È l’8 giugno del 1924 quando George Leigh Mallory e Andrew “Sandy” Irvine tentano la cima dell’Everest per la prima volta nella storia. Salgono con quella che gli sherpa definiscono “aria inglese”, ovvero con dei pesantissimi respiratori a ossigeno. Quell’8 giugno è un mistero, uno dei ppiù grandi dell’alpinismo, e dei due si perdono le tracce dopo che una bufera di neve viene avvistata dal campo base, quando loro sono già in salita.
Sono morti prima o dopo il raggiungimento della cima? Oggi, a distanza di un secolo, è il Guardian a rendere noto che i resti parziali di Andrew Irvine sono stati trovati sui pendii dell’Everest quando, il mese scorso, alcuni scalatori e cineasti hanno scoperto un piede racchiuso in un stivale da arrampicata e in una calza sulla quale era cucita un’etichetta ben chiara: quel piede era di Irvine.
“Ho sollevato la calza e c’era un’etichetta rossa con ‘AC Irvine’ ricamata sopra”, ha raccontato il climber e regista Jimmy Chin a National Geographic. Il piede dell’allora 22enne alpinista è stato trovato su un ghiacciaio sotto la parete nord dell’Everest, a un’altitudine inferiore rispetto al corpo di Mallory.
I resti di Mallory furono trovati nel 1999. Al momento, il ritrovamento è solo un indizio ma non fornisce alcun chiarimento su cosa sia accaduto davvero quell’otto giugno. Si pensa però che proprio Irvine avesse con sé una macchina fotografica Kodak che potrebbe chiarire molte cose qualora venisse trovata insieme al resto del corpo. Ventinove anni dopo quel fatidico giorno, Edmund Hillary e Tenzing Norgay fecero la prima ascensione riconosciuta dell’Everest.
L'articolo Ritrovato sull’Everest il piede dell’alpinista Andrew Irvine: dopo un secolo dalla scomparsa si va verso la risoluzione del grande mistero? proviene da Il Fatto Quotidiano.