In Italia, il dibattito politico attorno a questo tema è stato avviato di recente, anche se l’opinione pubblica lo tratta da molto tempo. Invece, il diritto alla disconnessione in Australia è già legge. A partire dallo scorso mese di agosto, quando le modifiche al “Fair Works Act” sono entrate in vigore. Da quella data, parte dei lavoratori (non tutti) possono rivendicare questo diritto a non dover rispondere alle e-mail e alle telefonate di lavoro fuori dal proprio turno. Quindi, senza che il proprio tempo libero sia offuscato da questioni relative alla propria attività professionale. Attenzione, però: non è tutto oro quello che luccica.
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Come detto, il concetto di diritto alla disconnessione in Australia è stato introdotto attraverso una modifica del “Fair Work Act“, la legge locale che regolamenta i rapporti tra il datore di lavoro e il dipendente. Nello specifico, la nuova norma spiega così il funzionamento:
«È un diritto applicabile sul luogo di lavoro di rifiutare di monitorare, leggere o rispondere a contatti, o tentativi di contatto, da parte del loro datore di lavoro al di fuori dell’orario di lavoro».
Dunque, il diritto alla disconnessione digitale dal lavoro che segue i princìpi – almeno come cornice della situazione – della proposta di legge presentata dal Partito Democratico.
A partire dal 26 agosto scorso, dunque, i lavoratori possono rivendicare questo diritto. Ma non vale per tutti. La prima fase prevede solamente il coinvolgimento dei dipendenti pubblici. Per tutti gli altri – quelli che lavorano nelle piccole e medie imprese, la maggior parte dei lavoratori nel Paese – si procederà solamente tra un anno. Da quel momento, dunque, coloro i quali si rifiuteranno di rispondere a una e-mail o una chiamata di lavoro al di fuori del proprio turno non potranno essere soggetti a critiche e azioni di richiamo da parte dell’azienda. Per legge.
Ma la situazione non è poi così chiara, perché il concetto del “diritto alla disconnessione” australiano risulta essere piuttosto aleatorio. C’è una frase inserita all’interno della legge che fa capire quanto la valutazione sulla reale applicabilità sia molto poco sicura: «A meno che tale rifiuto non sia irragionevole». Dunque, il rifiuto di rispondere a una telefonata di lavoro o a una mail deve essere ragionevole. In che senso? Se c’è un’urgenza o se è previsto il pagamento di uno straordinario. Ma anche se si ha un ruolo di responsabilità in azienda. Ed ecco che questo diritto – letto in questa chiave – diventa molto aleatorio.
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