocatore a 360°. Noi, come detto, facciamo tanto anche da parafulmine in giro per tornei, anche in base al risultato che viene fuori dalla singola partita, facendo capire che non è quello che a noi interessa. A noi interessa il percorso di crescita e ognuno ha i suoi tempi, come hai detto bene. In questo momento nella nostra regione, con l’effetto Sinner, questo aspetto è diventato ancora più importante. I ragazzi tendono molto a paragonarsi tra di loro e chiaramente Jannik è Jannik, un giocatore che a 23 anni ha già fatto la storia del tennis italiano e forse la storia del tennis mondiale alla pari di Nole, di Nadal e degli altri big. Però è un giocatore nato e cresciuto qui e tanti adesso cercano, sbagliando in buona fede, di rapportarsi a lui. Sento dire “lui a 18 anni ha vinto un Challenger”, però ognuno deve fare il suo percorso; non tutti possono fare il percorso di Sinner ma non è detto che non possano diventare giocatori di tennis. Anche perché ormai la media dei giocatori di alto livello è di 25/26 anni, quindi un giocatore forte, chiaramente non un fenomeno fuori dalla norma come Sinner, deve fare un suo percorso che ha bisogno di più tempo. Ed è lì che l’allenatore, nel suo lavoro di accompagnamento ai tornei, cerca di far capire che ognuno ha i suoi tempi di maturazione. Io seguo tantissimo il settore under 16/18, un’età prossima a quella che aveva Sinner quando ha iniziato a vincere. Sento dire spesso ai miei giocatori, “io ho perso con 2.4 mentre Sinner alla mia età mia aveva già vinto un Challenge”, e a noi tocca calmarli perché poi ci sono giocatori come Vanni, che è stato in top 100, e alla tua età era 3.1 e tu sei già 2.3, 2.4. Sinner è la mosca bianca e non può essere preso come paragone.

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