Entro il prossimo 15 dicembre, quindi a ridosso dei tre anni dalla scomparsa di Liliana Resinovich, l’antropologa forense Cristina Cattanero, i medici legali Stefano Tambuzzi e Biagio Eugenio Leone e l’entomologo Stefano Vanin, invieranno alla Procura la superperizia medico-legale.
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Un elemento cardine per la successiva decisione del gip Luigi Dainotti, che lo scorso gennaio aveva rigettato la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura, disponendo 25 nuovi accertamenti. I quattro professionisti incaricati dalla Procura di stendere la nuova perizia, il 2 dicembre, a Milano, incontreranno per l’ultima volta i consulenti delle parti lese, ovvero i medici legali Vittorio Fineschi, Stefano D’Errico, Raffaele Barisani, Mauro Bacci e l’ex capo del Ris di Parma, Garofano.
Le relazioni sugli altri accertamenti - da quello sui sacchi neri infilati sul busto e sulle gambe a quello sui dispositivi digitali - sono già tutte sul tavolo del sostituto procuratore Maddalena Chegia, che dirige le indagini. Manca appunto il responso medico-legale.
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Due i punti chiave: il giorno del decesso e la possibile azione di terzi. Ricordiamo che la precedente perizia, quella firmata dal medico legale Fulvio Costantinides e dal radiologo Fabio Cavalli, faceva risalire la data della morte a 48-60 ore prima del rinvenimento del cadavere, del 5 gennaio 2022 quindi, «senza chiara evidenza di azione di terzi».
Il pool dei nuovi periti confermerà queste conclusioni o avanzerà la possibilità che Liliana, prima della morte avvenuta per asfissia, abbia avuto una colluttazione? Verrà confermata la data della morte o verrà anticipata al giorno della scomparsa?
Le due date lasciano comunque aperti molti interrogativi. La perfetta depilazione, ad esempio, l’assenza di una ricrescita dei capelli bianchi, la presenza nello stomaco della colazione ingerita il giorno della scomparsa farebbero propendere per una morte avvenuta il 14 dicembre 2021. Altri elementi, come l’assenza di gas putrefattivi o i vestiti puliti avvalorano la tesi della morte a ridosso del ritrovamento del corpo.
Tra l’altro, prima del prossimo 15 dicembre arriveranno anche i risultati dello studio del microbiota sui resti della 63enne. Da quell’approfondimento, che i legali e i consulenti del marito della donna, Sebastiano Visintin, hanno commissionato alla ricercatrice Noemi Procopio, potrebbero arrivare indicazioni precise sulla data del decesso.
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Negli ultimi giorni è stata inoltre depositata la consulenza che Nicodemo Gentile e Federica Obizzi, i legali dell’associazione Penelope che supporta il fratello e la nipote di Liliana, hanno commissionato allo zoologo Nicola Bressi. Il professionista elenca le 13 specie necrofaghe, ovvero note per potersi nutrire di carne di mammiferi, presenti nell’area boschiva dove è stato trovato il corpo: dal cinghiale alla volpe rossa, dalla faina ai ratti, con una presenza sporadica anche dello sciacallo dorato. Bressi fa notare come prima del ritrovamento del corpo, «tra quei rovi degradati» non si avventurava quasi nessuno. Quindi c’era una «maggiore tranquillità e spazio di azione della fauna».
Senza contare che «erano in vigore le restrizioni della pandemia, ed è noto come il numero di animali periurbani fosse aumentato in quei frangenti».
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Inoltre, le specie animali prese in considerazione «sono tutte note per essere maggiormente necrofaghe nel periodo invernale quando da un lato si riducono le loro fonti di cibo e dall’altro necessitano di mangiare di più per produrre calore». Eppure sul corpo della donna non c’era alcun segno di morsi o graffi.
Per questo Bressi conclude sia «altamente improbabile che la salma sia rimasta nel luogo del ritrovamento per più di 24 ore, o al massimo 48». —
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