Elegantissimo, protetto dal freddo pungente di Bruxelles da una lunga sciarpa e da un cappello a falda larga, Giorgio Celiberti, grande pittore e scultore friulano di rilevanza internazionale, è stato accolto da un lungo applauso dal foltissimo pubblico italiano, belga e straniero presente all'inaugurazione dell'antologica aperta fino al 10 gennaio all'Ufficio di collegamento della Regione. In mostra una sintesi della sua straordinaria e poliedrica attività, a partire dalla Biennale di Venezia del ’48, manifestazione cui fu invitato altre quattro volte.
Ma a Bruxelles Celiberti, in piena forma, «molto felice ed emozionato, non mi aspettavo tanta gente e tanta generosità», è stato festeggiato anche per il compleanno, che cade il 19 novembre. Qual è il suo stato d’animo a 95 anni? «È perfetto, non ho problemi particolari, spero di vedere qualche caro amico…».
[[ge:gnn:messaggeroveneto:14806720]]
E il bilancio della sua vita? «Sono molto fortunato, ho fatto quello che ho amato molto, qualcosa di interessante in pittura e scultura, ho tanti amici che mi vogliono bene, non posso chiedere di meglio dalla vita». Speranze e progetti per il futuro? «Essere ricordato con affetto dalle persone che mi sono vicine, tutto il resto è talmente naturale e semplice, quello che deve accadere, accadrà».
A Udine, entri nel suo studio - dove lavora ogni giorno dalle 10 alle 18 -, un capannone molto luminoso di 800 metri quadri soppalcati, che ha trasformato in un luogo magico, ingentilendolo con dell’acqua che zampilla discreta, da cui sorgono alte piante verdi. E rimani avvolto da un’arte sottilmente raffinata e poetica, dalla quale promana un’energia antica e contemporanea, invisibile ma potente. Il Regno di Celiberti è qui, ai margini della città, tra centinaia di dipinti, sculture, pittosculture, oggetti di design, incisioni su carte ricercate e gioielli dal fascino senza tempo, da cui il suo messaggio di pace, amore e talento si diffonde nel mondo.
E la stessa atmosfera la incontri a Bruxelles, dove i visitatori accedono a frotte con stupore, entusiasmo e nordica discrezione nel suo “castello incantato” di sogni ed emozioni.
Profilo da guerriero e occhio azzurro da poeta, Celiberti ha proceduto nel mondo dell'arte con assolo incalzanti ed energia catalizzatrice. E la mostra vuole riassumere tutto ciò, suddivisa in un susseguirsi di sezioni "didattiche" per coinvolgerci nel racconto di questo grande “narratore” friulano, che ha denunciato l'orrore del campo di concentramento di bambini di Terezin (oggi Repubblica Ceca) attraverso cuori rossi di sangue, per dipingerne poi la catarsi purificatrice in un volo libero di farfalle azzurre che s'innalza verso il cielo. Scandendo così la trilogia dell’orrore e della rinascita – come precisa - nelle fasi di “dramma”, “perdono” e “amore”.
Un’intensità sottolineata alla vernice da note di Mozart, Vivaldi, Tartini e dell'ungherese Leo Weiner, allievo di Bartok, delicatamente interpretate dai giovanissimi componenti dell’”European Spirit of Youth Orchestra” diretta da Igor Coretti Kuret, che completava la performance multimediale di arte visiva, luce e musica, Leitmotiv di tutte le mostre del progetto espositivo "La Regione Fvg a Bruxelles attraverso I suoi artisti", ideato per promuovere l'immagine del territorio nel cuore d'Europa.
E tra i sogni dell’artista c’è sicuramente l’auspicio di una collocazione definitiva per la dozzina di finestre, «che amo di più nel mio lavoro», create 60 anni fa per ricordare le migliaia di piccole vittime di Terezin.
«Nel 1965 – ricorda – a Roma un amico mi portò un libriccino apparentemente modesto con le poesie di questi Angeli. Il giorno dopo raggiunsi Terezin, dove ho visto cose inenarrabili. E, osservando gli enormi stanzoni molto grigi con incisi sulle pareti tanti cuoricini, farfalle e i nomi di questi bambini dagli 8 ai 14 anni che, distanti dalla famiglia, avranno sofferto molto prima di essere giustiziati, ho iniziato a fare i quadri di Terezin. E la sera, prima di rientrare a casa, telefonavo a mia moglie Ina per sapere se mio figlio era andato a letto perchè non volevo che mi vedesse con gli occhi di uno che ha fatto battaglie così dure. Da quel momento Terezin è rimasto sempre nel mio cuore. Tanto dolore, ma sono orgoglioso di aver fatto queste cose e di aver sofferto con loro».