C’è un buco da 250 milioni di euro, e la metà si chiama Germania. L’export delle imprese trevigiane nei primi sei mesi del 2024 è calato del 10, 5% su base annua verso il mercato tedesco, partner storico e principale del nostro interscambio – vale da solo circa il 13% dell’export – ora zavorrato dalla recessione interna.
In pratica, quel –10,5% di vendite in Germania significa per le nostre imprese 125 milioni di euro bruciati in sei mesi sul mercato tedesco, su un totale complessivo di calo dell’export di 250 milioni tra gennaio e giugno di quest’anno (-3,5% rispetto al primo semestre del 2023). Il fatturato estero complessivo delle imprese trevigiane è sceso così da 8,15 a 7,9 miliardi di euro nel confronto semestre su semestre, e in Germania da 1.196 milioni di euro a 1.071.
La forza di gravità sta principalmente in questi settori: calzature (-30,3%, 31 milioni di minori vendite); carpenteria metallica (-20,5%; –21,2 milioni di euro), mobili (-12,4%; 19,7 milioni di minori vendite), tessile e abbigliamento (-22,2%; –16,8 milioni) e componentistica per l’automotive (-22%, –13,2 milioni).
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Flessioni più contenute si registrano per i macchinari (-2,1%; –3,3 milioni di euro) e per gli elettrodomestici (-0,8%, –1,1 milioni).
Hanno invece tenuto, e anzi sono cresciute, le esportazioni di bevande (soprattutto Prosecco) in crescita del 7,4% per un incremento delle vendite di quasi 5,2 milioni di euro, e quelle di prodotti alimentari (+5,6%, +3,4 milioni di euro). I dati sono Istat Coeweb.
Rallentamento della domanda interna, elevati costi dell’energia, del lavoro e del capitale: la Germania è ammalata, dal punto di vista economico, e nel secondo trimestre di quest’anno il Pil tedesco è andato in territorio negativo, seppur minimo: –0,1%.
Uno stallo che si trascina da mesi, e le prospettive non sono rosee, come mostrano gli indicatori di fiducia che sono precipitati: anche nei prossimi mesi, insomma, non sono previsti inversioni di rotta e ritorno degli investimenti. Il fiume delle esportazioni trevigiane, che da sempre scorre molto verso quel mare, ora lo trova non ricettivo.
Si ridisegna così in parte la mappa dell’export trevigiano: la Germania rimane al primo posto, con il miliardo e 71 milioni di euro detto prima, seguita ora più da vicino dalla Francia, dove l’export delle imprese trevigiane è a quota 959 milioni di euro nel semestre (in calo anche qui, –4,8%, ma meno della metà rispetto al –10,5% tedesco).
In questi due Paesi, sottolinea la Camera di commercio di Treviso, lo stesso indice Pmi manifatturiero di S&P Global recentissimo di settembre non evidenzia inversioni di tendenza in positivo.
Cresce invece del 4% l’export trevigiano verso la Spagna, che consolida il terzo gradino del podio delle nostre vendite all’estero con un controvalore totale che ora sfiora i 419 milioni di euro rispetto ai 402 del primo semestre dello scorso anno.
Extra Ue, bene le vendite in Turchia (+21,1%, con fari accesi dei controlli contro le triangolazioni per aggirare l’embargo alla Russia) e in Arabia Saudita (+22,9%, anche se il totale non è particolarmente pesante, meno di 68 milioni di euro).
1. «Noi siamo abituati, loro no e faticano a reagire»
«Stringiamo i denti e speriamo che sia solo un calo passeggero. Ma quest’anno chiuderemo il fatturato con un calo». Un mercato che da solo vale circa il dieci per cento del fatturato. E che ora vede la stessa percentuale anche alla voce calo delle vendite. Aku di Montebelluna, azienda che produce calzature per la montagna e il trekking, è un caso paradigmatico delle conseguenze di questa recessione tedesca sull’export delle nostre imprese.
Paolo Bordin di Aku è l’amministratore delegato. Il 2022 e il 2023 sono stati due anni da record, con il fatturato che ha raggiunto 30 milioni di euro.
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«Ora stiamo soffrendo anche noi su quel mercato – racconta Bordin quando gli chiediamo delle ripercussioni della crisi tedesca – che si è fermato più bruscamente rispetto ad altri. Per noi vale in percentuale circa il dieci per cento del fatturato complessivo. E anche il calo di mercato quest’anno è quantificabile lì attorno al dieci per cento». Quando, i primi segnali negativi? «La prima parte del 2023 era stata buona, poi si è visto l’inizio della curva in discesa. Ma arriva dopo un paio d’anni ottimi, è in parte fisiologico».
Secondo Bordin pesa anche un fattore, a creare una sorta di pessimistico circolo vizioso: «La situazione forse viene vista dai tedeschi stessi come più drammatica di quanto sia in realtà, non si aspettavano una situazione del genere e non sono abituati a viverla. Ho un fornitore altoatesino che mi ha detto: voi italiani quando c’è una crisi reagite perché siete abituati, i tedeschi no, non sanno cosa fare».
Accusano il colpo anche dal punto di vista della fiducia, insomma. Previsioni? «In generale il mercato comunque è positivo, c’è consumo di scarpe, la gente va in montagna. Ma in Germania le prospettive non sono buone, speriamo almeno che non peggiorino ulteriormente». Altri mercati compensano il calo tedesco? «Vendiamo in tutto il mondo, ci sono altre aree che compensano – conclude Bordin – stringiamo i denti, credo e spero sia un periodo passeggero, un paio di stagioni. Nel 2024 chiuderemo il bilancio in calo di qualche punto».
2. «I grandi progetti sono in stallo, nessuno investe»
«Non ci sono grandi progetti, all’orizzonte: oggi in Germania si lavora su piccoli volumi. Noi produciamo lavatrici industriali: se lì non costruiscono alberghi, ospedali o grandi strutture, il mercato ristagna». Alessia Miotto è vicepresidente di Imesa, guida l’azienda di Cessalto assieme allo zio Carlo.
Un’azienda fortemente vocata all’export: circa tre quarti dei 19 milioni di euro di fatturato arrivano proprio dalle vendite oltreconfine. La crisi tedesca, in questa dinamica, ha il suo impatto. Non determinante, per fortuna, perché «la Germania per noi vale circa il cinque per cento del volume d’affari», spiega Miotto.
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Le crisi internazionali hanno costretto l’azienda di Cessalto a rivedere leggermente al ribasso le previsioni di crescita: «Rispetto ai 17 milioni di euro di fatturato 2023, quest’anno pensavamo di poter chiudere a quota 20, ma con i rallentamenti in atto credo arriveremo sopra i 19».
In Germania c’è una forte concorrenza interna per i prodotti realizzati da Imesa, e ora questo in parte è una fortuna: l’impatto del calo è limitato a una quota di mercato tutto sommato minoritaria. Ma i problemi sui mercati sono globali, e risentono soprattutto delle crisi e dei conflitti bellici.
«Come export verso Unione europea e Nord Africa e Medio Oriente abbiamo avuto buoni numeri a inizio anno, vediamo un rallentamento da settembre, come se fossero in attesa di qualcosa – spiega Miotto – Libano e Israele sono azzerati, ma anche il conflitto Russia-Ucraina e le sanzioni con controlli contro le triangolazioni in Serbia e Turchia rappresentano un freno. Si allungano i tempi di conclusione dell’ordine, con penali, sovraccarichi documentali».
Si naviga a vista, sia in Germania «dove non si vedono all’orizzonte grandi progetti e investimenti», sia nel resto del mondo, Medio Oriente in particolare: «Sarà determinante l’esito delle elezioni Usa, soprattutto per il mercato Arabia Saudita: c’era in programma una nuova grande città nel deserto, avevamo progetti in piedi, tutto ora è congelato».
La crisi? Beviamoci sopra. Il Prosecco non la sente, anzi: sono solo due le voci in crescita per l’export di Marca verso la Germania, e la prima (+7,4%, l’altra riguarda l’alimentare con +5,6%) porta proprio la firma delle bollicine.
Nonostante gli acquisti di vini italiani a valore risultino in calo del 9% in Germania nel primo semestre dell’anno, il Prosecco è in netta controtendenza. «La Germania a livello generale sta riscontrando delle difficoltà, l’andamento delle vendite lo mostra, e il Veneto è molto legato all’industria tedesca – analizza Stefano Bottega, produttore con l’azienda di famiglia e presidente del gruppo vinicolo di Confindustria Veneto Est – Per quanto riguarda il vino, soprattutto le bollicine e il Prosecco, siamo in controtendenza e comunque in crescita, merito di un lavoro consolidato negli anni: le nostre bollicine hanno lavorato sotto il profilo della qualità e della sostenibilità, e i risultato ora si vedono».
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Bottega esprime anche ottimismo «per l’andamento dei prossimi mesi e del prossimo anno vista la buona vendemmia 2024 chiusa con il 15% di aumento della produzione. Sia vini che distillati hanno una produzione di alto livello, con un trend di crescita costante negli ultimi anni».
La recessione tedesca, insomma, almeno nei bicchieri non arriva. «Quello della Germania non è un mercato estemporaneo, è consolidato: anche l’aperitivo come in Italia è di gran moda, le bollicine venete e trevigiane sono protagoniste anche sulle tavole tedesche e continuano a esserlo», sottolinea Bottega, «Sottolineerei il buon lavoro fatto dai consorzi, è stato molto importante con la sinergia che si è venuta a creare negli ultimi mesi dopo l’elezione dei nuovi presidenti, è migliorata la comunicazione del Prosecco che viene visto anche per l’aspetto qualitativo e le differenze tra Doc, Asolo Montello e Conegliano Valdobbiadene».
Allargando l’orizzonte, «come tappa importante per la crescita ora in agenda c’è l’Expo di Osaka nel 2025, dove il padiglione Italia sarà protagonista e il Prosecco avrà un ruolo di primo piano», conclude il presidente del gruppo vinicolo di Confindustria Veneto Est.