Secondo il leggendario Gianni Brera lo 0-0 rappresentava il classico risultato perfetto. Il trionfo dell’organizzazione difensiva quale miglior espressione del calcio. In una fase storica sempre più tesa alla spettacolarizzazione globale e alla mera incentivazione del numero dei gol, non necessariamente equivalente alla qualità del gioco, l’Empoli di mister Roberto D’Aversa viaggia felicemente in direzione ostinata e contraria. Si tratta del terzo pareggio casalingo a reti bianche consecutivo per gli azzurri che, anche contro la sbiadita Fiorentina di Palladino, riescono a mantenere inviolata la porta di Vasquez senza alcun patema. Per il portiere colombiano, totalmente inoperoso per 90 minuti e passa, è il quarto clean sheet in 6 gare. Da una parte l’Empoli, squadra vera che si muove all’unisono e persegue un obiettivo comune, mantenendo la propria incredibile striscia di imbattibilità. Dall’altra la Fiorentina, accozzaglia estemporanea di solisti priva di identità. Non ci sono pittoresche “motorinate” fuori porta che tengano: il Castellani resta tabù per i viola.
Momenti bui per i cugini gigliati. Una campagna acquisti faraonica ha sin qui partorito il topolino di una sola vittoria in sei gare e la sensazione di un cantiere costosamente edificato senza alcun progetto alla base. Dal canto suo l’Empoli esce ulteriormente fortificato dal derby. Si ha la sensazione che la società sia tornata a recitare la missione che gli è stata storicamente consegnata: linea verde, valorizzazione dei giovani, collocazione ad hoc di figure motivate e desiderose di rilanciarsi nell’oasi azzurra. La massima manzoniana di raggiungere questo angolo di Toscana per “sciacquare i panni in Arno” torna quanto mai d’attualità. La cura rigenerante di Empoli vale sia per mister D’Aversa, che sta realizzando un piccolo capolavoro in termini di gestione del gruppo e rilancio della propria immagine, sia per molti giocatori azzurri. C’è chi, come Gyasi, Pezzella, Henderson, Grassi e Ismajli, sta vivendo il miglior momento della loro personale parabola sportiva e chi, come Vasquez, Viti, Colombo e Esposito, sta trovando la collocazione più adatta per esprimere le proprie potenzialità. Infine c’è chi rappresenta in pieno la ragion d’essere dell’Empoli: gente come Goglichidze e Ekong è destinata a perpetuare l’affermazione in salsa azzurra di nuovi talenti. In attesa della qualità di Fazzini e Zurkowski, ne vedremo delle belle.
Otto gare ufficiali, quattro vittorie e quattro pareggi. L’impatto dell’Empoli sulla stagione iniziata poco più di un mese fa è addirittura clamoroso. L’improvvisata compagine di una stagione fa, una sorta di calderone da cui spremere il massimo senza un solido progetto alla base, sembra lontana anni luce. Lo scorso anno fu realizzato un estemporaneo miracolo sportivo da attribuire in larga parte al temperamento di mister Nicola. Oggi, si lavora su un gruppo granitico in cui nessuno è indispensabile ma tutti riescono a portare il proprio preziosissimo contributo. La stessa esibizione di gruppo sciorinata a Torino in Coppa Italia ne è l’esempio più lampante. Tranne alcune eccezioni. Stiamo assistendo a una serie di prove monumentali in particolare di due calciatori: Viti e Ismajli. Il prodotto del vivaio azzurro, esaltato dalla difesa a tre di D’Aversa, si sta mettendo in luce per carattere, eleganza e pulizia degli interventi. Il suo ritorno è stata una delle idee più felice dell’estate empolese. Il difensore centrale albanese, dal canto suo, sta inanellando una sequela di prestazioni di enorme spessore. Da leader assoluto di una difesa che ha subito qualcosa come 2 gol in 540 minuti, seconda sola alla Juventus.
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