Ingegnere temerario e velista non meno temerario, Andrea Romanelli sta timonando “Fila”: un gioiello di 8 tonnellate. Un’incredibile barca del futuro che lui stesso ha minuziosamente cesellato. È il 3 aprile 1998, il cielo sopra l’Atlantico è viola, il vento e l’acqua sono una furia. I meteorologi attesteranno una depressione atmosferica violentissima, i superstiti descriveranno un incubo che sembra sognato da Omero.
Tutto è feroce, tutto è fuori misura. Tutto fa male, quella notte, come l’onda immensa che disarciona Andrea e come l’oceano buio che lo inghiotte per sempre.
Cosa rimane di una tempesta? Rimane il dolore, certo, e rimane la necessità della memoria. Memoria che Tommaso Romanelli, figlio di Andrea, ha ora tradotto in un magnifico documentario.
Il rigore narrativo di “No More Trouble - Cosa rimane di una tempesta” appare chiaro fin dal sottotitolo: Tommaso non sceglie una domanda, sceglie un’affermazione. Presenta l’esito di un’indagine, un’indagine sentimentale priva di sentimentalismo, dove gli stati d’animo abitano dentro i fatti e dentro i fatti rimangono. Dove la potenza emotiva della cronaca, delle testimonianze dirette, degli infiniti materiali d’archivio sono il contrappunto di una traversata parallela. Dolce e silenziosa.
Tommaso, che il 3 aprile 1998 aveva 4 anni, non viaggia alla ricerca di una verità: viaggia (teneramente, lucidamente) alla scoperta del padre.
Storia di una famiglia di terra (quanta bellezza nei messaggi di Andrea per la moglie Fabrizia!) e di una famiglia di mare (l’equipaggio della “Fila” di Giovanni Soldini), “No More Trouble” si avvale di un eccellente montaggio visivo-sonoro e racconta le traiettorie dell’amore e del destino, della passione e dell’avventura. Un lucente inno alla vita che da un lato commuove e dall’altro accarezza l’anima.