Con una pensione di 205 euro e 4 centesimi al mese ha scoperto di non essere più fiscalmente a carico del marito, che ha perso dunque la possibilità di “scaricare” dalla dichiarazione dei redditi le spese mediche della moglie e che, come se non bastasse, ha dovuto restituire all’Inps 754 euro di assegni familiari che a quel punto non gli spettavano più. Tutto perché la moglie ha superato di 20 euro all’anno la soglia di reddito che permettere di essere a carico del coniuge.
Una situazione paradossale che colpisce le donne con la pensione da casalinghe, che non ricevono certo pensioni privilegiate. A denunciarlo è Francesca Pastella, presidente del Circolo anziani di Mas e Peron e protagonista della vicenda.
«Mi sono recata alle Acli per la compilazione del modello 730 congiunto con mio marito e al termine dei conteggi, sorpresa, non sono più a carico per 20 euro», contesta la presidente del Circolo anziani. «Quindi mio marito ha perso il diritto a detrarre le spese sanitarie che mi riguardano, quest’anno cospicue per cure dentarie, e sulla pensione di agosto l’Inps gli ha prontamente detratto 754 euro per i miei assegni familiari indebitamente percepiti nel 2023».
«Tutto questo si è verificato a causa degli aumenti alla mia pensione che ammonta oggi a 205,04 euro mensili», sottolinea Francesca Pastella, «quindi con un reddito annuo di 2.860 euro».
Una situazione paradossale, dunque, quella che si è trovata a vivere in prima persona la presidente del Circolo anziani.
«Voglio che qualcuno mi chiarisca il perché fra tante riforme pensionistiche da quando nel 2000 è entrato l’euro non è mai stata aggiornata la cifra di 2.640 euro per cui una moglie rimane a carico del marito», contesta infatti la battagliera presidente degli anziani di Mas e Peron.
«Quando sento parlare di pensioni sociali e minime di 500 euro che dovrebbero essere aumentate mi chiedo come viene valutata la mia – irrisoria? – e quindi neppure degna di essere considerata».
«Penso alle mie coetanee che hanno usufruito delle pensioni baby ottenute con pochi contributi e riscatto degli anni di studio e la percepiscono dal oltre 35 anni», dice ancora Pastella, che sottolinea: «la mia pensione è frutto di 8 anni di contributi veri da lavoro in gioventù, più altri volontari versati con sacrificio e infine al versamento di 3.500 euro per raggiungere i 15 anni contributivi. Nel 2009, a 60 anni e sei mesi, ho ricevuto la prima pensione di 150 euro mensili che in 15 anni sono arrivati ai 205,04 attuali».
E quest’anno, al momento dell’appuntamento al Caf per la dichiarazione dei redditi, la doccia gelata: «Improvvisamente mi trovo a essere fiscalmente nessuno, senza poter essere a carico di mio marito».
Un problema diffuso, spiega: «Nella mia situazione ci sono molte altre donne che quando si sono sposate hanno smesso di lavorare per fare le casalinghe, altra categoria poco considerata, che ha tenuto in piedi e unita la famiglia seguendo marito e figli, spesso genitori anziani e malati, i nipoti e magari impegnandosi nel volontariato».
«Chiedo che venga aggiornata l’aliquota di 2.680 euro annui adeguandola agli aumenti (irrisori) della mia pensione», è dunque l’appello lanciato da Francesca Pastella, «per tornare a carico del marito e poter continuare a usufruire di piccoli diritti. «O devo entrare tra i poveri senza volto?», si chiede.
«Mi auguro che qualcuno possa risolvere questa situazione incresciosa e scandalosa in una Repubblica democratica che parla di eguaglianza».