Da Kiev a Gaza, passando per i temi nell’agenda di politica internazionale contrassegnata in rosso dall’implosione della sinistra sul voto di Strasburgo sull’Ucraina, il professor Pasquino su Pd e campo largo non ha dubbi: Schlein senza linea e visione. E in un’intervista a Il Giornale tuona: inseguono solo un «pacifismo bastardo»… Tutto, però, mentre sotto i loro occhi la guerra russo-ucraina imperversa, e a ridosso della visita di Ursula von der Leyen a Kiev per incontrare il presidente ucraino Zelensky e per portare il «sostegno dell’Europa all’Ucraina» concretizzatosi nell’annuncio della presidente della Commissione europea di un prestito fino a 35 miliardi di euro al Paese invaso.
Tutto con buona pace del Pd al cui interno – tanto per cambiare – scoppia e deflagra il conflitto intestino sulla linea politica internazionale, con il partito della segretaria Elly Schlein e il centrosinistra con le sue diramazioni pseudo-pacifiste che implodono nel voto sull’Ucraina a Strasburgo. Pertanto: passa all’Europarlamento la risoluzione sull’impegno militare per Kiev, ma con M5S e Sinistra che insistono a rilanciare il loro no su tutto, è soprattutto il Pd a uscirne più di chiunque altro con le ossa rotte.
Così, mentre i voti sull’impegno militare al fianco dell’Ucraina si dimostrano sempre meno scontati all’Europarlamento, è il banco di prova della sinistra si sgretola con inevitabili contraccolpi interni. L’ennesima prova di caos e divisioni all’interno degli schieramenti è arrivata oggi a Strasburgo e dal fronte frammentato dei dem e dintorni: una falla nel piano di compattezza che dalle colonne de Il Giornale in edicola oggi, da dove il professor Gianfranco Pasquino, docente emerito di Scienza politica, socio dell’Accademia dei Lincei e insegnante alla John Hopkins University – nonché ex parlamentare della Sinistra indipendente e candidato sindaco per l’Ulivo a Bologna – emette una sentenza che lascia pochi margini al dubbio sullo stato dell’arte del Pd e sul processo di evaporazione dell’ipotetico campo largo.
Di più: una sonora bocciatura, quella del professore, con tanto di aspra reprimenda tra le righe. «Ambigua, contraddittoria, inadeguata»… «A sinistra vedo una forte tendenza alla deriva confusionaria, a cominciare dalla politica internazionale. Senza bussola e guida più che un “campo largo” mi sembra un faticoso slalom tra fossati, ruscelli, dirupi e stagni». Già l’incipit basterebbe, ma il prof non fa sconti: e nella sua disamina tra ripercussioni interne all’asse delle alleanze scricchiolante e in perenne prove tecniche di avvicinamento a distanze ravvicinata del centrosinistra e deriva Pd sulla strategia in politica estera, il professore snocciola punto per punto tutti gli anelli deboli di una continua catena di errori.
Così, subito dopo l’avvio al fulmicotone, nell’intervista aggiunge: «Non dimentichiamo che vengono dal comunismo, con tutto il suo retaggio anti-occidentale su cui non hanno mai riflettuto seriamente. E sono guidati solo dalla paura di perdere la rappresentanza di un pezzo di opinione pubblica scettico, egoista, prontissimo a darla vinta all’aggressore, sulla pelle degli aggrediti. Una tendenza in parte comprensibile, ma molto brutta, che definirei “pacifismo bastardo”: mai come nel caso dell’invasione dell’Ucraina è chiarissimo come la “pace”, se non è giusta, è semplicemente un cedimento all’aggressore».
Sostegno imprescindibile a Kiev e necessità di arrivare a una “pace giusta” che, non c’è bisogno di ricordarlo, sono da sempre gli assi portanti della posizione del governo Meloni sulla guerra in Ucraina, e su cui oggi una personalità come quella del professor Pasquino – di certo non una figura allineabile come vicina al centrodestra – riflette, con tutto il corollario di considerazioni legate alla discutibile dottrina dem in materia. Su cui non a caso il prof nell’intervista sottolinea anche: «I deboli riformisti dem, a parte il nome, hanno ben poco che li differenzi. La totale assenza di dibattito interno al partito ne è la dimostrazione. Il Pd si conferma tanto indispensabile al quadro politico quanto inadeguato a guidarlo».
Concludendo con una requisitoria sul tema che inchioda il partito e la sua leader, e sentenziando senza possibilità d’appello: «Non esiste alcun dibattito interno sulle scelte fondamentali. La nuova leadership Pd, in cuor suo, propende fin dall’inizio per il no agli aiuti militari all’Ucraina invasa, e quindi tiene una linea ambigua e contraddittoria, francamente poco stimabile. Ambiguità che ha portato a rompere con il Pse. E che traspare anche dalle posizioni sul Medio Oriente». Un disastro totale…
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