Mercoledì 2 ottobre, al Tecnopolo Tiburtino di Roma è andata in scena l’inaugurazione del più grande data center della capitale. A realizzarlo è stata l’azienda italiana Aruba che da anni è leader del settore, fornendo servizi non solo ai privati, ma anche alla Pubblica Amministrazione. Un’infrastruttura avveniristica che, finalmente, dà uno slancio tecnologico e digitale anche al Centro-Sud. Ma al taglio del nastro e alla conferenza di presentazione, c’era un grande assente: il governo. Lo stesso che, spesso e volentieri, brandisce e utilizzate il concetto di “sovranità digitale” come un hashtag da usare sui social per attirare gli elettori.
Dopo i due data center di Arezzo e quello, immenso, di Ponte San Pietro (in provincia di Bergamo), l’Hyper Cloud data center di Roma rappresenta un importante passo strategico non solo per l’azienda, ma anche per la PA. Infatti, sono molte le infrastrutture pubbliche che si appoggiano ai prodotti e ai servizi digitali realizzati dalla società nata 30 anni fa a Firenze. E con questa mossa, si cerca di limitare lo strapotere (e la dipendenza) da quei sistemi proposti e acquistati dalle multinazionali americane. Dunque, un upgrade importante per quel che riguarda il processo di archiviazione ed elaborazione dei dati, grazie a una soluzione “Made in Italy”.
Sovranità digitale e “Made in Italy” sono due concetti che sono molto cari all’attuale governo. Ripetuti come un tormentone estivo in molte occasioni. Poi, però, si decide di mandare a presenziare all’inaugurazione del data center di Aruba solamente il capo di gabinetto del Ministro Urso. E dove erano gli altri? Non sui treni bloccati a Roma, ma stavano partecipando a un Consiglio dei Ministri iniziato alle 11.33 e terminato alle 12.50. Possibile che nessun Ministro abbia trovato un’ora libera per partecipare all’evento?
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