Ivrea. Delle farfalle per la primavera e poi un sole, delle barchette, pesci, conchiglie, tartarughe e gamberetti sotto le onde per l’estate accompagnati da nuvole e gabbiani che volano e altri mille colori, origami e forme galleggianti e svolazzanti che prendono vita e movimenti con dei fili, legni e pietre, dietro ad una vetrina abbellendo negozi e strade della bella Ivrea. Se avete visto quelle vetrine di via Quattro martiri a Ivrea e vi state chiedendo chi ci sia dietro è lei, Michela Levi, 62 anni, ex ballerina e coreografa che ha vissuto per 40 anni a Milano per poi scegliere di tornare alle sue radici, a Chiaverano, dove vive da tre anni.
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Ovunque sia stata una cosa è certa: la creatività ha sempre fatto parte del proprio essere, è un istinto. Non chiedetele, però, di definire la sua professione perché lei dipinge ma non si definisce pittrice, allestisce vetrine ma non è una vetrinista, crea collane e lavora a telaio e all’uncinetto ma non è un’artigiana, ama fare fotografie ma non è una fotografa. Ci ha raccontato da cosa nascono la sua passione e la sua creatività e quante ore dedica al giorno alle sue creazioni: «Ricordo che da bambina, nel laboratorio di tessitura di nonna Paola, prendevo gli scarti di fine lavorazione della lana, che erano annodati a ciuffetti, e li trasformavo in bamboline. A scuola invece coprivo le copertine dei quaderni con carta adesiva bianca e poi disegnavo dei personaggi di fumetti che avevo inventato. Direi che matite, colori e pennelli hanno sempre fatto parte di me. Il tempo che dedico a queste attività non saprei quantificarlo, ma quando decido di dar spazio alla fantasia mi capita di non riuscire a fermarmi e così faccio le notti in bianco senza accorgermene».
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Ci dica il suo segreto, ha mai avuto un maestro o qualcuno a cui si è ispirata?
«No, davvero, avrei voluto avere una formazione artistica nel campo delle arti grafiche, il mio sogno era frequentare l’Accademia di belle arti o anche la scuola del fumetto, ma amavo anche ballare e così a 5 anni scelsi la danza classica qui a Ivrea per poi spiccare il volo a Milano, dove per tanti anni è stata la mia professione, fino a quando il fisico mi ha chiesto di fermarmi».
Una carriera come ballerina richieda un impegno quotidiano e costante…
«Sì, ammetto che è una vita di grande sacrificio, tante ore di studio tutti i giorni che mi hanno fatto mettere da parte il mio lato artistico, perché non c’era spazio per altro. Adesso che non lavoro più posso finalmente dedicare del tempo alle mie passioni: l’anno scorso ho iniziato un corso di acquerello e quest’anno vorrei cimentarmi nella lavorazione della creta, è una cosa che desidero fare da tantissimo tempo».
A cosa si ispira quando crea qualcosa di nuovo?
«A volte osservando la forma di qualcosa come un sasso, o un pezzo di legno, oppure partendo dall’oggetto che devo realizzare o da una stagione o da una festività».
È il materiale scelto che dà i suggerimenti…
«Esatto, le racconto un mio aneddoto: una volta al mare trovai un sasso con un buco e una scanalatura e per me fu subito evidente che in realtà fosse un pesce, di lì nacque l’idea di raccoglierne altri di varie forme e anche pezzi di conchiglie, per poi realizzare una composizione, che prendesse vita proprio su assi di legno portate a riva dal mare. Da quel momento non mi sono più fermata».
Il suo stile?
«Direi di non avere uno stile particolare, mi piace cambiare, sperimentare materiali e tecniche diverse, essere un po’ artigiana e un po’ artista. Ultimamente mi sto dedicando alla fotografia, passione che ho sicuramente ereditato da mio papà. Lui era un bravissimo fotografo, ma non mi ha mai tramandato le tecniche di questa sua passione, pertanto, quel che so fare, credo di averlo imparato guardando negli anni le sue foto. È proprio partendo dalla realtà che desidero dare nuova vita e nuova destinazione agli oggetti, reinventarli insomma, anche usando materiali di diverso tipo».
È riuscita persino a fare dei presepi con delle ghiande e qualche scatola delle uova: è il fanciullino che ancora vive dentro di lei che muove la sua voglia di fantasia?
«Esattamente come fanno i bambini quando con un bastone inventano una spada laser o basta una briciola di pane per far correre una macchinina sul tavolo. Nelle mie nuove creazioni preferisco materiali poveri e sostenibili, come carta e legno, evitando plastiche perché trovo che i materiali naturali siano esteticamente più belli. Ciò non toglie che a volte, se necessario, usi anche materiali diversi, così magari una bottiglia di plastica può diventare un fiore e non ce la ritroviamo in giro ad inquinare».
Il suo rapporto con le festività eporediesi?
«Sono tornata a vivere un po’ il Carnevale dopo tanti anni lontano da Ivrea. È stato bello riassaporare quell’atmosfera, ritrovare il profumo delle arance, il suono dei Pifferi, la curiosità alla presentazione della Mugnaia o l’emozione la sera dello Scarlo».
Non si annoia una creativa come lei, a Ivrea…
«Assolutamente! Credo che questo sia un territorio con un grande potenziale culturale e bellissimo dal punto di vista paesaggistico. Ammetto che dal punto di vista turistico potrebbe avere un appeal superiore e spesso mi chiedo perché non si riesca a valorizzare tutto questo come meriterebbe». —