Giulio Andreotti diceva: “Sono di media statura, ma non vedo giganti intorno a me”. Sarà fischiato anche nelle orecchie di Giorgia Meloni questo celebre aforisma dello statista democristiano, davanti allo bailamme di propositi piazzaioli e contraddittori del centrosinistra, alle prese con la forgiatura di un asset politico-culturale alternativo al governo in carica. Elly Schlein non ha mai abbandonato l’idea di fare più di un “campo largo”, che nell’idea primitiva, partorita dall’ex segretario dem Enrico Letta, doveva contenere un grillismo di governo e di una sinistra che si riconciliasse coi suoi conflitti esistenziali eterni tra lotta di classe e di governo.
Per allargare gli orizzonti, diremmo numerici ancor più che culturali, Schlein aveva tirato la colomba dal cilindro durante una partita di calcio, e cioè il redivivo Matteo Renzi e le sue giravolte “riformiste” da natante esperto. Un’alchimia forzata nei valori e nei temi che si è sciolta nel giro di qualche dichiarazione. Il nodo era la consustanzialità di Conte e Renzi: eterni nemici, sideralmente distanti per cultura politica e personalità. La compattezza ritrovata nell’ostilità alle riforme avanzate dal governo, tradottasi poi nella raccolta di una valanga di firme referendarie, ha nascosto un po’ la polvere sotto al tappeto.
Proclami di revanche e di barricate in nome di un partigianesimo figurante. Ma a ben guardare, le discrasie tra i componenti di questa “gioiosa macchina da guerra” 2.0, idealizzata per rovesciare un modello di fascismo teatrante rappresentato nell’immaginario popolare dal centrodestra, erano e sono tappezzate un po’ ovunque, non solo incarnate da Renzi. E l’elenco è lungo. Per carità, esistono posizioni differenti in ogni alleanza, è il gioco delle parti che si fa sintesi.
Ma qui le storture programmatiche per disegnare una sorta di Ulivo sono eclatanti. Prendiamo l’asse Schlein-Landini sull’abolizione del Job’s Act : Renzi sarebbe mai andato contro una legge fatta dal suo governo di cui si vanta ancora? Renzi avrebbe sostenuto l’introduzione di un salario minimo così come voluto dal sindacato più massimalista? Ultimamente lo ha definito “una pagliacciata”.
C’è poi il grosso tema della politica estera: qui ognuno va per conto proprio, non esiste un margine comune. Armi all’Ucraina? Sì, no, forse. C’è una trama filo-russa sostenuta da Conte? Andrebbe chiarito. Trump o Kamala Harris? Un po’ Trump dice Conte e un po’ Kamala Harrris dice Schlein. Pure qui un atlantismo declamato e poi rimestato in mille distinguo.
Lapalissiano è il tema mediorientale: non si capisce tuttora se Israele faccia bene a difendere i suoi confini o se stia mettendo in atto un genocidio. Da una parte vessilli palestinesi, anche per cavalcare il trend topic, dall’altra la lotta al terrorismo di Hamas e Hezbollah. Ma intanto stuoli di giovani sfilano in piazza al grido di “Free Palestine” e qualcuno tratteggia come agente antisionista gente come Liliana Segre che di lotta all’antisemitismo ne ha fatto una bandiera di libertà e democrazia. E qui il campo largo tace. E rimbomba come un cannone il silenzio di Elly Schlein. Il campo largo accoglie o no l’antisemitismo? “Sì, però” è il leit-motiv di quest’alchimia che cerca di mettere le mani su tutto quanto faccia audience, ma poi si perde in decine di rivoli e dichiarazioni guerreggianti.
In ultimo, la vicenda Toti e le elezioni in Liguria. E torna ancora qui Renzi e il suo garantismo riformista che non trova spazio in un Moloch che persegue la linea del giudicato prima di sentenza. Sulle elezioni regionali, la segretaria dem aveva chiesto a Renzi di rompere con Bucci per entrare nel campo largo e di sostenere l’ex ministro Andrea Orlando. E’ stato un susseguirsi di cambi di posizione ogni giorno: prima Renzi dice che uscirà dalla giunta Bucci (candidato alla presidenza della Regione), poi dopo dichiarazioni equivoche che sono segno di trattative in corso, fino alla decisione di Renzi di non seguire la direttiva Schlein e andar per conto proprio. Dove? Chissà.
Risultato: Renzi è fuori dal campo largo. E’ stato un sogno di mezza estate, una pochade più esilarante di Sangiuliano-Boccia. Ci domandiamo: servirà soltanto la strategia referendaria per picconare la Meloni? Sarà in grado Elly Schlein di scrivere un programma serio e condiviso? Ci sarà posto per un riformismo di blairiana memoria? Da sinistra-sinistra saprà spostarsi verso il centro, lo snodo della vittoria? Ha un’idea di futuro del Paese Elly Schlein? Per ora, Giorgia Meloni, nonostante i suoi affanni, può dormire sonni tranquilli. Almeno fin quando questa sinistra non avrà trovato un baricentro e un metronomo di come gira il Paese.
L'articolo L’analisi. Non c’è campo (largo) per Renzi. Ma per Schlein i problemi non finiscono col “rottamato”… sembra essere il primo su Secolo d'Italia.