I biglietti alle ATP Finals non sono davvero regalati, costano diverse centinaia di euro, e lo spettacolo finora è stato così così, direi soprattutto corto ma, salvo che per il portafogli e i tennisti brutalizzati, tutto sommato indolore. Infatti la gente che avrebbe certamente preferito assistere a spettacoli più combattuti e prolungati non è sembrata insoddisfatta. Forse perché si è distratta anche al Fan Village? Per chi ha portato bambini probabilmente sì.
Non lo so se è davvero così, ma resta il fatto assolutamente inconsueto di 4 singolari e 4 doppi giocati nelle prime due giornate senza che ci sia stato un solo match in grado di andare al terzo set. Nessun singolare è durato un’ora e mezzo. Due sono durati un’ora e 25 minuti, uno un’ora e 20, un altro un’ora e 12. Nei singolari non c’è stato neppure un tiebreak, e sì che si gioca indoor. E nei 4 doppi – che di solito di tiebreak ne producono a bizzeffe – ce ne sono stati solo due in 8 set.
In 34 anni di Tour ATP, sì, con la prima edizione del Masters a Francoforte nel 1990 (vinto da Agassi su Edberg, gli altri “magnifici” erano Sampras, Becker, Lendl, Muster, Gomez, Sanchez…e il vostro cronista partecipava già dagli scranni della stampa) non era mai accaduto che tutti gli incontri delle prime due giornate, singolo e doppio, si chiudessero in due set.
I giocatori sostengono che il campo non sia velocissimo, “di certo non così veloce come Cincinnati e Parigi Bercy” ha assicurato Sascha Zverev. Eppure lo stesso Zverev al malcapitato Rublev ha lasciato appena la miseria di 10 punti in 10 turni di servizio, uno a game. Chissà allora se il campo fosse stato anche più veloce! Quanti punti avrebbe fatto il povero Rublev in risposta? Cinque, due o tre?
Il russo fin troppo vittimizzato da un figlio di russi ha sottolineato come Zverev abbia servito perfino nei punti pari e con la traiettoria esterna intorno ai 220 km orari: “Normalmente chi batte uno slice esterno sui punti pari intorno ai 190 – diceva un Andrey sconsolato scuotendo i riccioli rossi – Lui… 220! E anche se indovini la direzione, diversamente da quando batte piatto nella T a 227 km orari, uno slice che fila a 219, 215… è già difficile vederlo”. Meno male che oggi ormai quasi dovunque si gioca con le linee chiamate dall’elettronica. Sennò, poveri giudici di linea (mestiere in via di estinzione).
Così, tanto per gradire Zverev, ha condito il tutto con anche 9 ace e 0 doppi falli. Quando ha messo la prima ha fatto l’80% dei punti mentre quando si è “dovuto accontentare” della “seconda”, per non sbagliarsi ha fatto anche così l’80% dei punti! Così Rublev, che pure ha perso un solo game di servizio per set, è stato travolto. Dallo schiacciasassi di Amburgo.
Rublev si è allora come… difeso almeno nell’intervista post-match: “Ormai quasi tutti i punti si risolvono in un paio di scambi, salvo alcuni quando sono magari molto importanti e allora i giocatori rischiano di meno, diventano un tantino più prudenti e allora gli scambi si allungano di più”.
Insomma un tennis ridotto all’essenziale, come quando a Wimbledon si giocava sull’erba che c’era una volta e che restava spelacchiata a fine torneo nei pressi della rete e non della riga di fondocampo.
Sì perché lì c’era anche il serve&volley a dotare lo spettacolo di straordinarie acrobazie. Tuffi degni di Di Biasi e Cagnotto, su quell’erba dove la palla quasi non rimbalzava. Oggi invece su questi cementi indoor si tira una botta e via, alla Zverev. Il tedesco, dall’alto del suo metro e 98 cm, in questo momento sembra davvero l’avversario più temibile per Sinner che – non scordiamocelo quando si dipinge il ragazzo della Val Pusteria come il superfavorito – ci ha perso 4 volte su 6. Seppur quando non era ancora il n.1 del mondo.
Ma, e qui ripeto l’impressione di cui sopra, sebbene gli spettacoli non siano durati quanto ci si poteva aspettare e non siano stati eccezionali né troppo ricchi di suspense, non mi è sembrato che la gente abbia lasciato delusa l’Inalpi Arena.
Chissà, forse vivere in apnea questo fulgente periodo “sinneriano” deve aver disseminato in tutti un qual certo senso di generale ebbrezza. Va tutto bene finchè la gente ha il suo eroe, il suo n.1 del mondo. E, del resto, chi aveva potuto celebrarlo nella nostra penisola fino a oggi in un secolo e mezzo di tennis italiano?
Quando Sinner è venuto ieri per una abbondante mezzoretta nella lounge del suo sponsor Intesa Sanpaolo, quella affacciata in alto sul campo d’allenamento del palasport, la “volpe rossa” si è trovata accerchiata. Un vero bagno di folla. Niente a che vedere con tre anni fa, quando entrò in lizza alle ATP FInals a sostituire l’infortunato Berrettini. Jannik, con pazienza davvero certosina ha giocato da Intesa Sanpaolo lo scambio più lungo della sua vita, firmando un autografo dopo l’altro, su palle Dunlop di tutte le dimensioni e di tutti i colori, prestandosi a far tutti i selfie che soltanto un umano notoriamente resistente come lui poteva fare. E tutti quanti hanno potuto avvicinarlo così, grandi e piccini, erano felici come pasque, in brodo di giuggiole. Si respirava un clima di… quasi-adorazione religiosa.
Di certo non è stata invece una bella giornata per Carlitos Alcaraz. Lo sportivissimo Ruud è stato il primo, a fine partita, a informare il mondo che lo spagnolo non era stato bene. E più tardi Alcaraz, in tutta sincerità e senza voler accampare scuse come ha tenuto timidamente a premettere, ha confessato di avere avuto fastidiosi problemi di stomaco. Una cattiva digestione, come già lo scorso anno qui a Torino dopo aver mangiato ancora del pesce? Se è così, la prossima volta meglio che si butti sulla carne, allora.
Fatto sta che nel primo set l’allievo di Juan Carlos Ferrero è apparso irriconoscibile. Altrimenti non avrebbe beccato un 6-1 in 35 minuti. Dopo, avanti con un illusorio 4-2 nel secondo set, sembrava essersi ripreso un tantino, prima di riprecipitare in un disastroso doppio break che non gli ha permesso neppure di arrampicarsi al tiebreak.
Adesso Alcaraz, augurandogli una pronta ripresa che non è scontata, dovrà battere prima Rublev e poi eventualmente anche Zverev per aspirare a un posto in semifinale. Di solito con una sola vittoria e due sconfitte è difficile farcela, anche se le combinazioni possibili ancora esistono e occorre improvvisarsi ragionieri per calcolare set vinti e persi, quando non game.
Stasera si saprà anche, dopo che de Minaur si batterà probabilmente con maggior energia mentale di Medvedev (che l’altra sera si è detto “vuoto dentro”) per tentare di domarlo per la quarta volta – il russo è avanti nei testa a testa 6-3, ma ci ha perso 3 delle ultime 4 volte – se Sinner sarà stato capace di confermare la superiorità dimostrata nei confronti di Fritz nella finale dell’US Open, quando sconfisse il bell’americano senza concedergli neppure lo straccio d’un set.
Se Sinner vincerà stasera e Zverev batterà domani Ruud come sembra piuttosto probabile, si profilerà allora quello scenario finale pronosticato dai più fin dalla vigilia del torneo, e cioè Sinner-Zverev uno di fronte all’altro armato. La risposta di Sinner contro la battuta di Zverev, in finale domenica. “Nessuno batte più forte di Zverev in questo momento” ha proclamato Rublev. “Nessuno risponde subito in maniera così profonda e aggressiva come Sinner” aveva dichiarato de Minaur dopo l’ottava sconfitta consecutiva e 15 set perduti di di fila con Jannik.
Ricapitolo qui adesso per vostro uso e consumo i risultati di queste prime due giornate torinesi:
Fritz b. Medvedev 6-4 6-3, 1h20′
Sinner b. de Minaur 6-3 6-4 1h25′
Ruud b. Alcaraz 6-1 7-5, 1h25′
Zverev b. Rublev 6-4 -64 1h12′
Pucell/Thompson b. Mektic/Koolhof 7-6 6-3
Heliovaara/Patten b. Granollers/Zeballos 7-6 6-4
Kravitz/Puetz b. Arevalo/Pavic 6-3 6-4
Bolelli/Vavassori b. Bopanna/Ebden 6-2 6-3
E vi auguro buon tennis a tutti, invitandovi a iscriversi al canale YouTube di Ubitennis e a giocare al nostro Ubicontest che prosegue per queste finali ATP e la settimana prossima per la Coppa Davis.