Gabriele Salvatores si toglie di dosso le scorie un po’ asfittiche della sua filmografia più recente e regala un racconto d’infanzia colorato e pieno di cuore, il suo Hugo Cabret tra scugnizzi, sfide a mazzetti ed avenue americane anni ’40. Ecco Napoli - New York, film dal 21 novembre al cinema con 01 Distribution.
Con due giovanissimi protagonisti che è facile amare, Celestina e Carmine, di 9 e 12 anni, interpretati dai bravi Dea Lanzaro e Antonio Guerra. E, a felice contorno, il simpatico comandante un po’ maneggione col volto di Pierfrancesco Favino.
Napoli - New York è ispirato a una storia vera raccontata come una favola. Nasce da un soggetto scritto da Federico Fellini e Tullio Pinelli a fine anni ’40, di cui si sapeva poco o niente. Salvatores, napoletano ormai milanese d’adozione, se l’è ritrovata tra le mani con emozione. Come un dono.
«Mi è sembrato meraviglioso», ha detto. «Quando poi ho letto questo “trattamento-sceneggiatura” di circa 80 pagine, la meraviglia è diventata desiderio e spinta creativa. È una bellissima storia ambientata alla fine degli anni ’40 a Napoli, poi su un piroscafo in viaggio per New York e infine nella grande metropoli americana».
Nella Napoli del 1949 un’esplosione lascia Celestina (Lanzaro), bimbetta orfana, priva di qualsiasi riferimento adulto. Si avvicina a Carmine (Guerra), ragazzino abituato a cavarsela da solo, per strada. Ma, come dice Celestina, «a Napoli siamo tanti, troppi». Anche la miseria è tanta, pochissime invece le prospettive. Ed ecco che, senza neanche progettarlo, i due bambini si ritrovano su una nave, rotta New York. A bordo, però, dovranno scampare dai controlli del capitano (Tomas Arana) e del comandante Garofalo (Favino), beneficiando dell’aiuto del cuoco (Omar Benson Miller).
Salvatores, che ha sceneggiato in solitaria, ha ritrovato temi a lui cari come il viaggio, l’altrove e la solidarietà. Ha cercato di rimanere quanto più fedele all’originale, un trattamento dettagliato con situazioni e dialoghi molto precisi, pur rendendo ancora più serrato il racconto e modernizzandolo.
«Ho cercato di “modernizzare” alcune situazioni che mi sembravano troppo legate a una sensibilità e a un tono narrativo che appartengono agli anni in cui è stata scritta la storia», ha detto nelle note al film il regista premio Oscar per Mediterraneo. «L’America e gli americani, ad esempio, sono visti, a volte, ancora avvolti da un’aura un po’ troppo “benevola”. D’altro canto, allora, non conoscevamo ancora bene gli Stati Uniti. E l’America ci appariva ancora come la terra dove si realizzano i sogni».
Dea Lanzaro nel film "Napoli - New York" (Credits: Pietro Rizzato)
Celestina e Carmine passano attraverso eventi drammatici e peripezie ma sempre in una luce di positività. Non c’è mai sofferenza, dolore o rassegnazione. Napoli - New York, in ogni sua stilla vitale, trasmette possibilità e la normale aspettava di potersela cavare. È un’avventura che non perde mai ritmo, coinvolgente, tenera e a suo modo divertente, che richiama un po’ atmosfere e innocenza di Hugo Cabret (2011) di Martin Scorsese.
Intanto Carmine prende su di sé ogni missione. «Nun te preoccupà, mo’ ce sto io co’ te»: dice a Celestina, la frase rassicurante che tutti vorremmo sentirci dire.
Napoli - New York è un film per famiglie – e non solo – che ribalta il punto di vista contemporaneo su migrazioni e paura del diverso. Vista dalla nave, la Statua della Libertà a Celestina sembra la Madonna di Pompei. Ma prima di arrivarci, per gli italiani pieni di speranze e indigenza, c’era la severa tappa a Ellis Island. Quelli erano gli anni in cui noi italiani eravamo i clandestini. «Gli italiani stanno facendo degli Stati Uniti un Paese indesiderabile», era uno dei pensieri dominanti dall’altra parte dell’Oceano.
Ma è in bocca a Celestina, la verità più grande: «Tu non sei straniero, sei solo povero. Se sei ricco non sei mai straniero».
Nella seconda parte Napoli - New York apre a ulteriori tematiche importanti, tante, troppe, che rischiano di disarcionarlo dal suo senso di realtà un po' magico: femminismo, pena di morte, segregazione razziale…
Nella sfida finale di mazzetti, però, ecco che ritorna lo spirito scugnizzo del film. E ci riporta un sorriso in viso.
Pierfrancesco Favino e Antonio Guerra nel film "Napoli - New York" (Credits: Giulio Gattuso e Pietro Rizzato)
Tutto il film è percorso da una colonna sonora molto presente e appassionante, che passa dall’impeto folk napoletano a hit americane esplosive come Be My Baby.
Quando scrisse il soggetto, Fellini non era mai stato negli States. Dopo averli finalmente visitati, scrisse: «È dolce New York, violenta, bellissima, terrificante: ma come potrei raccontarla? Solo qui, nel mio paese potrei tentare l’impresa. A Cinecittà, nel Teatro 5, dove qualunque rischio io affronti trovo sempre a proteggermi la rete delle mie radici».
Per questo Salvatores ha deciso di ricreare New York in Italia e di usare i VFX e il Teatro 5. «Dal punto di vista narrativo la mancata conoscenza diretta della città americana non nuoce affatto, anzi, diventa funzionale al racconto», dice Salvatores. «Questa mitica città, vista innumerevoli volte in tanti film, l’abbiamo reinventata in maniera credibile, ma non realistica, così come poteva immaginarla l’autore e come appare agli occhi dei due scugnizzi napoletani che, come Fellini, non l’avevano mai vista».