Aborto spontaneo, una donna si reca in emergenza al pronto soccorso di San Donà e dopo pochi mesi arriva il ticket da pagare. Una coppia del Sandonatese adesso si rivolge agli uffici dell’Usl 4 e chiede, dopo la tragica esperienza, almeno di non dover pagare la prestazione urgente. L’episodio risale allo scorso febbraio.
Marito e moglie si sono dovuti recare d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale di San Donà a causa dei dolori al basso ventre accusati dalla donna, con perdite di sangue. Evento che poi si è rivelato essere un aborto spontaneo.
Un’esperienza che ha segnato la donna e la coppia. Ma il 3 settembre successivo è stato recapitato un primo avviso di compartecipazione spese.
Veniva contestato, dunque, il mancato pagamento della compartecipazione alla spesa del servizio sanitario nazionale, in pratica il ticket, relativo all’accesso al pronto soccorso, per una somma pari a 82, 80 euro.
«Abbiamo scritto una comunicazione via e-mail all’ufficio recupero crediti dell’Usl 4», spiegano, «contestando la circostanza ed evidenziando, in particolare, che ai sensi del decreto sui livelli minimi di assistenza, nel corso della gravidanza fisiologica debbono ritenersi esenti dal pagamento del ticket sanitario tutte le prestazioni specialistiche ambulatoriali necessarie per il monitoraggio della gravidanza, anche in caso di minaccia d’aborto, come nel caso di specie».
«Ci ha risposto l’ufficio recupero crediti evidenziando la legittimità della richiesta in quanto il verbale di pronto soccorso», spiegano, «è stato chiuso con la codifica “Non ritorna dalla consulenza”, la quale prevede l’attribuzione della spesa in toto a carico dell’utente. In sostanza, dalla loro risposta, si deduce che l’addebito del ticket sarebbe legittimo, nonostante l’esenzione prevista, per il solo fatto che io e mia moglie avremmo abbandonato volontariamente il pronto soccorso senza pagare. Abbiamo ricordato che mia moglie non ha autonomamente lasciato il pronto soccorso, bensì è stata dimessa dal reparto di Ginecologia, dove nulla è scritto in merito a un ritorno presso al pronto soccorso, pena il pagamento della prestazione per intero».
«Nemmeno il personale del reparto», concludono, «ci ha informati di tale necessità. È evidente che il reparto può provvedere alla chiusura dell’accesso, reparto che peraltro ben conosceva le condizioni fisiche e, soprattutto, psicologiche in cui versava mia moglie quella sera. Quello che vorremmo denunciare è l’approccio dell’Usl, anche illegittimo, visto il tema dell’esenzione da ticket per le donne in gravidanza e vista la possibilità per i reparti dell’ospedale di procedere autonomamente alla chiusura del ticket di fronte a situazioni per cui era opportuno farlo».
L’Usl 4 ha precisato che è stata applicata la normativa specifica e che quanto accaduto sarà oggetto di ulteriore approfondimento.