/ CASSOLNOVO
Il processo si farà e per tutte le contestazioni ipotizzate dalla procura ad avvio di indagine, compresa l’accusa di avere perseguitato un collega. La giudice Daniela Garlaschelli ha rinviato a giudizio, ieri mattina, Maria Grazia Pietrapertosa, 62 anni, ex comandante della polizia locale di Cassolnovo, e il vice Luigi Critelli, 46 anni, per le accuse di concussione, falso e atti persecutori verso un collega. I due agenti di polizia locale sono ancora sospesi.
Le richieste di danni
Nel processo, che partirà il 28 novembre, sono parte civile il Comune di Cassolnovo (avvocato Luigi Tizzoni), il collega degli imputati che sarebbe stato vittima di atti persecutori (avvocata Deborah Molina) e la madre di uno dei ragazzi a cui erano stati sequestrati dei motorini (avvocata Giulia Visigalli). L’accusa di concussione e falso riguarda presunte irregolarità su questo provvedimento di sequestro, eseguito nei confronti di due ragazzi che circolavano senza targa e senza assicurazione.
il caso motorini
Per la procura la responsabile dell’ufficio e il suo vice (per la difesa avvocato Fabio Santopietro per Pietrapertosa e Paolo Larceri per Critelli) avrebbero commesso irregolarità nella gestione di alcune pratiche, a cominciare dal mancato sequestro di due motorini.
Gli agenti della polizia locale si erano fatti consegnare i mezzi dai ragazzi senza però procedere al sequestro amministrativo, tenendo i veicoli in un locale del comando, per diversi giorni. Da una conversazione registrata di nascosto dalla madre di uno dei ragazzi inoltre pare ci fosse l’intenzione da parte degli agenti di vendere gli scooter.
Il solo Critelli deve rispondere anche di falso in relazione a un verbale in cui si attestava che i trasgressori avevano consegnato spontaneamente i loro motorini. Alla precedenza udienza l’ex comandante Pietrapertosa aveva ribadito la versione fornita in interrogatorio e cioè che l’intenzione era solo togliere veicoli irregolari dalla strada ed evitare la confisca, andando così incontro alle famiglie.
Ma la richiesta di proscioglimento della difesa non è stata accolta: per la giudice Garlaschelli la vicenda va approfondita in un processo.
Il collega perseguitato
L’accusa di atti persecutori (che per un errore era sparita dal primo avviso di conclusione della indagini della procura) era invece scaturita dalla denuncia di un quarto agente del comando, che aveva detto al magistrato di essere stato vittima, per mesi, di vessazioni sul posto di lavoro e sfuriate da parte dei suoi superiori per essersi rifiutato di eseguire alcuni ordini, tra cui l’annullamento di due multe. Sfuriate che erano state peraltro registrate anche dalle cimici collocate dagli investigatori negli uffici del comando.
Sugli attacchi al collega entrambi gli agenti di polizia locale si erano difesi in interrogatorio spiegando che quelle sfuriate erano, in realtà, banali rimproveri dovuti ad alcuni atteggiamenti tenuti dall’agente sul posto di lavoro. —