Stato di agitazione, blocco degli straordinari e un giorno di sciopero. È questa la risposta che i lavoratori del laminatoio Arvedi hanno deciso di dare di fronte alla stasi che i sindacati denunciano sull’attuazione dell’Accordo di programma per la riconversione dell’area.
L’intesa prevede fra l’altro la costruzione di due nuovi edifici per ospitare mensa, spogliatoio, infermeria e uffici direzionali, posto che le vecchie strutture andranno demolite. Nulla però si muove e nulla si muove anche sulla banchina siderurgica, dove i sindacati denunciano che «da mesi le persone ricevono lo stipendio per non lavorare». Segnali che, uniti alle difficoltà del comparto siderurgico, fanno temere ai dipendenti che la società dell’acciaio stia valutando un graduale disimpegno da Trieste.
Arvedi è legata al sito fino almeno al giugno 2025, quando l’Accordo di programma scadrà, liberando da vincoli i suoi sottoscrittori. La Rsu dell’area a freddo racconta di un clima interno pesante. Preoccupa che non siano ancora stati disegnati il nuovo accesso all’impianto e la nuova viabilità interna (nodo che ha importanti ricadute sul piano della sicurezza dei lavoratori visti i mezzi pesanti in transito), che non ci sia chiarezza sugli interventi per il rifacimento della banchina e che siano stati accantonati i propositi di sviluppo manifestati dopo l’Accordo di programma, quando Arvedi aveva prospettato un piano industriale aggiuntivo da 100 milioni basato sulla costruzione di un secondo laminatoio, l’introduzione dell’idrogeno nel ciclo produttivo e 50 assunzioni.
I sindacati riferiscono che la proprietà ha rinviato senza spiegazioni tre diversi incontri calendarizzati fra giugno a novembre. Un tavolo si sarebbe dovuto tenere lunedì scorso: la disdetta comunicata senza preavviso nel weekend è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’assemblea dei lavoratori ha proclamato lo stato di agitazione e una giornata di sciopero, che verrà convocata probabilmente in abbinata alla mobilitazione nazionale per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. «Serve un segnale forte», dicono i rappresentanti dei lavoratori.
La Fiom Cgil esprime «grande preoccupazione», con Andrea Svic e Thomas Trost, che sottolineano «gli incontri saltati per tre volte e lo stallo sulla riorganizzazione della logistica dello stabilimento. La società si è detta più volte pronta a costruire mensa, spogliatoi e uffici ma è tutto fermo, nonostante si tratti di infrastrutture fondamentali per continuare l’attività, visto che la mensa è già demolita e che gli spogliatoi dovranno esserlo a breve»
. I dipendenti oggi mangiano cibi confezionati all’interno di container provvisori, mentre gli spogliatoi sono ancora in funzione ma devono essere abbattuti, anche se Arvedi ha chiesto una proroga all’Autorità portuale fino alla fine della valenza dell’Accordo di programma. «Tutto questo – continuano Svic e Trost – accende preoccupazione sulle intenzioni future del gruppo. Con lo sciopero vogliamo sensibilizzare Regione, Autorità portuale e Arvedi affinché sia convocato un tavolo per definire il futuro».
Denis Amoroso (Uilm) evidenzia «problemi anche a reperire pezzi di ricambio e una società che intanto latita e si nega. Non c’è un piano per ricostruire le palazzine da demolire e non si sa nemmeno se l’azienda sosterrà i costi per sistemare la banchina. Vogliamo risposte da Arvedi e anche dalle istituzioni, che sono garanti dell’Accordo di programma. Quello che sta succedendo e il calo della produzione deciso dal gruppo fanno temere che, scaduto l’Accordo di programma, Arvedi ci molli perché non avrà più vincoli. D’altronde non abbiamo ancora visto un piano industriale e lo chiediamo da tempo».
Cristian Prella (Failms) dice di «rendersi conto che l’attuazione dell’Accordo di programma è complicata, ma dobbiamo avere chiarezza su quanto sta accadendo perché la costruzione dei nuovi edifici doveva partire sei mesi fa. Non posso dirmi preoccupato, ma neppure tranquillo: fra dieci mesi scade l’Accordo di programma e intanto è esplosa la crisi dell’automotive, che impatta sul gruppo. Fra laminatoio, centrale elettrica, banchina e ditte esterne sono in ballo quasi 500 lavoratori: la chiarezza è fondamentale. Dove si stanno incagliando le trattative per lo sviluppo dell’area?». —
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