Giù le mani da Jannik Sinner. Non perché sia il simbolo dello sport italiano e del tennis mondiale, ma perché nella vicenda Clostebol è innocente, un tribunale indipendente lo ha certificato nel modo più chiaro possibile, e dunque non esiste nessuna ragione plausibile per la quale l'onda lunga del sospetto e del fango debba ulteriormente investirlo. Soprattutto se alimentata dalla non-decisione della Wada (agenzia internazionale antidoping) il cui compito nel mondo dello sport è fondamentale, ma che si porta dietro una credibilità quanto meno compromessa da diverse vicende. Una in particolare riguarda lo sport italiano ed è una macchia dolorosa e indelebile.
Anche per questo, ecco perché non si può consegnare Sinner nelle mani di un ente che ha chiuso la carriera di un altro talento di nome Alex Schwazer pur in presenza di una sentenza di tribunale che ha certificato l'avvenuta alterazione dei suoi campioni d'urina per incastrarlo. Sinner è innocente e non ci deve essere spazio alcuno perché debba pagare un prezzo qualsiasi per una colpa che non esiste.
Non lo diciamo noi, tifosi dell'idolo dai capelli rossi che ha vinto due tornei dello Slam in un 2024 fantastico. E che un anno fa ci ha regalato la Coppa Davis che mancava dal 1976. Fosse così, saremmo di parte. Lo dicono 33 pagine della sentenza del tribunale indipendente del tennis (ITIA) che hanno ricostruito meticolosamente origini e sviluppo dell'incidente che ha portato alla positività riscontrata a Indian Wells lo scorso 10 marzo.
Una sentenza esaustiva in ogni suo passaggio e che poggia le sue basi scientifiche sul parere di tre esperti, tutti con ruoli presenti o passati di altissimo livello nella stessa Wada. Per chi non volesse prendersi la briga di leggere il documento integrale, eccone la sintesi. Il professor Jean-François Naud (direttore del laboratorio di Montreal accreditato Wada) ha certificato che la quantità di Clostebol trovata in Sinner era così bassa da far ritenere in letteratura scientifica "realmente alta" la plausibilità della ricostruzione fornita dalla difesa sulla modalità di contaminazione (punto 63).
Il professor Xavier de la Torre (vice direttore del laboratorio di Roma accreditato Wada) si è espresso allo stesso modo confermando come sia plausibile che tale contaminazione "sia stata provocata dall'attività di un fisioterapista" (punto 64). Il professor David Cowan (ex direttore del laboratorio di Londra accreditato Wada) ha aggiunto che la concentrazione era talmente minima da "non poter avere alcuna rilevanza dopante sulle prestazioni del giocatore". Concludendo lapidario di non poter trovare prove "di alcun altro scenario" (punto 65).
Conclusione: sei mesi di travaglio e uno di gogna mediatica sono già stati troppi per una vicenda che si doveva chiudere il prima possibile. Che la Wada non voglia chiarire pubblicamente la modalità del suo agire, nemmeno la data in cui scadrà il nuovo termine per presentare ricorso o accettare la sentenza dell'ITIA, è un modo d'agire non accettabile, anche visti i precedenti. Dunque, giù le mani da Sinner, che è innocente senza tema di discussione. Lo sport italiano hanno il dovere morale e pratico di non voltarsi dall'altra parte e di pretendere il rispetto delle regole e anche del buonsenso. Troppo spesso l'antidoping ha dato la sensazione di essere strumento di politica sportiva. Guai se questa cosa toccasse il nostro Jannik.